
Cos’è il bullismo
17/06/2017
Il grooming del cyberpredatore
18/06/2017Il Cyberbullismo è il bullismo attuato attraverso internet e i social.
Si può definire cyberbullismo l’uso delle nuove tecnologie per intimorire, molestare, mettere in imbarazzo, far sentire a disagio o escludere dalla comunicazione altre persone.
Questo tipo di molestie avvengono utilizzando le mille modalità di interazione offerte dai nuovi media, tra cui vi sono:
- Telefonate
- Messaggi (con o senza immagini)
- Chat sincrone
- Social network (il più usato in tali casi è Facebook)
- Siti di domande e risposte
- Siti di giochi online
- Forum online
Tecniche di cyberbullismo
Le modalità specifiche, cioè il tipo di azione usata per raggiungere lo scopo del cyberbullismo, sono molte, come per esempio:
- pettegolezzi diffusi attraverso messaggi sui cellulari, mail, social network;
- postando o inoltrando informazioni, immagini o video imbarazzanti (incluse quelle false);
- rubando l’identità e il profilo di altri, o costruendone di falsi, al fine di mettere in imbarazzo o danneggiare la reputazione della vittima;
- insultando o deridendo la vittima attraverso messaggi sul cellulare, mail, social network, blog o altri media;
- facendo minacce fisiche alla vittima attraverso un qualsiasi media.
Queste aggressioni di cyberbullismo possono far seguito a episodi di bullismo, già attuato nell’ambiente scolastico o in altri luoghi di aggregazione dei giovani, oppure o essere comportamenti attuati soltanto online.
Per i giovani che si trovano a socializzare ed interagire coi coetanei più con le nuove tecnologie che coi reali rapporti personali, la distinzione tra vita online e vita offline è davvero minima, se non addirittura sovrapposta. Per alcuni di essi che non sono in grado di fare una distinzione tra il reale ed il virtuale.
Le attività che i ragazzi svolgono online o attraverso i media tecnologici hanno quindi spesso conseguenze anche nella loro vita reale.
Allo stesso modo, le vite online influenzano anche il modo di comportarsi dei ragazzi offline, e questo elemento ha diverse ricadute che devono essere prese in considerazione per comprendere a fondo il cyber bullismo.
Prigionieri del cyberbullismo
A differenza di quanto accadeva nel tradizionale bullismo, in cui le vittime rientrate a casa trovavano quasi sempre un rifugio sicuro, un luogo che le proteggeva dall’ostilità e dalle angherie dei compagni di scuola, nel cyberbullismo le persecuzioni possono non terminare mai.
I cyberbulli, sfruttando la tecnologia, non più vincolati da limiti temporali, come la durata della giornata scolastica o degli incontri amicali, e logistici, per il totale annullamento della distanza geografica.
Possono “infiltrarsi” nelle case delle vittime, perseguitandoli, 24 ore su 24, con messaggi, immagini, video offensivi, i cui effetti risultano amplificati rispetto alle tradizionali prepotenze.
È rilevante inoltre che nemmeno nella proprio casa, o nella personale cameretta, i giovani si sentano più al sicuro; anzi, quelli sono proprio i luoghi in cui leggono le mail, i post, i messaggi e vedono i video, il più delle volte ad insaputa dei genitori che rimangono all’oscuro anche per tanto tempo.
Va aggiunto che, se nel bullismo offline i bulli sono studenti, compagni di classe o di Istituto, con i quali la vittima ha costruito una relazione, i cyberbulli possono essere degli sconosciuti oppure persone note che online si fingono anonime o che sollecitando l’inclusione di altri “amici” anonimi, rendendo impossibile per la vittima risalire all’identità di coloro con i quali sta interagendo.
Inoltre la percezione di invisibilità ed anonimato presunta, stimola nei cyberbulli un’alta disinibizione al punto da manifestare comportamenti che nella vita reale probabilmente eviterebbero di mostrare.
Nel tradizionale bullismo è invece il confronto fisico, sia con la vittima che l’esposizione pubblica, a limitare le azioni dei bulli che diventano spesso meno audaci, ed è più facile riscontrare una ridotta dimensione della disinibizione e dell’azzardo di certe parole o comportamenti.
Limiti invece che svaniscono del tutto quando si tratta di cyberbullismo.
