
L’analfabetismo emotivo
18/11/2017
Il training autogeno
19/11/2017L’alessitimia è l’incapacità di esprimere i sentimenti.
Con l’alessitimia il soggetto si trova in una condizione che apparentemente può essere paragonata all’analfabetismo emotivo ma a differenza degli “analfabeti” che non sanno riconoscere e comprendere le emozioni, gli alessitimici le percepiscono perfettamente e ad esse reagiscono, solo che non sono in grado di descrivere cosa sta accadendo loro.
Caratteristiche dell’alessitimia
Ci sono alcune caratteristiche considerate peculiari per l’alessitimia:
- difficoltà ad identificare i sentimenti e distinguerli dalle sensazioni somatiche;
- difficoltà nel descrivere e comunicare emozioni e sentimenti alle altre persone;
- processi immaginativi limitati;
- stile cognitivo orientato esternamente.
I soggetti alessitimici mostrano una marcata difficoltà a verbalizzare i propri stati emotivi, ma nella maggior parte dei casi non ne hanno consapevolezza.
Possono mostrare uno scoppio improvviso di emozioni intense, come ad esempio la rabbia, ma non collegano questa emozione ad un episodio specifico o ricordo. Il soggetto è confuso riguardo le proprie emozioni, specialmente quelle riconosciute come ansia, tristezza e rabbia.
A questo si associa la tendenza a manifestare somaticamente le emozioni, cioè esprimerle attraverso il corpo e il viso, e a minimizzarne le componenti affettive. Il soggetto con alessitimia esprime quindi le proprie emozioni attraverso la componente fisiologica poiché incapace di elaborarne l’aspetto soggettivo vissuto.
In un colloquio con un soggetto alessitimico può accadere che questi racconti in maniera estremamente dettagliata un evento e le circostanze ad esso connesse, ad esempio la lite con la propria partner, e rimanere meravigliato se qualcuno gli fa notare che probabilmente ciò che ha provato in quella specifica situazione è rabbia.
Questo sempre perché l’alessitimico ha la tendenza a riferire solo le modificazioni somatiche che ha provato, senza comprendere che l’esperienza della rabbia comprende in sé tutte le sensazioni provate quali tremori e tensione muscolare.
La povertà di immaginazione e delle funzioni connesse con l’alessitimia è osservabile anche nell’attività onirica.
Noi tutti siamo abituati a sognare e siamo consapevoli del carico emotivo che i sogni possono avere, i soggetti alessitimici, invece, anche in queste situazioni sembrano incapaci di ricordare i sogni o la vita onirica banale.
L’attività onirica, laddove presente, ha contenuti mentali fortemente arcaici, come ad esempio scene di violenza o perversioni sessuali, oppure è caratterizzata dalla ripetizione piuttosto stereotipata di avvenimenti diurni ed eventi della vita lavorativa.
Stessa cosa per i sogni ad occhi aperti, che sono poveri sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo ed incentrati sulle stesse tematiche.
Gli alessitimici, inoltre, sono maggiormente concentrati su ciò che accade all’esterno.
Essi descrivono le proprie esperienze o i vissuti emozionali senza alcun investimento affettivo, come se fossero spettatori più che attori della propria vita.
Si focalizzano sugli dettagli, ma senza dare la sensazione a chi li osserva di parteciparvi emotivamente; inoltre, essi mostrano una scarsa capacità di sintonizzarsi con le emozioni altrui, mostrando difficoltà a formare e conservare nel tempo relazioni interpersonali intime.
Quali le cause
Tra le possibili ipotesi correlate con lo sviluppo della patologia riveste un ruolo centrale lo stile di attaccamento, in particolare quello “insicuro evitante” elaborato da Bowlby.
Bowlby aveva appurato che i bambini che avevano sofferto una mancanza affettiva importante avevano la tendenza, in una determinata situazione che vedeva l’allontanamento della madre dalla stanza del laboratorio, ad una particolare reazione di distacco e disinteresse che lo studioso chiamò “insicuro evitante”, in quanto il bambino era abituato a sentirsi in quella condizione quindi la ripeteva anche in altre circostanze simili.
