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09/08/2017Henri Landru è noto come il vero Barbablù.
Moltissime fiabe della tradizione popolare traggono ispirazione da personaggi e storie legate alla realtà, talvolta crudeli oppure molto tristi, trasformate in racconti pedagogici per i più piccoli.
C’è una storia, questa sì veramente raccapricciante, che ha fatto il percorso inverso: l’accattivante quanto privo di scrupoli serial killer Henri Landru è stato soprannominato come il protagonista di una delle fiabe francesi più conosciute e spaventose: Barbablù.
Chi era Landru
Henri Désiré Landru nacque a Parigi nella primavera del 1869. Nonostante le sua indole adulta fosse criminale, Henri ebbe un’infanzia abbastanza felice e, fin da bambino, si distinse per i suoi modi educati e gentili.
La sua era infatti un’agiata famiglia parigina la quale, ai tempi, si impegnò molto per impartire al ragazzo una buona educazione. Il contesto familiare in cui Henri Landru crebbe, dunque, fu del tutto normale e nessun evento traumatico sconvolse mai la sua vita da adolescente.
Considerato dai professori un alunno diligente, Landru riuscì ad emergere senza difficoltà negli studi. Frequentò l’istituto di Ingegneria Meccanica a Parigi anche se, in seguito, fu costretto a rinunciare alle proprie aspirazioni accademiche perché chiamato a svolgere la leva militare obbligatoria.
Lasciati gli studi Henri entrò ufficialmente a far parte dell’esercito della Francia, e lì intraprese una carriera lunga ben quattro anni che, alla fine, lo portò a raggiungere il grado di Sergente.
Una volta però finito il servizio militare e ultimata la chiamata alle armi, le sorti di Henri Landru cambiarono decisamente.
Il 7 ottobre 1893 Henri sposò Marie-Catherine, ragazza conosciuta prima di arruolarsi e, dall’unione tra i due, nacquero ben 4 figli. Con l’abbandono della carriera militare il ritorno in società non fu per niente facile e i problemi, soprattutto quelli economici, finirono col peggiorare molto una situazione già di per sé difficile.
Prima di sposarsi inoltre Henri aveva avuto una figlia dalla cugina Marie Charlotte Remy (che ai tempi rifiutò di sposare). Le nozze mancate però non sottrassero Landru dai propri doveri. L’ex Sergente, infatti, si ritrovò così a dover mantenere due famiglie, ovvero: quella nuova e quella composta dalla sua prima figlia e dalla cugina Marie.
Un imbroglione
I soldi erano sempre meno e, non avendo né un’entrata di denaro fissa né tanto meno un lavoro stabile, per Henri Landru divenne sempre più difficile portare del cibo in tavola e non cadere nella miseria più assoluta.
Fu allora che decise di darsi all’attività di truffatore. Cambiò ben 15 lavori prima di diventare un imbroglione professionista e, dopo la prima frode, l’idea di tornare ad essere un cittadino onesto venne completamente abbandonata, soprattutto quando vide quanto facile era accaparrarsi del denaro senza dover faticare troppo.
Da quel momento in poi però Henri, a seguito dei suoi imbrogli, non fece altro che entrare e uscire dalle carceri francesi senza un momento di sosta.
Una situazione questa che, ovviamente, finì col turbare la sua persona, tant’è che lo stesso, nel 1906, in carcere tentò addirittura il suicidio.
Gli psichiatri lo dichiararono malato di mente (anche se in forma lieve) ma, secondo molti, il tentato suicidio di Henri Landru è da considerarsi solo una mossa accuratamente premeditata dallo stesso, col fine ultimo di farsi ridurre la pena per i crimini commessi.
Una tesi questa che, se paragonata alla sua attività da assassino seriale, sembra non essere poi così assurda. Henri Landru infatti, un uomo barbuto e dai modi eleganti, non si è mai comportato come il “classico serial killer”.