Alcuni cyberbulli decidono invece di rendersi visibili, pubblicando su un proprio blog o account, video, immagini, scritte offensive nei confronti di compagni di classe o docenti, magari chiedendo ai navigatori di commentarli e votarli.
In entrambi i casi, comunque, di visibilità o invisibilità, l’assenza di feedback tangibili da parte della vittima ostacola la comprensione empatica della sofferenza molto di più di quanto avviene nel tradizionale bullismo, dove il prepotente, per un freddo tornaconto personale, sente il bisogno di dominare nella relazione con la vittima, non presta attenzione ai vissuti dello studente vessato, ma ha chiara consapevolezza degli effetti delle proprie azioni.
Gli effetti del cyberbullismo
La consapevolezza del male arrecato alla vittima, soprattutto quando scoperto, scatena dei sensi di colpa o di vergogna che possono essere utili a redimere il bulletto e fargli comprendere la gravità del suo comportamento.
Ciò che non avviene quando non si vede né si percepisce la reazione della vittima, anche se la si suppone, o si rimane nell’anonimato.
Il ruolo degli spettatori, coloro che assistono alle vessazioni online e che, a differenza di quanto accade nel tradizionale bullismo nel quale sono quasi sempre presenti e partecipanti in un qualche modo, nel cyberbullismo possono essere assenti, presenti, conoscere la vittima o ignorare la sua identità, e nonostante questo partecipare consapevolmente o inconsapevolmente al cyberbullismo.
Il contributo attivo degli spettatori può essere fornito su sollecitazione del cyberbullo stesso, in tal caso viene chiamato “reclutamento volontario”, oppure su spinta autonoma, senza, cioè, aver ricevuto alcune specifiche da parte del cyberbullo, in tal caso siamo alla presenza di un “reclutamento involontario”.
Differenze col bullismo
Per quanto riguarda la stabilizzazione del ruolo sociale ricoperto dal cyberbullo, alcune ricerche hanno evidenziato che mentre nel bullismo solo il bullo, il gregario e il bullo-vittima (la cosiddetta vittima provocatrice) agiscono con le prepotenze e hanno una posizione di riguardo all’interno del gruppo sociale, nel cyberbullismo chiunque, anche chi è vittima nella vita reale o ha un basso potere sociale, può diventare un cyberbullo.
In questo modo la vittima di cyberbullismo o di vario tipo di angherie può a suo volta trasformarsi in un cyberbullo, cosa che nella realtà non riuscirebbe a fare.
E’ bene però precisare che Raskauskas e Stoltz, in una ricerca del 2007, hanno verificato che molte cybervittime sono anche vittime di bullismo tradizionale e molti cyberbulli sono anche bulli nella vita reale, mettendo, dunque, in discussione la prima tesi.
Altra importante differenze tra bullismo e cyberbullismo, sussistono nella possibilità di “reclamizzare” i comportamenti vessatori: mentre le azioni bullistiche vengono generalmente raccontate ad altri studenti della scuola in cui sono avvenuti i fatti, o ad amici frequentanti scuole limitrofe, restando le azioni abbastanza circoscritte nello spazio, il materiale cyberbullistico può essere diffuso in tutto il mondo e, soprattutto, è indelebile nel tempo: ciò che viene pubblicato su internet non è, purtroppo, facilmente cancellabile.
Anche quando il materiale offensivo non viene caricato in rete (update), comunque i cyberbulli possono, attraverso i programmi gratuiti “peer to peer”, trasferirlo online, autorizzando persone conosciute o sconosciute, ad operare il download dal proprio computer, possibilità che contribuisce a rendere sempre più difficile, attualmente diremmo impossibile, arginare il fenomeno.
8 tipi di cyberbullismo
Il Cyberbullismo è una cyber-violenza dalle molteplici forme, suddivisibili in diverse tipologie a seconda della modalità o strumentazione attraverso la quale viene attuato.
Sono queste tutte forme che rientrano sempre nella sfera del cyberbullismo.
1) Flaming
Con Flaming si indicano messaggi elettronici, violenti e volgari, mirati a suscitare “battaglie” verbali online tra due o più contendenti che si affrontano ad “armi pari” (il potere è, infatti, bilanciato e non sempre è presente una vittima come nel tradizionale bullismo) per una durata temporale determinata dall’attività online che viene condivisa.