Nel racconto delle storie affettive di persone alessitimiche emerge una ridotta disponibilità affettiva da parte delle figure di accudimento, molto spesso con la presenza di madri depresse o con disturbi di personalità.
L’alessitimia potrebbe considerarsi come una difesa contro un dolore psichico o un blocco della sfera affettiva causata da un trauma infantile.
Diversi studi hanno dimostrato che i bambini separati dai genitori, anche per brevi periodi, tendono ad ammalarsi più facilmente e presentano difficoltà a regolare le proprie emozioni.
Questo disturbo può inoltre, svilupparsi in seguito a un grave trauma (tratti alessitimici sono stati descritti nei veterani di guerra o in soggetti che hanno subito maltrattamenti o abusi di natura sessuale) o a malattie che portano ad uno stato di pericolo di vita come cancro o trapianto.
In soggetti con condotte dipendenti, come i bevitori abituali o chi abusa di sostanze stupefacenti, si possono riscontrare alcune caratteristiche correlate con l’alessitimia.
La motivazione può essere ritrovata nel fatto che il soggetto alessitimico cerca di compensare la scarsa quantità e qualità delle emozioni attraverso esperienze che possono alterare lo stato di coscienza, utilizzate come una sorta di condotte compensatorie, la cui assenza porta alla formazione di somatizzazioni in alcuni casi anche gravi.
Ciò viene espresso anche nella teoria sulla genesi dell’alessitimia elaborata da Grotstein (1997) il quale afferma: “Di fronte al pericolo di essere sommerso da una valanga di affettività incontrollata il soggetto organizzerebbe delle difese molto generali e massicce nei confronti dell’affettività “.
Vivere con un alessitimico
Le persone che fanno parte della vita di chi soffre di alessitimia, e con la quale hanno una relazione affettiva, rivestono un ruolo importante nella vita del soggetto, e su queste ricadono le maggiori conseguenze del disturbo.
Gli alessitimici tendono a non riconoscere i sentimenti degli altri, nonostante affermino il contrario. Questo può causare non solo sofferenza ma anche continui inseguimenti sentimentali da parte delle persone che li circondano.
All’inizio di una relazione chi soffre di questo disturbo è capace di dare attenzioni amorevoli, ma allo stesso tempo improvvise e immotivate sparizioni. Una comunicazione poco efficace è uno degli aspetti più significativo del disturbo ed è quella che crea più conflitti all’interno della famiglia.
Se pensiamo ad esempio ad una relazione di coppia, l’assenza di uno scambio emotivo e la mancanza di condivisione può trasformarsi in un problema deleterio per la coppia.
L’alessitimico tenderà a farsi carico di tutti i problemi esterni alla coppia e non riuscirà a percepire i conflitti interni, né a cogliere il peso dei segnali emotivi, di conseguenza il partner percepisce questo comportamento con un mancato interesse attribuendo stati d’animo spesso lontani dalla realtà.
I rapporti relazionali con i soggetti con alessitimia sono generalmente scarsi: oscillano tra una forte dipendenza verso qualcuno, ad una forma di isolamento con cui la persona decide deliberatamente di evitare qualsiasi contatto preferendo l’isolamento emotivo.
In conclusione, va specificato un punto importante del costrutto dell’alessitimia: le persone con questo disturbo provano le nostre stesse emozioni di tutti gli altri, ma non sono coscienti di questa emotività.
L’alessitimico vive l’emozione solo per via somatica, percependo quindi solo gli effetti fisici, come ad esempio il batticuore o il nodo alla gola, senza però sapere come individuarne il significato.
Come afferma LeDoux: “Sono gli stati del cervello e le risposte del corpo i fatti fondamentali di un’emozione. I sentimenti coscienti sono solo decorazioni, la ciliegina sulla torta emotiva“.
