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29/10/2016Nel Complesso di Narciso si trova l’essenza del narcisismo.
Il disturbo narcisistico di personalità è un disturbo della personalità i cui sintomi principali sono egocentrismo patologico, deficit nella capacità di provare empatia verso altri individui e bisogno di percepire ammirazione, che iniziano entro la prima età adulta e sono presenti in svariati contesti.
Per approfondire la conoscenza del Disturbo Narcisistico di Personalità rimando all’articolo specifico che spiega il disturbo secondo i criteri della psicanalisi.
Chi è il narciso
Secondo la teoria di Sigmund Freud, il narcisismo o il complesso di Narciso si riferisce ad una persona che patisce una forma di sopravvalutazione di se stessa.
Cioè, invece di scegliere un oggetto d’amore diverso da sé, le persone narcisistiche preferiranno sempre trovare qualcun altro che sia identico a loro, ecco perché si dice che i narcisisti sentano solo l’amore per se stessi perché è impossibile trova una replica di loro.
Secondo la teoria di Sigmund Freud, le persone che hanno il complesso di Narciso hanno un comportamento con il proprio corpo simile a quello che normalmente viene dato all’oggetto sessuale.
Si dice che tutte le persone per natura hanno qualcosa di Narciso che è considerato normale in una certa misura, tuttavia quando questa dose di narcisismo è esagerata viene considerata patologica.
Secondo la psicoanalisi, ci sono due tipi del complesso di Narciso, narcisismo primario e secondario.
- Narcisismo primario. Secondo la psicoanalisi, questo tipo di narcisismo costituisce una delle fasi dell’infanzia che tutti noi attraversiamo, in questo caso si riferisce alla fase del sviluppo libidinale o psicosessuale (stadio in cui i genitali cominciano ad eccitarsi e in cui il bambino scopre che manipolandoli ottengono sensazioni piacevoli). Questo stadio è precedente all’amore dell’oggetto e viene dato a se stesso un trattamento simile a quello che sarebbe stato dato ad un altro oggetto sessuale.
- Narcisismo secondario. Questo tipo di narcisismo si riferisce a una regressione nell’evoluzione del bambino poiché invece di continuare con la fase successiva che sarebbe oggetto di amore, cioè di ottenere amore o piacere in un altro oggetto che non è lo stesso, succede che ritorna di nuovo all’autoerotismo, che è precisamente dove si blocca.
Il mito di Narciso
Il mito di Narciso narrato da Ovidio nelle Metamorfosi racconta la storia di un bellissimo giovane, ammirato e amato da chiunque (uomini e donne), incapace di corrispondere agli ammiratori la stessa approvazione e amore.
Colpevole di aver respinto anche l’amore della ninfa Eco, Narciso verrà condannato ad innamorarsi perdutamente della propria immagine riflessa nelle acque di un fiume.
Narciso non resisterà alla bellezza della propria immagine riflessa, e credendola una persona separata da sé, non riconoscendosi, si illude di poterla raggiungere ed abbracciare, non potendola toccare ed avere, sarà condannato a patire le pene d’amore non corrisposto ed impossibile da concretizzare, rimarrà inconsolabile sino a morirne di crepacuore.
I resti del corpo di Narciso uniti alla terra faranno sbocciare un fiore bellissimo e luminoso, il narciso, bello ma velenoso, quindi impossibile da toccare e cogliere.
Nel fiore narciso il trombone è leggermente tossico, tutte le parti della pianta profumata contengono licorina, una sostanza chimica tossica.
Il Narcisismo
Il termine “narcisismo” fu usato per la prima volta da Paul Nacke nel 1889 per descrivere l’atteggiamento di chi tratta il proprio corpo allo stesso modo con cui viene trattato il corpo di un oggetto sessuale desiderato, per cui lo contempla, lo liscia e lo accarezza finché queste manovre non gli procurano un soddisfacimento completo.
Sigmund Freud riprenderà il concetto per definire il narcisismo primario cioè quello del neonato che ancora non distingue il sé dal mondo esterno e percepisce se stesso come unico elemento da cui trarre piacere.
Finché è nel grembo materno il bambino è soddisfatto in ogni sua esigenza e necessità, è protetto, ma dal momento della nascita il bambino tutto cambia, comincia a sperimentare la sensazione di essere in un ambiente diverso che non conosce, di poter sentire il senso della fame (ciò che prima non avveniva) e dell’abbandono da parte di chi si occupa di lui.
Con la nascita il piccolo incomincia misurarsi con sensazioni spiacevoli ed angoscianti, come la paura di non poter avere cibo e di essere esposto senza difese verso un ambiente che ancora non conosce e non comprende.
