
La comunicazione strategica
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La storia di Genie Wiley
01/02/2023I bambini allevati dagli animali vengono chiamati bambini lupo o feral child.
Sembrano storie impossibili, se non addirittura assurde, eppure sono storie vere, di bambini realmente vissuti e cresciuti tra gli animali e sopravvissuti grazie a loro.
Li chiamano Bambini Selvaggi, o Enfant Sauvage in francese o Feral Child dall’inglese, o anche Bambini Lupo perché anziché essere allevati dai loro genitori, per svariati motivi di abbandono, sono stati adottati ed allevati da degli animali.
Ecco le storie dei bambini lupo più famosi.
Bambini Lupo: Victor
Di lui non vi sono foto ma solo il disegno qua sopra che lo riproduce.
Uno dei primi casi di bambini lupo registrati nella storia, di cui si abbia una traccia scritta, risale al 1798 quando fu catturato nei boschi francesi dell’Avevron un ragazzino selvaggio di 12 anni, che aveva vissuto molti anni in isolamento e nello stato più selvaggio, del tutto incapace di comunicare e relazionarsi a qualsiasi livello con i suoi simili.
Questo “ritrovamento” suscitò un vivo interesse fra i tardo-illuministi perché il ragazzo selvaggio era ai loro occhi un caso ideale per studiare le basi della natura umana, per stabilire che cosa caratterizza l’uomo e quale ruolo gioca la società nello sviluppo del linguaggio, dell’intelligenza e della morale.
Victor, così fu chiamato, non era un bambino nel senso proprio del termine, perché aveva un corpo del tutto adulto e sviluppato, ma l’assenza di una educazione aveva prodotto in lui non solo abitudini e modi da animale, bensì anche sensi e fisiologia molto diversi da quegli umani.
Nonostante tutti gli sforzi, fece però dei progressi molto limitati. Victor imparò abbastanza presto a comunicare con una sorta di pantomime (per esempio, se voleva uscire portava il cappotto e il cappello al suo tutore), ma non riuscì mai a parlare.
La sua storia è la dimostrazione del fatto che la natura umana e il linguaggio non sono parte integrante della nostra genetica e che, perciò, non possono essere “risvegliati” in qualsiasi momento.
Dina Sanichar
Dina Sanichar è stato scoperto da un gruppo di cacciatori tra i lupi in una grotta a Bulandshahr, Uttar Pradesh, in India, nel febbraio 1867, quando aveva un’età di circa sei anni.
Sanichar è stato portato al Sikandra Mission Orphanage dove gli è stato dato il nome “Sanichar” perché è arrivato di sabato. Quando è arrivato all’orfanotrofio, secondo quanto riferito, camminava a quattro zampe e mangiava solo carne cruda.
Anche se non poteva parlare emetteva suoni simili a quelli di un lupo. Il suo è il tipico caso di bambini lupo.
Ha continuato a vivere tra gli altri umani per oltre vent’anni, ma non ha mai imparato a parlare ed è rimasto gravemente compromesso per tutta la vita.
Sanichar era diventato tuttavia un forte fumatore. Morì di tubercolosi nel 1895.
Amala e Kamala
Altra storia, altro caso, questa volta documentato dal reverendo Joseph Singh, missionario di un orfanotrofio di Midnapore, in India. Nel 1920 il reverendo volle verificare alcune segnalazioni di contadini che riferivano di aver visto due bimbe fra i lupi.
Si appostò su un albero fuori da una piccola grotta, dove si sospettava si rifugiassero questi animali. Vide uscire i lupi e subito dopo entrò nella tana, dove trovò due bambine che camminavano a quattro zampe.
Una aveva circa 8 anni, l’altra solo un anno e mezzo. Lavate e ravvivate, Amala e Kamala assunsero un aspetto più umano, ma l’opera di “addomesticazione delle bambine lupo” era solo all’inizio.
Sotto quasi tutti gli aspetti le bambine apparivano due selvagge: strisciavano sulle mani e sulle ginocchia, ringhiavano rabbiosamente agli esseri umani e avevano paura della luce del giorno mentre di notte ululavano alla luna.
Come tutti i bambini lupo volevano solo carne cruda e frugavano tra i rifiuti per trovare le interiora di pollo o altri resti animali da mangiare. Dopo un anno, le “bambine-lupo” si ammalarono gravemente, e nonostante gli sforzi del medico, Amala, la più piccola, morì di una malattia renale.
Nessuna delle due aveva mai mostrato la più piccola traccia di emozione prima di allora, ma Kamala pianse alla morte della compagna e, da allora, subì un grande cambiamento.