Il flaming può essere, infatti, circoscritto ad una o più conversazioni che avvengono nelle chat o caratterizzare la partecipazione (soprattutto degli adolescenti di sesso maschile) ai videogiochi interattivi su internet (game).
In questo secondo caso, ad esempio, possono essere presi di mira, con insulti e minacce, i principianti che, con il pretesto di errori inevitabilmente connessi all’inesperienza, diventano oggetto di discussioni aggressive.
Il divertimento sembra collegato non solo alla partecipazione al game interattivo, ma soprattutto al piacere di insultare o minacciare il nuovo arrivato (new user) che, sentendosi protetto dall’anonimato e dalla conseguente, presunta, invisibilità, può rispondere egli stesso in modo fortemente aggressivo alle provocazioni alimentandole.
E’ bene, però, precisare che una lunga sequenza di messaggi insultanti e minacciosi (flame war) potrebbe portare, oltre al cyberbullismo, ad una vera e propria aggressione nella vita reale dove le azioni online prendono vita e diventano concrete.
Caratteristica di tale tipologia è l’intenzionalità, escalation simmetrica (contendenti in posizione one up che lottano per l’affermazione del potere), durata circoscritta all’attività online condivisa.
2) Harassment
L’harassment, dall’inglese “molestia”, consiste in messaggi scortesi, offensivi, insultanti, disturbanti, che vengono inviati ripetutamente nel tempo, attraverso E-mail, SMS, MMS, telefonate sgradite o talvolta mute.
A differenza di quanto accade nel precedente flaming, sono qui riconoscibili le proprietà della persistenza (il comportamento aggressivo è reiterato nel tempo) e della asimmetria di potere tra il cyber-bullo (o i cyber-bulli) e la vittima.
Si tratta di una relazione sbilanciata nella quale, come nel tradizionale bullismo, la vittima di cyberbullismo è sempre in posizione one down, subisce, cioè, passivamente le molestie o, al massimo, tenta, generalmente senza successo, di convincere il persecutore a porre fine alle aggressioni.
Può talvolta anche accadere che la vittima replichi ai messaggi offensivi con comunicazioni altrettanto scortesi ed aggressive, ma, differentemente da quanto avviene nel Flaming, l’intento è unicamente quello di far cessare i comportamenti molesti.
In alcuni casi, il cyberbullo, per rafforzare la propria attività offensiva, può anche coinvolgere i propri contatti online (mailing list), che, magari pur non conoscendo direttamente lo studente target, si prestano a partecipare alle aggressioni online, tale fenomeno viene chiamato “harassment con reclutamento volontario”.
In tale tipologia di cyberbullismo si nota l’intenzionalità, la relazione complementare rigida (persecutore in posizione one up, vittima in posizione one down), persistenza talvolta stabilizzata dal contributo attivo e richiesto di altri utenti della rete (reclutamento volontario).
3) Cyberstalking
Quando l’harassment diviene particolarmente insistente ed intimidatorio e la vittima comincia a temere per la propria sicurezza fisica, il comportamento offensivo assume la denominazione di cyber-persecuzione.
E’ facile riscontrare il cyberstalking nell’ambito di relazioni fortemente conflittuali con i coetanei o nel caso di rapporti sentimentali interrotti.
In questo caso, il cyberbullo, oltre a minacciare la vittima di aggressioni fisiche, può diffondere materiale riservato in suo possesso (fotografie sessualmente esplicite, videoclip intimi, manoscritti personali) nella rete.
Qui osserviamo oltre che l’intenzionalità e la relazione complementare rigida del cyberbullismo, la persistenza ed il grave pericolo per l’incolumità fisica della vittima.
4) Denigration
L’obiettivo del cyberbullo è, in questo caso, quello di danneggiare la reputazione o le amicizie di un coetaneo, diffondendo online pettegolezzi o altro materiale offensivo.
I cyberbulli possono, infatti, inviare o pubblicare su internet immagini (fotografie o videoclip) alterate della vittima, ad esempio, modificando il viso o il corpo dello studente target, al fine di ridicolizzarlo, oppure rendendolo protagonista di scene sessualmente esplicite attraverso l’uso di fotomontaggi.
