
Criminologia dei reati passionali
31/05/2023
Il Locus of control
12/06/2023La Cherofobia è la paura di essere felici.
Si tratta di un timore irrazionale che porta chi ne soffre a sviluppare una patologica avversione verso le emozioni comunemente considerate positive.
Molte persone sentono la mancanza nella propria vita di emozioni come la felicità, la tranquillità e l’entusiasmo; al tempo stesso pensano “ho paura di essere felice”, temono le emozioni piacevoli e, in modo più o meno consapevole, mettono in atto comportamenti di auto-sabotaggio per proteggersi.
Ma in questo modo si privano realmente della possibilità di essere felici.
La paura della felicità
La paura della felicità è chiamata cherofobia e potrebbe essere assimilata a un meccanismo di difesa dalle emozioni comunemente considerate positive, ma vissute dal cherofobico con ansia e paura perchè considerate come momento di estrema vulnerabilità.
La parola cherofobia ha un’etimologia greca e deriva da kairós “ciò che rallegra” e fóbos “paura”. Il significato di questo disturbo è quindi letteralmente “avere paura di essere felici”.
Sebbene non sia inserita nel DSM-5, il manuale diagnostico dei disturbi mentali, la cherofobia in psicologia è definita come una forma d’ansia anticipatoria.
Per questo motivo il significato di cherofobia può essere espresso come la conseguenza di vivere la felicità come una minaccia da cui difendersi. Invece di ricercare la felicità la persona che ne è affetta la allontana in tutti i modi possibili, privandosi della possibilità di essere quello a cui tutti ambiscono: felici.
Il convincimento della persona, che diventa una sorta di legge fisica, è: “se vivi una grande felicità, ti aspetta dietro l’angolo una tragedia, pertanto è meglio aspettarsi solo quella”.
Il disturbo della cherofobia è spesso associato al Complesso di Cassandra, anche in tale disturbo è il pessimismo e la disistima a compromettere i risultati della azioni della vita.
Cherofobia e depressione
La cherofobia potrebbe essere erroneamente confusa con la depressione; al contrario, il cherofobico pratica un’attiva evasione delle emozioni positive: ha paura di essere infelice e quindi evita, preventivamente, tutto ciò che potrebbe renderlo gioioso, temendo che il meccanismo che porta felicità potrebbe “smettere di funzionare”.
La paura di essere felici in amore può portare a non investire nelle proprie relazioni, mettendo in atto dinamiche di contro-dipendenza affettiva e creando solo legami superficiali per la paura di star bene. “Ho paura di essere felice, perché ogni volta che lo sono tutto finisce”: è questa la frase tipica con cui si esprime il disturbo in amore.
A volte le persone che soffrono di cherofobia possono anche sentirsi in colpa di essere felici, sperimentando un’emozione secondaria che va a sbiadire qualsiasi emozione piacevole.
La paura di essere felici, come una fobia, porta ad evitare ad ogni costo lo stimolo temuto, che in questo caso non è qualcosa di esterno (come la piazza per l’agorafobico), ma uno stato emotivo interno.
Ecco alcuni sintomi per riconoscere questo disturbo detto anche fobia della felicità:
- evitare opportunità che potrebbero condurre a cambiamenti positivi nella vita;
- rifiutare di partecipare ad attività divertenti;
- sentirsi in colpa per essere felici;
- provare ansia qualora si sia invitati ad eventi sociali;
- avere l’idea che essere felici possa poi significare che accadrà qualcosa di negativo;
- non voler essere felici e pensare che provare felicità possa trasformare in persone peggiori;
- avere la convinzione che mostrare felicità sia negativo di fronte agli amici e alla propria famiglia;
- pensare che perseguire la felicità sia una perdita di tempo o uno sforzo inutile.
Cause della cherofobia
Le cause di questo disagio psicologico tendenzialmente rimandano alle esperienze infantili della persona, nelle quali un momento di felicità potrebbe essere stato seguito da un evento traumatico fisico o emotivo come una punizione, una delusione o anche una perdita importante.
L’evento negativo rimane agganciato all’evento piacevole di conseguenza ogni fattore di felicità è visto come la previsione di qualcosa di negativo che si collega inevitabilmente.
Da queste esperienze ripetute o traumatiche, nelle quali emozioni come la rabbia, l’umiliazione e il dolore hanno spesso distrutto la gioia, si instaura automaticamente un’associazione distorta della relazione causale tra felicità e dolore, che si riattualizza continuamente nel presente.
“Sì, certo, quanto più dall’alto, tanto più dolorose, le cadute” recita la novella “La paura d’esser felice” di Pirandello: queste stesse convinzioni appartengono a chi soffre di questo disturbo.
La persona potrebbe aver sviluppato un locus of control esterno e aver appreso a pensare che anche un evento positivo è solo “un colpo di fortuna” e che, qualsiasi cosa faccia, non si ripeterà.
In quest’ottica il disturbo della cherofobia potrebbe essere assimilabile ad un meccanismo di controllo e di fuga dalle emozioni positive, vissute come momento di estrema vulnerabilità.
Oltre ai traumi infantili, anche il contesto e la cultura in cui si vive, così come l’educazione ricevuta, possono contribuire all’insorgere di questo disturbo.
Per alcuni il disturbo potrebbe esprimere il timore di un conflitto con una persona significativa, come un genitore o un familiare.
Indipendentemente dalle cause che hanno portato all’insorgere di questa fobia, i soggetti che ne soffrono sono accomunati da un meccanismo difensivo che li porta a sfuggire alla felicità nel tentativo di ripararsi dal dolore e dalla sofferenza che ne conseguiranno.
Come affrontare il problema
Chi soffre di questo disturbo non è necessariamente un soggetto sempre triste, ma è sicuramente qualcuno che evita determinati eventi felici per il timore che questi possano successivamente tramutarsi in una fonte di infelicità.
Un nuovo lavoro, amore, amicizia o interesse viene percepito dal cherofobico come una minaccia al proprio status quo e, quindi, come qualcosa da evitare.
Questo atteggiamento ha evidenti ripercussioni sulla vita sociale, lavorativa e sentimentale, inoltre costituisce un forte limite al processo di crescita, sviluppo e realizzazione personale dell’individuo.
Accorgersi di soffrire di questo disturbo è sicuramente un buon primo passo.
É importante che l’individuo comprenda, attraverso un lavoro di autoriflessione, l’origine e le cause delle sue ansie e preoccupazioni, così da poterle affrontare.
In questo processo, è essenziale non sottovalutare mai l’appoggio che possono darci coloro che ci sono vicini e ci vogliono bene. Oltre ad infonderci amore e sicurezza, il partner, gli amici e i familiari possono offrirci spunti e punti di vista molto preziosi per aiutarci a gestire meglio e superare le nostre fobie.
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