Lentamente assunse caratteristiche più umane, cominciò a vestirsi da sola e a imparare qualche parola.
Prese anche a camminare eretta per brevi distanze. La ragazza, però, morì a 17 anni della stessa malattia che pose fine alla vita della “sorella”.
Marina Chapman
Un altro caso davvero famoso fu quello di Marina Chapman, allevata dalle scimmie. Il suo caso ebbe dei risvolti più positivi rispetto agli altri bambini lupo.
Una storia che sembra più un romanzo, ma è la vita realmente vissuta da questa donna che negli anni ’50 venne rapita dalla sua casa in Colombia, per essere poi abbandonata nella giungla e allevata da un gruppo di scimmie cappuccino.
Grazie a questa “famiglia”, con cui vive per 5 anni, impara ad arrampicarsi sugli alberi e a catturare uccelli e conigli a mani nude.
Ma la sua straordinaria vita ha risvolti altrettanto avventurosi, quanto drammatici: un giorno viene ritrovata da una coppia di cacciatori, che, invece di metterla in salvo, la vende in cambio di un pappagallo a un bordello nel nord-est della Colombia.
Lì viene picchiata ed avviata alla prostituzione, ma la sua volontà e la sua capacità di sopravvivere hanno la meglio: in breve riesce a fuggire saltando da una finestra.
Da quel momento comincia a vivere per strada campando di espedienti, fino all’età di 17-18 anni, quando una famiglia colombiana la prende con sé come serva.
È in quel periodo, quando le chiedono il suo nome, che la ragazza, da un anfratto della memoria, tira fuori il nome Marina Luz.
Riuscì a raccontare della sua drammatica e, per certi versi, straordinaria vita al marito solo nel 1977 e, dalla sua incredibile rivelazione, nacque il libro che sconvolse il mondo.
Oxana Malaya
Un altro caso passato tristemente alla storia è quello di Oxana Malaya, la bambina cresciuta da un gruppo di cani. Il suo caso tra i bambini lupo è quello che lascia l’amaro in bocca.
Siamo nel 1983, in Ucraina, dove la povertà rende il valore della vita umana qualcosa su cui si può soprassedere. La storia di questa bambina è fra le più tristi conosciute.
Figlia di genitori alcolizzati, vittima delle loro incurie, un giorno rimase chiusa fuori casa e, per non morire di freddo, alla tenerissima età di 3 anni, fu spinta dal suo istinto fra i boschi vicino casa dove fu accolta da un branco di lupi.
Nessun provvedimento contro i genitori che non si curarono neanche di fare la denuncia per la sua scomparsa. Fu così che la piccola crebbe dimenticandosi di essere un’umana, dimenticandosi anche l’esiguo linguaggio imparato.
Fu ritrovata cinque anni dopo da un cacciatore, che la vide correre a quattro zampe e ringhiare come un animale, interessata solamente alla carne cruda.
Venne riportata alla sua famiglia che, come se non bastasse, la legò a una catena in giardino “per nulla contenta di dover crescere un animale dalle sembianze umane”.
L’unico amore che conobbe la bambina fu quello di alcuni cani che, vedendola indifesa, iniziarono a proteggerla e a prendersi cura di lei, dandole il calore necessario per poter sopravvivere.
Oxana ha appreso le movenze e gli atteggiamenti dei cani e dei lupi, comunicava abbaiando, invece di piangere guaiva, camminava a quattro zampe e ringhiava.
Gli assistenti sociali, dopo la nuova segnalazione, hanno tolto la bambina alla madre per affidarla a un istituto, nel quale hanno cercato di istruirla come umana ma, fino ai 16- 17 anni ha continuato ad avere abitudini canine.
Oggi ha superato i 30 anni e ha ancora difficoltà ad integrarsi totalmente nella società e spesso scappa dalla vita cittadina per tornare alla sua vera casa, ovvero il bosco.
A volte le vere bestie non sono gli animali ma l’uomo.
John Ssabunnya
Un altro caso più recente di bambini lupo e, diciamolo, più felice nel suo epilogo, è quello di John Ssabunnya.
John era un bambino ugandese, nato nel villaggio di Kabonge, che all’età di tre anni, sul finire degli anni ‘80, vide suo padre uccidere brutalmente sua madre. Secondo una versione maggioritaria, terrorizzato il bambino sarebbe scappato di casa, fuggendo nella giungla; altre versioni riportano che fu il padre, che non voleva prendersi cura di lui, ad abbandonarlo nella natura incontaminata.
