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06/02/2017
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06/02/2017La resilienza indica la resistenza e la capacità di adattamento.
La resilienza è la capacità degli individui di far fronte allo stress e alle avversità uscendone rafforzati, di saper resistere e di riorganizzare positivamente la propria vita e le proprie abitudini a seguito di un evento critico negativo.
Si tratta quindi di una reazione attiva alla frustrazione e al disagio, di una risposta tesa a trovare nuove possibilità e nuove prospettive di evoluzione e promozione del benessere.
Origini del termine
La prima definizione psicologica di tale concetto si deve a Michael Rutter che, studiando bambini nati da madri schizofreniche, definì la resilienza come «risposta positiva di un soggetto allo stress e alle condizioni avverse».
Si tratta di un «concetto interattivo che deriva dalla combinazione di esperienze di rischio gravi con una riuscita psicologica relativamente positiva», e da «un’interazione dinamica tra fattori di rischio e fattori protettivi appartenenti a diversi livelli».
Successivamente Emmy E. Werner ‒ a seguito del suo studio trentennale su un gruppo di bambini a Kauai (Hawaii) che vivevano in condizioni di estrema povertà e in un ambiente familiare problematico ‒ parlò di resilienza nei termini di «consolidamento delle competenze del soggetto posto in situazioni stressanti».
Gli studi hanno dimostrato che non esiste un’unica forma di resilienza. Essa infatti è multidimensionale e determinata da numerosi elementi, quali ad esempio predisposizioni genetiche, fattori ambientali, abilità personali e sociali.
Nel loro lavoro sulla resilienza, Maria Antonella Costantino e Mauro Camuffo sottolineano come essa non possa essere considerata una condizione statica o permanente. Si può essere resilienti in alcuni momenti della vita e non in altri; di fronte a un certo evento, e non di fronte a un altro: «La resilienza si riferisce a un generale stato di adattamento nella vita quotidiana e gli stessi fattori protettivi non possono essere considerati attributi fissi».
Caratteristiche della resilienza
Coloro che possiedono un alto livello di resilienza riescono a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti. Si tratta, sostanzialmente, di persone ottimiste, flessibili e creative, che sono in grado di lavorare in gruppo e attingono spesso alle proprie e altrui esperienze.
La resilienza è, dunque, una funzione psichica che si modifica nel tempo in rapporto all’esperienza, ai vissuti e, soprattutto, al cambiamento dei meccanismi mentali che la sottendono.
Le persone più resilienti, e che quindi spesso riescono meglio a fronteggiare le avversità della vita, presentano:
- Impegno, ovvero la tendenza a lasciarsi coinvolgere nelle attività;
- Locus of control interno, la convinzione di poter dominare gli eventi che si verificano al punto da non sentirsi in balia degli stessi;
- Gusto per le sfide, ossia predisposizione ad accettare i cambiamenti non vivendoli come problematici.
Impegno, controllo e gusto per le sfide sono caratteristiche della persona di cui si può avere consapevolezza e perciò possono essere coltivati e incoraggiati. Per questo, la resilienza non è una caratteristica che è presente o assente in un individuo; essa presuppone comportamenti, pensieri ed azioni che possono essere appresi da chiunque.
Avere un alto livello di resilienza non significa non sperimentare affatto le difficoltà o gli stress della vita, significa avere le risorse per riuscire ad affrontarli senza farsi sopraffare dagli eventi stessi.
Avere un alto livello di resilienza non significa essere infallibili ma disposti al cambiamento quando necessario; disposti a pensare di poter sbagliare, ma anche di poter correggere la rotta.
Fattori di rischio e protettivi
La considerazione dei fattori protettivi è fondamentale in un’ottica di esplicazione multifattoriale dei processi di sviluppo caratterizzati da patologia o meno.
I bambini dotati di fattori protettivi crescono adeguatamente nonostante siano esposti a condizioni di rischio e sono considerati resilienti; i bambini che mancano di fattori protettivi o in cui questi non sono adeguatamente sviluppati possono presentare difficoltà sul piano emotivo, comportamentale o difficoltà di apprendimento e sono descritti come vulnerabili.
Gli individui resilienti trovano in loro stessi, nelle relazioni umane, e nei contesti di vita, quegli elementi di forza per superare le avversità, definiti fattori di protezione contrapposti ai fattori di rischio, che invece diminuiscono la capacità di sopportare il dolore.