In questi casi, i coetanei che ricevono i messaggi o visualizzano su internet le fotografie o i videoclip non sono, necessariamente, le vittime (come, invece, prevalentemente avviene nell’harassment e nel cyberstalking) ma spettatori, talvolta passivi del cyberbullismo (quando si limitano a guardare), più facilmente attivi (se scaricano con il download il materiale, lo segnalano ad altri amici, lo commentano e lo votano).
Dunque, a differenza di quanto avviene nel cyberstalking, l’attività offensiva ed intenzionale del cyberbullo può concretizzarsi in una sola azione (esempio: pubblicare una foto ritoccata del compagno di classe), capace di generare, con il contributo attivo, ma non necessariamente richiesto degli altri utenti di internet o dei social (“reclutamento involontario”) effetti a cascata non prevedibili.
Ricordiamo, infine, che la denigration è la forma di cyberbullismo più comunemente utilizzata dagli studenti contro i loro docenti: numerosi sono, infatti, i videoclip, gravemente offensivi, presenti su internet, riportanti episodi della vita in classe.
In alcuni casi le scene rappresentante sono evidentemente false e ricostruite ad hoc dallo studente, talvolta sono, purtroppo, sono invece vere.
5) Impersonation
Se uno studente viola l’account di qualcuno (perché ha ottenuto consensualmente la password o perché è riuscito ad ottenerla in modo scorretto) può farsi passare per questa persona sostituendosi ad essa e inviare messaggi (o email) con l’obiettivo di dare una cattiva immagine della stessa, crearle problemi o metterla in pericolo, danneggiarne la reputazione o le amicizie.
Pensiamo, ad esempio, al caso dello studente che, impossessatosi dell’account di un coetaneo, invia dalla mail dell’ignaro proprietario, con facilmente immaginabili conseguenze, messaggi minacciosi ai compagni di classe o ai docenti.
6) Outing and Trickery
Si intende con il termine “outing” una forma di cyberbullismo attraverso la quale, il cyberbullo, dopo aver “salvato” (registrazione dati) le confidenze spontanee (outing) di un coetaneo (SMS, Chat, etc), o immagini riservate ed intime, decide, in un secondo momento, di pubblicarle su un Blog e/o diffonderle attraverso Post o E-mail.
In altri casi, il cyberbullo può sollecitare, con l’inganno (trickery), “l’amico” a condividere online segreti o informazioni imbarazzanti su se stesso o un’altra persona per poi diffonderli ad altri utenti della rete, o minacciarlo di farlo qualora non si renda disponibile ad esaudire le sue richieste (talvolta anche sessuali).
Il cyberbullo può, dunque, avere inizialmente un rapporto bilanciato con la futura vittima, o quantomeno fingere di averlo, per poi assumere una posizione prevaricatoria (one up) e contare sul contributo attivo ma non necessariamente richiesto degli altri navigatori di internet.
7) Exclusion
Il Cyberbullo decide di escludere intenzionalmente un coetaneo da un gruppo online (“lista di amici”), da una chat, da un game interattivo o da altri ambienti protetti da password. Talvolta gli studenti per indicare questa modalità prevaricatoria utilizzano il termine “bannare”.
E’ bene precisare che la leadership di un giovane studente è, attualmente, determinata non solo dai contatti che ha nella vita reale ma anche dal numero di “amici” raggiungibili online.
L’exclusion è, allora, una severa punizione, impartita dai coetanei che subiscono una netta riduzione di collegamenti amicali, riducendo in tal modo la popolarità, i contatti e il potere.
8) Cyberbashing
Lo Cyberbashing, chiamato anche Happy Slapping, è la situazione che si viene a creare quando un ragazzo, o un gruppo di ragazzi, picchiano o danno degli schiaffi o maltrattano un coetaneo mentre altri riprendono l’aggressione con il videotelefonino.
Si possono riprendere anche, col consenso o meno della vittima, situazioni intime o rapporti sessuali.
Le immagini vengono, poi, pubblicate su internet e visualizzate da utenti ai quali la rete offre, pur non avendo direttamente partecipato direttamente al fatto partecipano al cyberbullismo attraverso commenti, condivisioni, mettendo Like al video preferito o più “divertente”, consigliandone la visione ad altri, e così via.
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