Dagli uno ai tre anni dopo (sempre a seconda delle fonti), una donna del villaggio notò una scimmia strana giocare e mangiare con le altre: quella scimmia non aveva la coda! Osservandola attentamente, si rese conto che era un bambino.
Avvertiti gli uomini del villaggio della strana scoperta, alcuni membri del villaggio si organizzarono per riportare John alla civiltà.
Dovettero però faticare non poco per catturarlo: le scimmie lo avevano infatti accettato a tutti gli effetti come un membro del branco e lo difesero con pietre, bastoni, calci e morsi prima di mollare la presa.
Una volta al villaggio, John fu curato, “tosato” (aveva infatti capelli e peli dove solitamente non ce ne sono nei bambini della sua età), e riabituato a un’alimentazione normale.
John ha raccontato di non aver mai bevuto durante la sua vita selvaggia; si idratava solo attraverso il cibo che mangiava. Le persone che lo curarono riferiscono che, appena ebbe mangiato una zuppa calda, soffrì di una fortissima diarrea per giorni; si dice che abbia espulso dal suo intestino vermi di oltre mezzo metro.
Dopo aver appreso del caso, il direttore di un orfanotrofio cristiano, Paul Wasswa, ha chiesto alle autorità locali il permesso di adottare il ragazzo e allevarlo insieme alla sua famiglia.
Paul convinse sua moglie, Molly Wasswa, a lasciare che il ragazzo vivesse con loro insieme ai loro bambini. Qui imparò a parlare, camminare e ad apprendere abitudini umane; l’educazione ricevuta l’hanno portato a essere, oggi, un essere umano quasi normale, che presenta solo alcune difficoltà linguistiche.
John vive ancora in Uganda, e ha rilasciato numerose interviste a giornalisti di tutto il mondo.
Fra le vicende successive che visse, sicuramente la più rilevante è stata quella nel coro dell’orfanotrofio “Pearl Of Africa Children’s Choir”, in cui il bambino fu subito incorporato non appena ebbe imparato a parlare in virtù della sua bella voce.
Hillary Cook, dentista inglese venuta in Uganda per fornire cure dentistiche ai poveri d’Africa, conobbe la sua storia e si interessò al ragazzo a tal punto che riuscì a organizzare un tour di 3 settimane per il coro in Inghilterra nelle chiese di Merseyside, Glasgow, Sheffield, Londra e Galles.
Ad oggi John, grazie alle sue attività con il coro e alla sua partecipazione alle Olimpiadi Speciali (John è infatti un eccellente atleta, con una particolare predilezione per il calcio), è riuscito a mettere da parte un po’ di soldi con cui si è, tra le altre cose, comprato una casa a Bombo, una città non distante da Kabonge.
Sujit Kumar
Sujit Kumar, soprannominato dai media “Chicken Boy of Fiji“, è nato nel 1979 affetto da paralisi cerebrale ed epilessia. Rimase orfano quando era ancora molto piccolo e fu affidato alle cure del proprio nonno, il quale, non riuscendo a prendersene cura perchè non aveva mai avuto dei bambini, lo rinchiuse per anni un pollaio.
In seguito, il giovane venne trovato da solo in piena notte in mezzo ad una strada e gli assistenti sociali lo affidarono alle cure di una casa di riposo per anziani, dove, a causa delle sue condizioni fisiche e mentali, rimase per oltre vent’anni legato ad un letto.
Elizabeth Clayton, vedova dell’alpinista neozelandese Roger Buick, morto sull’Everest nel 1998, trovò Sujit in queste condizioni e decise di fare qualcosa a riguardo.
La donna afferma che la prima volta che lo vide, beccava il cibo proprio come se fosse una gallina, si accovacciava a terra come se fosse appollaiato e sembrava del tutto distaccato da ciò che lo circondava.
Non aveva nulla in comune con gli altri bambini.
Ad oggi, l’uomo vive ancora nella medesima struttura, tuttavia, grazie all’intervento di Elizabeth non viene più legato al letto e, grazie ad una persona che lo segue costantemente, può frequentare quotidianamente una scuola insieme ad altri bambini.
Poiché per ben 30 anni Sujit non ha avuto l’opportunità di imparare a fare nulla, nemmeno a stare in piedi, oggi non è in grado di camminare correttamente.
Marcos Rodríguez Pantoja
Marcos Rodríguez Pantoja è noto per essere cresciuto tra i lupi e per aver vissuto con loro per più di una decade. É uno dei casi di bambini lupo più recenti.
