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16/11/2023Elizabeth Short è la Black Dalia di un caso mai risolto.
La giovane aspirante attrice era stata torturata e mutilata e sul suo viso era stato disegnato con un coltello un macabro sorriso che andava da un orecchio all’altro. L’omicidio occupò le prime pagine dei giornali e molti personaggi dello star system finirono nella rosa dei sospettati, tra cui persino il regista Orson Welles. Dopo 70 anni, il delitto di Elizabeth resta ancora uno dei misteri della storia di Los Angeles.
Il ritrovamento
Mercoledì 15 gennaio 1947, Leimert Park, Los Angeles, California. Sono circa le 10 di mattina, Betty Bersinger sta passeggiando con la figlia di tre anni. Si imbatte in quello che, a un primo sguardo, ha l’apparenza di un manichino rotto in due pezzi. Si trova su un terreno non edificato sul lato ovest di South Norton Avenue, tra Coliseum Street e la West 39th Street. La signora Bersinger si avvicina e scopre che in realtà si tratta del cadavere di una giovane donna. È l’inizio di uno dei casi più complessi e disturbanti della storia giudiziaria americana.
Il cadavere è nudo, tagliato in due. Presenta profonde lacerazioni sul volto, due tagli ai lati della bocca sembrano riprodurre il cosiddetto “Glasgow smile”, una sorta di rituale in uso presso certe bande criminali e mafiose della zona. Le viscere risultano mancanti, il sangue è stato drenato dal corpo.
Accorrono sulla scena curiosi e giornalisti, che ovviamente non riservano alcuna attenzione a eventuali tracce che avrebbero potuto rivelarsi utili in sede di indagine. Giungono infine sul posto anche gli inquirenti.
Dall’esame autoptico cui i resti mortali sono sottoposti, emerge che Elizabeth è stata legata ed è morta per dissanguamento in seguito ai tagli sul volto. L’omicida ha sezionato il corpo con precisione chirurgica. Alcune fonti riportano che i capelli della giovane, corvini, sarebbero stati tinti di rosso.
Qualcuno telefona alla polizia, formulando l’auspicio che le indagini sul caso non vengano trascurate e preannunciando l’invio, a breve, dei documenti di identità della donna uccisa.
Poco dopo, agli investigatori pervengono effettivamente il certificato di nascita di Elizabeth, le sue scarpe, la sua agenda. Lo sconosciuto mittente, che in seguito inoltrerà ulteriori missive e che, secondo alcuni studiosi della vicenda, sarebbe l’omicida, si firma il “Vendicatore della Dalia Nera”.
Chi era Elizabeth Short
La vittima si chiamava Elizabeth Short, ventitré anni, era nata a Boston il 29 luglio 1924. Genitori separati, la madre viveva a Medford, nel Massachusetts, il padre a Vallejo, in California.
A diciannove anni la giovane era stata arrestata dalla polizia di Santa Barbara perché trovata ubriaca fuori da una birreria. Ancora minorenne, era stata subito rilasciata.
A metà degli anni Quaranta aveva conosciuto Matthew M. Gordon Jr, maggiore dell’Aeronautica, che le aveva chiesto di sposarla. Era morto, però, il 10 agosto 1945, nel corso di un’azione aerea. Elizabeth sognava di diventare attrice e, nel 1946, si era trasferisce a Los Angeles.
Le era stato attribuito il soprannome di “Dalia Nera”, in seguito ripreso dall’autore delle missive anonime e dai giornalisti, perché aveva l’abitudine di vestire di nero e per il suo interesse per il noir La dalia azzurra, scritto da Raymond Chandler e diretto da George Marshall, distribuito nelle sale cinematografiche proprio quell’anno.
Le difficoltà incontrate nel tentativo di affermarsi a Hollywood, l’avevano ben presto costretta, per mantenersi, a girare brevi film pornografici all’epoca illegali negli Stati Uniti.
Le indagini
Le indagini sul delitto procedono a ritmi serrati, vi sono coinvolti centinaia di agenti di polizia, il pubblico si appassiona al caso e, tramite i giornali, ne segue gli sviluppi con profondo interesse.
Molti i mitomani che si attribuiscono l’omicidio di Elizabeth Short. Vengono interrogate circa mille persone, i sospettati principali sono ventidue, tra le centinaia la cui posizione viene vagliata: chirurghi, musicisti, ladri, militari, giornalisti, nei cui confronti non si acquisiranno comunque significativi riscontri probatori.
Vari gli scenari presi in considerazione. Si ipotizza, tra l’altro, che Elizabeth possa essere stata uccisa da esponenti della criminalità organizzata, con cui potrebbe essere venuta in contatto nel tentativo di affermarsi nel mondo dello spettacolo; che la sua morte possa attribuirsi a Cleveland Torso Murderer il Macellaio di Cleveland, assassino seriale mai identificato attivo negli anni Trenta e autore di almeno 40 omicidi.
Si è persino pensato che il delitto fosse riconducibile al responsabile dell’uccisione, a Chicago, di Susanne Degnan, bambina di sei anni rapita il 7 gennaio 1946 e il cui corpo è stato in seguito rinvenuto smembrato nella rete fognaria nei pressi della sua abitazione.
Certo, la possibilità che Elizabeth Short possa essere la vittima di un assassino seriale risulta plausibile e non può escludersi: le modalità dell’omicidio palesano peculiarità che ben potrebbero associarsi a un’attitudine alla reiterazione.
È verosimile che un soggetto capace di compiere un crimine del genere – che evidentemente palesa una psiche gravata da ingombranti “fantasmi” – possa aver sperimentato l’impulso a ripeterne la dinamica, per rivivere le sensazioni che devono averlo accompagnato.
I sospettati
Tra i sospettati: Robert M. Manley, l’ultimo ad aver visto Elisabeth in vita, il cui alibi tuttavia si rivela solido; Walter Bayley, chirurgo di Los Angeles, vissuto, fino all’ottobre 1946, nel quartiere in cui è stato ritrovato il corpo di Elizabeth, amica di sua figlia; George Hodel, medico, sottoposto infruttuosamente a indagine nell’ottobre 1949, in seguito a un’accusa di molestie da parte della figlia quindicenne Tamara.
Il figlio di Hodel, Steve, ex detective della Sezione Omicidi della Polizia di Los Angeles, sosterrà in seguito che il padre fosse autore, oltre che dell’omicidio della Dalia Nera, di una serie di delitti rimasti irrisolti.
Non mancano, ovviamente, ipotesi delineatesi a decenni di distanza dal fatto. Nel 1999, un’amica di infanzia di Elisabeth pubblica un libro nel quale accusa dell’omicidio il regista e attore Orson Welles, ritenendo di poter ravvisare analogie tra le modalità con cui il corpo di Elizabeth era stato sezionato e i manichini presenti nel film La signora di Shangai, diretto e interpretato da Welles nel 1947.
Il 25 gennaio fu sepolta nel Mountain View Cemetery ad Oakland, California, e non a Medford, la città da cui proveniva, per rispettare l’amore che aveva sempre dimostrato per la California.
In ogni caso, l’omicidio della Dalia Nera rimane tutt’ora senza un colpevole.
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