Tra i fattori di rischio che espongono a una maggiore vulnerabilità agli eventi stressanti, diminuendo la resilienza, secondo Werner e Smith (1982) troviamo:
- I fattori emozionali (abuso, bassa autostima, scarso controllo emozionale), interpersonali (rifiuto dei pari, isolamento, chiusura);
- I fattori familiari (bassa classe sociale, conflitti, scarso legame con i genitori, disturbi nella comunicazione);
- I fattori di sviluppo (ritardo mentale, disabilità nella lettura, deficit attentivi, incompetenza sociale).
Tra i fattori protettivi, invece, gli stessi autori ne individuano di individuali e familiari.
Tra i primi, l’essere primogenito, un buon temperamento, la sensibilità, l’autonomia, unita alla competenza sociale e comunicativa, l’autocontrollo, e la consapevolezza e fiducia che le proprie conquiste dipendono dai propri sforzi (locus of control interno).
A questi si aggiunge una risorsa di estrema importanza: il comportamento seduttivo, che consente di essere benvoluti e di riconoscere e accettare gli aiuti che vengono offerti dall’esterno.
I fattori protettivi familiari comprendono l’elevata attenzione riservata al bambino nel primo anno di vita, la qualità delle relazioni tra genitori, il sostegno alla madre nell’accudimento del piccolo, la coerenza nelle regole, il supporto di parenti e vicini di casa, o comunque di figure di riferimento affettivo.
Componenti che la sviluppano
Esplorando i fattori protettivi, è possibile individuare cinque componenti che contribuiscono a sviluppare la resilienza (Cantoni, 2014).
- L’Ottimismo. La disposizione a cogliere il lato buono delle cose è un’importantissima caratteristica umana che promuove il benessere individuale e preserva dal disagio e dalla sofferenza fisica e psicologica. Chi è ottimista tende a sminuire le difficoltà della vita e a mantenere più lucidità per trovare soluzioni ai problemi (Seligman, 1996).
- L’Autostima si accoppia all’ottimismo. Avere una bassa considerazione di sé ed essere molto autocritici, infatti, conduce a una minore tolleranza delle critiche altrui, cui si associa una quota maggiore di dolore e amarezza, aumentando la possibilità di sviluppare sintomi depressivi.
- La Robustezza psicologica (Hardiness). La Robustezza psicologica è a sua volta scomponibile in tre sotto-componenti, il controllo (la convinzione di essere in grado di controllare l’ambiente circostante, mobilitando quelle risorse utili per affrontare le situazioni), l’impegno (con la chiara definizione di obiettivi significativi che facilita una visione positiva di ciò che si affronta) e la sfida, che include la visione dei cambiamenti come incentivi e opportunità di crescita piuttosto che come minaccia alle proprie sicurezze.
- Le emozioni positive, ovvero il focalizzarsi su quello che si possiede invece che su ciò che ci manca.
- Il supporto sociale, definito come l’informazione, proveniente da altri, di essere oggetto di amore e di cure, di essere stimati e apprezzati. E’ importante sottolineare come la presenza di persone disponibili all’ascolto sia efficace poichè mobilita il racconto delle proprie sventure. Raccontare è liberarsi dal peso della sofferenza, e l’accoglienza gentile e senza rifiuti o condanne da parte degli altri segnerà il passaggio da un racconto tutto interiore, penoso e solitario (che può sfociare in forme di comunicazione delirante) alla condivisione partecipata dell’accaduto.
In definitiva, ciò che determina la qualità della resilienza è la qualità delle risorse personali e dei legami che si sono potuti creare prima e dopo l’evento traumatico.
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2 Comments
Come si puo’ sapere se qualcuno si e’ arreso? Ognuno ha dei limiti che, se a volte sono ignoti a lui stesso, a maggior ragione sono del tutto sconosciuti agli altri.
Buongiorno Alberto
è vero.. ogniuno di noi ha il suo carattere ed il suo modo personale di reagire agli eventi, e questi diversi aspetti vanno valutati e presi in considerazione per comprendere il comportamento e le reazioni degli altri.
Ed è su questa base che non dobbiamo regolare la nostra iniziativa verso gli altri.
Ci sono situazioni in cui non ci si può arrendere e situazioni in cui è inevitabile farlo, per comprendere la differenza occorre conoscere ed aver compreso ed accettato la personalità e la particolarità delle persone di cui ci vogliamo circondare e che vogliamo nella nostra vita.
tutto dipende da queste variabili e dal contesto in cui si svolgono, ed ogni giudizio o valutazione va adeguato ad esse.
saluti
Marilena