La persona con alessitimia non inibisce o nega le emozioni, bensì non ha parole per descriverle. In altri termini, non riesce ad esprimere cosa prova, quindi non possiamo parlare di persone “senza cuore” o “fredde”, ma semplicemente di persone “non consapevoli” ed incapaci di esprimere ciò che provano.
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12 Comments
Non ho capito se mio marito è anaffettivo o alesittimico. Ma in ogni modo, ci sarebbe una soluzione? Vivo da cinque anni in una gabbia di freddezza, di silenzi, di non amore. Non ne posso più. Lo provoco, gli dico che non ne posso più, che deve cambiare, altrimenti mi perde, ma lui risponde con un semplice: “sono fatto così. Ho cercato di cambiare, ma non riesco”. Mi ha addirittura esortato a chiedere il divorzio per il mio bene. Non ha mai delle reazioni, con niente e nessuno vive la sua vita piatta e priva di emozioni. Non ha il senso di protezione, sono stata percossa e minacciata da un vicino pazzo ma lui non ha avuto reazioni. Sono stanca, ho bisogno di amare ed essere amata, accudita, protetta. Non riesco ad accettare il divorzio, è un fallimento ma non riesco ad accettare il suo modus vivendi senza emozioni. Cosa posso fare? Vivo un dolore immenso e non riesco a farci l’amore, mi sento un oggetto, mi sento violentata. Non ricevo baci e abbracci, eppure sono una donna gradevole di aspetto. Può mai finire così? Non ho capito se non riesce a dimostrare le emozioni o se non le vive affatto. Come posso capirlo?
Grazie
Di primo spunto le suggerirei di lasciare questo uomo e di darsi la possibilità di essere veramente felice e non più la schiava di un altro.
Sarebbe meglio affrontare tale discorso privatamente, data la delicatezza del caso e degli approfondimenti che devono essere fatti per darle delle risposte.
Mi contatti via mail: info@marilenacremaschini.it
Marilena
Anche se è passato un po’ di tempo da quando Patty scrisse queste parole, desidero scrivere e, se non risponderle, quanto meno condividere il mio dolore con lei. A quanto pare, io sono un “fortunato” uomo cui è capitato di innamorarsi di una donna che mostra tutti i caratteri che vengono ricondotti a questo assurdo mondo emotivo chiamato alessitimia. Ringrazio, dunque, Patty, perché le sue parole mi confortano. La mia è una relazione ad oggi finita da un mese; questa donna non ha trovato neppure il modo di dirmelo, si è semplicemente allontanata. Cerco di non colpevolizzarmi e faccio, in ciò, fatica, poiché ho avuto l’ardire di pensare che questa sua chiusura, incompatibile con l’amore che pur diceva di provare, avrebbe potuto dissolversi col mio amore. E dunque ho investito tanto, emotivamente, ma è stato inutile. Sono giunto a mendicare dei semplici “tesoro, come stai? Sei stanco, stasera, dopo il lavoro?” e quasi arrivo a pentirmi addirittura di questo se penso che così facendo l’ho fatta fuggire. Ma – ripeto – adesso che leggo Patty mi vado acquietando. Capisco che in fondo ho chiesto cose che avrei dovuto piuttosto avere senza alcuna richiesta, comprendo che chi si relaziona con queste persone si vede negare il minimo sindacale per la sopravvivenza del proprio cuore. E pure il dolore per la fine si amplifica, perché in fondo quello che ci tocca o ci è toccato di vivere sfugge al nostro metabolismo interiore, non riusciamo a comprenderlo. Siamo chiusi tra la mancanza che sentiamo di ciò che è ossigeno per il nostro animo e la pena per queste persone che amiamo e che dobbiamo lasciare senza poter far nulla. Ci resta solo di pensare a noi ma ci arrendiamo con grande difficoltà a questo estremo atto di autoconservazione. Ma lo dobbiamo fare! Spero che ad oggi Patty abbia ritrovato la serenità che merita, in un modo o nell’altro, e che presto questo traguardo lo possa tagliare anche io. Grazie e ciao a tutti!