Col timore e l’angoscia di non avere un seno sempre a portata di mano che soddisfa la sua fame ed una madre o un adulto che lo protegge, lo cura e gli comunica calore.
Per Freud tale sensazione che si prova nei primi mesi di vita è terrificante e dolorosa, ma è un disagio necessario, un passo essenziale per la crescita e l’evoluzione nella maturità, per la comprensione del proprio essere singolo separato dal corpo della madre, indipendente che vive di propria autonomia, come tutti gli altri oggetti e soggetti che lo circondano.
Un trauma, come quello della nascita, necessario per maturare e diventare uomo.
Ad ogni fase dolorosa del bambino segue una fase di adattamento, un sistema che porta l’individuo ad evolversi in senso autonomo ed indipendente, capace di sopravvivere ai timori e paure, di superarle e di adattarsi all’ambiente in cui vive.
Nel momento in cui il piccolo prende coscienza di sé, si accorge delle proprie debolezze e della propria impotenza, e del bisogno costante di qualcuno che se ne prenda cura.
Col suo pianto richiama l’adulto e lo sente vicino, il suo pianto afferma la sua fame ed il bisogno di cure, col suo pianto sa di comunicare con il mondo dei grandi.
Il bambino col tempo impara a comprendere che alle sue richieste possono seguire delle soddisfazioni o delle mancate soddisfazioni, che trasformeranno la sua paura di essere abbandonato in uno stato di angoscia più o meno persistente.
Un bambino mai cresciuto
Anche le troppe cure possono essere sbagliate, ed originare il disturbo, perché il piccolo viene messo nella condizione di non poter completamente imparare a differenziare le proprie necessità da ciò che è superfluo, non diviene persona a se stante, non separa il proprio individualismo ed accentra i desideri e soltanto su se stesso trasformandosi in oggetto del proprio amore.
Solo col superamento di tale fase egoistica ed egosintonica (dove ogni cosa deve convogliare verso il sé del bambino) egli diventa maturo, può imparare a sopravvivere da solo, si adatta al mondo esterno con cui instaura un rapporto di desiderio e frustrazione, ma anche di soddisfacimento e di comprensione delle proprie capacità e del proprio potere.
Le cose buone compensano le cattive e così via per tutta la vita.
L’atteggiamento del Narciso, di autocompiacimento, di autocompletamento e del bisogno costante di compensare tali sensazioni, possono evolversi anche nell’adulto.
Ogni modalità relazionale dell’adulto Narciso sarà rivolta alla propria contemplazione ed alla soddisfazione dei propri desideri, rimanendo incapace di sentire gli altri e di distinguere un proprio se esterno, diverso e separato dal proprio corpo.
Nelle relazioni personali il Narciso è incapace di donare affetto ed amare perché incapace di estendere la considerazione ad una persona diversa da se stesso.
La sua incapacità di fidarsi del prossimo sarà tale da impedirgli qualunque relazione basata sulla fiducia, sul concedere e donarsi, sulla possibilità di concepire un futuro diverso ed al di fuori del sé.
Non dimentichiamo che il Narciso non è solo l’egoista, egocentrico e vanitoso, è soprattutto una persona che teme l’abbandono più di ogni altra cosa, tanto da non concedersi il lusso di donarsi e di fidarsi, limitando la proprio vita entro in suoi confini personali, impedendosi di conoscere il mondo esterno e di entrare in rapporto con esso.
Come ogni atteggiamento umano, è l’eccesso, l’estremo che esce dalle regole e travalica ciò che è adeguato che diventa patologico.
L’adulto narcisista è una persona che teme a tal punto l’abbandono da essere incapace di instaurare rapporti e modalità relazionali di dare ed avere, di scambio e di correlazione, sarà incapace di amare gli altri e donarsi per la paura di perdersi e di non ritrovarsi.
Il desiderio di sé può essere dannoso come un fiore velenoso perché rende l’uomo incapace di rapportarsi con gli altri, di concedersi e di relazionarsi con il prossimo in modo equilibrato e di mutua soddisfazione.
Il narcisismo è una condizione che fa soffrire enormemente il narcisista che non conosce amore, pure quello per se stesso diventa ammirazione improduttiva, che non porta felicità, né soddisfazione, né in una vita solitaria ma soprattutto nella vita sociale e relazionale intima col partner.
Ed il timore di essere abbandonato col tempo innesca angoscia frustrante, stati di ansia, aggressività immotivata e desiderio di essere diverso, migliore, capace di quei sentimenti che l’uomo prova quando vive intensamente la propria vita, insieme agli altri.
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