Mi è stato dato l’incarico di procedere alla valutazione di alcuni disegni fatti, a suo tempo, dal Re Vittorio Emanuele III. La mia valutazione è poi stata pubblicata sul quotidiano “Libero” in data 20 dicembre 2019. Qui di seguito trovate le mia espsoizione.
Facendo seguito ad una ricerca sostenuta dal giornalista Cionci Andrea, apparsa in forma di articolo sul quotidiano “Libero“, che ha coinvolto diversi esperti, oltre alla sottoscritta, unitamente ad altri autorevoli personaggi, tra cui lo stimato critico d’arte Vittorio Sgarbi, è stata fatta una valutazione di alcuni ritrattipaesaggistici e non del ormai defunto Re.
Come si potrà notare, nell’articolo vengono pubblicati soltanto alcuni dei disegni del Re Vittorio Emanuele III sottoposti ad esame, ma il giornalista Cionci mi ha permesso l’esamina di parecchi disegni effettuati dal Re nel corso della sua vita.
Da quanto acquisito e valutato, la mia osservazione è stata la seguente, che in termini sommari, per motivo di spazio, esporrò qui di seguito.
Da una generale osservazione dei disegni posso dedurre che i colori preferiti dal Re nel realizzare le sue opere sono dei pastelli delicati, di prevalenza seppiati, con tonalità che vanno dal marrone al marroncino, con delle punte di grigiastro.
Questi colori seppiati ricordano molto il colore del tramonto, coi suoi tratti rosei che si confondono coi delicati marroncini seppiati, colori vivi ma pur sempre contenuti nella loro delicata realizzazione.
I disegni rappresentano prevalentemente dei momenti di pace, di solitudine pensierosa, momenti rubati al volgersi della sera, un ritrovo conviviale della fine del giorno, un momento di relax dopo il lavoro.
Il periodo scelto per rappresentare i paesaggi è prevalentemente la stagione dell’autunno, con i suoi colori che determinano ormai la fine della stagione estiva e il momento dell’attesa dell’inverno che si sta approssimando.
Il tema dominante delle opere è la ricerca dei momenti in cui, dopo il lungo giorno di lavoro, la persona si gode il meritato riposo della sera, in attesa che il giorno vada lentamente a spegnersi.
L’artista va a ricercare la lentezza e la serenità della sera che volge alla fine del giorno, una giornata di duro lavoro ormai giunta al suo termine, tutti i personaggi rappresentati si sono raccolti, riuniti, per prepararsi al raccoglimento serale.
Questa ricerca nei quadri del Re del momento di calma, di lentezza della sera, di serenità che trascende dalle forme e dai colori, è una ricerca della serenità, del momento in cui le avversità del giorno sono ormai state superate e sono dunque passate.
Gli impegni e le responsabilità sono state affrontate, ora è il momento per trarre delle somme e per pensare al domani, ad un nuovo giorno.
Sembra quasi che il Re nei suoi ritratti abbia bisogno di un po’ di tranquillità, come a prendere le distanze dai mille impegni giornalieri che affollavano le sue giornate, e che probabilmente non lo abbandonavano nemmeno di notte. Ma nei suoi quadri egli anela a qualcosa che forse gli sfugge di giorno e nella vita reale: i momenti sobri, leggeri, fatti di pace e di oblio da tutto ciò che creava tensione ed ansia.
Anche le riproduzioni paesaggistiche, prive di personaggi, di persone, con paesi deserti (quasi in stato di abbandono da molto tempo), case vissute e piene di storia, che raccontano, col loro vissuto e deterioramento, la loro storia e la vita delle tante famiglie che in esse hanno abitato.
Il vissuto delle persone assenti nei disegni traspare invece dalle pareti delle case, dai muri logori e screpolati, dai muri ormai cedenti ma ancora soliti e buoni per essere abitati, le persone non sono rappresentante ma si percepisce che le case sono ancora abitate.
Le persone, disegnate ma non disegnate, vivono in quei luoghi come se fossero dei fantasmi, come se le loro immagini fossero trasparenti, ma non invisibili del tutto, a monito di tutto ciò che in tali abitazioni, palazzi o rifugi fosse accaduto nel passato e che permane nel presente.
Il vissuto dei luoghi, la storia dei posti, le vite del passato, rimandano al pensiero di ciò che è stato, di quello che è avvenuto prima e che ora non c’è più ma comunque la sua traccia, la sua scia permane, è ancora visibile, percettibile se lo si ascolta con profondità.
Un vissuto che rimane rimanda all’idea dell’importanza del ricordo. Le opere, i gesti compiuti in vita, sono molto importanti per Re Vittorio Emanuele, tanto quanto il fatto che non vengano dimenticati, poco importa se non traspaiono in maniera eclatante o palese, l’importante è che il ricordo di essi non vada perso. E che i posteri si ricordino le gesta dei loro avi.
Un’ultima nota: i quadri sono colmi di colori, anche se delicati e sfumati, e di immagini che riproducono dei fatti concreti: era molto importante per il Re che nel suo disegno tutto lo spazio da occupare ed occupabile fosse interamente usato, riempito, invaso (almeno nella parte centrale che è l’essenza dell’immagine il suo fulcro strutturale su cui lavorare), come se la vita e i trascorsi lasciamo un’impronta che deve rimanere indelebile nella mente, e le azioni non devono essere dimenticate o inutilmente sprecate.
Ecco dunque il tema riccorrente dei disegni di Vittorio Emanuele III: l’importanza della storia e della memoria di essa, che deve rimanere nel tempo per non essere mai dimenticata.
Di seguito le due immagini che riproducono l’articolo in questione e che potete trovare e leggere integralmente sul quotidiano di Libero nel suo archivio storico.
Lascio anche il link per accedere all’articolo in questione qui.
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