Quando si è innamorati caro Luca è normale concedere al partner cose che solitamente non permetteremmo a nessun’altro, eppure si accetta di tutto pur di cercare di salvare la storia, ma poi si comprende che il rapporto non è paritetico, non ci si sente sereni e compensati da un amore adeguato, alla fine si rimane con le mani vuote e tanto dispiacere.
Ma non tutto il male viene per nuocere, sono sicura che la prossima ragazza che incontrerai la misurerai con la sua diponibilità e amore corrisposto nella maniera in cui lo dai tu, e questa sarà la conferma che è la persona giusta, diversamente sai già che le cose non faranno che degenerare sino al punto da cui non si torna più indietro.
La sofferenza insegna, non la si vorrebbe mai incontrare, ma anch’essa fa parte del vivere, l’importante è riprendersi, capire che non si ha nessuna colpa del menefreghismo degli altri e si è pronti per donarsi a chi ne vale veramente la pena.
In bocca al lupo anche per te caro Luca e tanti auguri per un futuro bello come lo desideri.
Marilena
Vi capisco tutti.
Sono sposata da ben 33 anni con un uomo che probabilmente ha questo problema.
Mi sono sentita io in colpa per anni. Mi credevo o meglio mi faceva credere di essere io che chiedevo la luna.
Invece ora capisco che non potrò mai essere felice con lui, ciò nonostante faccio fatica ad accettare una separazione, eppure so di non amarlo più, troppa sofferenza.
Mai una parola, ore ed ore in assoluto silenzio, non so nulla del suo mondo interiore, e questo dopo 33 anni di matrimonio e 5 di fidanzamento.
Leggere qui di altre persone nella mia stessa situazione, mi procura sollievo
Clara
Ha mai provato Clara a consigliargli una terapia di coppia o anche da solo, se è imbarazzato da qualcosa e preferisce affrontarlo da solo, è l’unico modo per risolvere tutti i disagi e riportare il vostro matrimonio ad una condizione serena.
Provi al suo consultorio, spesso si trovano psicologhe che fanno anche questo tipo di assistenza
MArilena
Salve Patty
Leggo il suo messaggio a distanza di oltre un anno e sono colpita dalla sua situazione che è sovrapponihile alla mia. Se lo gradisce mi piacerebbe un confronto per capire come vive questa agonia in un contesto di amici e famiglia, poiché per me è difficilissimo. Grazie mille
Se vuole il mio aiuto professionale può sempre contattarmi privatamente via mail: info@marilenacremaschini.it
MArilena
Complimenti per l’articolo e le risposte ai commenti, sono stato colpito per la chiarezza ed il senso equilibrato.
Sono un uomo di 61 anni e da qualche mese ho una relazione con una donna poco più giovane (collega) con chiari tratti di personalità alessitimica.
Lei è vagamente consapevole di essere “anaffettiva”.
La relazione procede ma non decolla ed avrei intenzione di manifestare la mia consapevolezza ed il desiderio di un suo cambiamento altrimenti ognuno per la sua strada.
Potrei avere un consiglio?
Dovrei conoscere meglio la personalità di questa donna e le sue dinamiche comportamentali, se vuole una mia consulenza in merito mi contatti via mail le darò tutte le informazioni del caso: info@marilenacremaschini.it
Marilena
Vivo la stessa situazione con mio marito. L’ho scoperto dopo aver intrapreso un percorso psicologico di due anni (ci vado ancora). Ho spiegato a mio marito che la nostra relazione a senso unico non può andare avanti così ma lui non è intenzionato a fare un percorso psicologico. E così… intravedo la fine di questo matrimonio… e abbiamo anche un figlio disabile che dovrebbe vivere in una famiglia serena e non si merita tutto questo. Io però non sto bene.. amo, ma non sono vengo amata sebbene lui a me ci tenga e lo so… sono abbattuta ma leggere di persone che ci sono passate mi fan sentire meno sola.
Sono contenta che le tante testimonianze possano darle un p’ di sollievo, spero la sua situazione si sistemi al più presto
Marilena