Nato nel 1946 in un piccolo villaggio andaluso in Spagna, Marcos perse la madre all’età di soli tre anni, dopodiché, suo padre sposò un’altra donna da cui subiva continui maltrattamenti.
Successivamente, all’età di sette anni, il padre lo affidò alle cure di un anziano pastore che non aveva bambini che lo portò a vivere in una grotta isolata tra le montagne.
La storia racconta che il pastore morì poco tempo dopo, lasciando il piccolo Marcos solo nella natura selvaggia. Fu in quel momento che incontrò un branco di lupi, che lo accolse tra di loro.
Marcos imparò a comunicare con gli animali, soprattutto con i lupi, e iniziò a vivere come loro, cacciando e mangiando cibo crudo.
Dopo undici anni di completo isolamento dal mondo, nel 1965, venne trovato dalle autorità spagnole. Per prelevarlo, i poliziotti dovettero usare la forza, poiché il ragazzo continuava ad ululare ed a mordere proprio come se fosse un lupo.
In seguito, i monaci e le suore del monastero di Fuencaliente gli insegnarono nuovamente a parlare, a stare in posizione eretta e a mangiare con le posate, dopodiché, venne internato in un ospedale per bambini di Madrid, fino a quando non fu pronto per tornare a vivere nella società.
Fece il servizio militare e fece diversi lavori come il pastore e il custode, poi si sposò con una donna che lo truffò più di una volta approfittando del fatto che l’uomo non conoscesse bene come è organizzata una società e non conoscesse il valore del denaro.
Dopo aver vissuto un’esistenza instabile a Fuengirola, Málaga, durante la quale per un certo periodo abitò persino in una grotta, Marcos si trasferì in un villaggio situato nell’entroterra di Orense, chiamato Rante.
Qui, fu accolto da Manuel Barandela Losada, un ex agente di polizia in pensione. Marcos lo soprannominava “Capo” e lo considerò come parte della sua famiglia fino alla morte di quest’ultimo.
Oggi, Marcos è sostenuto finanziariamente da una famiglia olandese e viene spesso invitato da consigli comunali, associazioni e varie organizzazioni per tenere discorsi e condividere le sue esperienze di vita. Inoltre, è stato intervistato in diverse occasioni da programmi televisivi.
Uno dei bambini lupo a cui è andata bene.
Vanya Yudin
Un bambino di sette anni, Vanya Yudin, è stato trovato in un piccolo appartamento con due camere da letto, e viveva con la madre di 31 anni che lo teneva confinato in una stanza piena di gabbie con decine di uccelli da compagnia di sua proprietà, insieme a del mangime per uccelli e agli escrementi degli uccelli.
Trattava il figlio come un altro animale. Non gli è mai stato fatto del male fisicamente, la madre non lo picchiava e non lo lasciava senza cibo, ma non gli ha mai parlato. La donna non aveva altri bambini.
Gli unici esseri con i quali comunicava erano gli uccelli. Non riusciva a parlare, ma cinguettava. Quando non veniva capito agitava le braccia e le mani come un uccello.
Affidato ai servizi sociali, Vanya è stato spostato in un centro di assistenza psicologica per bambini dove i medici stanno cercando di riabilitarlo.
Madina
Madina ha vissuto con i cani dalla nascita fino all’età di 3 anni, condividendo con loro il cibo, giocando con loro, e dormendo con loro durante il freddo inverno. Quando gli assistenti sociali la trovarono nel 2013, era nuda, camminava a quattro zampe e ringhiava come un cane.
Il padre di Madina se ne era andato poco dopo la sua nascita. Sua madre, di 23 anni, si era data all’alcol. Era spesso troppo ubriaca per prendersi cura di sua figlia e spesso spariva.
Invitava spesso a casa alcolisti locali. Sua madre alcolizzata si sedeva a tavola per mangiare mentre la figlia rosicchiava le ossa sul pavimento con i cani.
Quando sua madre si arrabbiava, Madina scappava in un parco giochi vicino, ma gli altri bambini non giocavano con lei perché poteva a malapena a parlare e litigava con tutti. Così i cani sono diventati suoi unici e migliori amici. Dei cani al posto di bambini.
I medici hanno riferito che Madina è mentalmente e fisicamente sana nonostante il suo calvario. C’è una buona probabilità che avrà una vita normale, dopo che avrà imparato a parlare in maniera simile ai bambini della sua età.
Queste sono storie di bambini che hanno trovato più umanità tra gli animali che tra gli uomini.
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