Non era violento e non agiva mai travolto dall’impeto o dalla rabbia. Era al contrario un assassino freddo e razionale, capace di organizzare tutto nei minimi dettagli. Prima di agire progettava tutto anticipatamente, senza ma trascurare niente.
Ogni azione, dunque, aveva il suo perché e i suoi obiettivi venivano raggiunti dopo un’accurata analisi e pianificazione del suo operato.
Il vero Barbablù
La fiaba di Barbablù, scritta da Perrault nel 1697, narra di un uomo che uccide le sue mogli e ne nasconde poi i corpi in cantina. La figura di “Barbablù”, con il tempo, è diventata una figura che la storia ha finito con l’accostare all’immagine dell’uomo violento e brutale.
Quando scoppiò dunque “L’affare Landru”, molti uomini e donne del tempo, finirono col convincersi che Henri Landru non fosse altro che l’immagine vivente di Barbablù.
L’attività criminale di Landru, tuttavia, si sviluppa in un periodo storico ben lontano dal 1697. La svolta che lo spinse a diventare un assassino seriale, infatti, arrivò solo nel 1915.
Henri Landru, a partire proprio da quell’anno, si spacciò per un vedovo benestante in cerca di moglie. Lo scopo dell’uomo era quello di attirare tra le sue grinfie donne sole e ricche fingendo, col fine ultimo di sedurle, condizioni di agiatezza economiche mai esistite.
Landru, dopo aver pubblicato i propri annunci sui vari giornali dell’epoca, prendeva i primi contatti con le donne instaurando con loro rapporti di corrispondenza epistolare.
L’uomo, una volta conquistata la fiducia di queste ultime, invitava poi le stesse nelle sua villa a Gambais, un’abitazione signorile maestosa che Henri spacciava per sua ma che, in realtà, affittava solo per quelle occasioni.
Il soggiorno a Gambais aveva come unico obiettivo quello di far credere alle signore che l’intenzione del ricco vedono fosse quella di sposarle. In questo modo Landru riusciva a raggirarle facendo firmare loro una procura che gli permetteva di prendere possesso dei loro conti bancari e di tutti i loro beni materiali.
Ottenuto quanto desiderato ad Henri Landru non restava che sbarazzarsi delle donne per questo motivo, prima le strangolava e poi, dopo averle fatte a pezzi, si liberava dei loro corpi bruciando i resti nel camino della villa.
I primi sospetti
I primi a sospettare delle attività losche di Henri Landru furono proprio gli abitanti residenti nelle vicinanze della dimora di Gambais. Questi, in particolare, trovarono strano che il camino fosse spesso acceso in periodi in cui, per via delle temperature miti, non era necessario ricorrere al riscaldamento degli edifici.
Da quel fumo inoltre proveniva un terribile e pestilenziale odore che, inevitabilmente, finì con l’insospettirli. I vicini allora decisero di segnalare la cosa alla polizia ma Landru fu attentissimo nel distruggere tutte le volte le prove di ogni suo delitto, riuscendo così a passarla liscia per diverso tempo.
Henri, infatti, dopo aver bruciato completamente i corpi delle vittime, a fuoco spento, puliva accuratamente il forno da tutta la cenere e poi, per ultimare i lavori, spargeva nei campi i resti avanzati (ossa, denti o altre parti del corpo non eliminate completamente dal fuoco).
Dentro casa non rimaneva nessuna traccia delle sue attività criminali, né tanto meno delle sue vittime.
Nel 1918 però qualcuno iniziò a indagare su alcune di quelle donne che, dopo essere andate a trovarlo, erano di fatto scomparse nel nulla. Il sindaco di Gambais, infatti, ricevette proprio in quell’anno delle lettere sospette da parte di due famiglie non residenti nella sua contea.
Le prime indagini
Nella prima lettera recapitatagli al sindaco venivano chieste informazioni su una certa Anne Collomb, una donna di cui si erano perse le tracce dopo il suo trasferimento a Gambais con un tale di nome Dupont.
Questa prima segnalazione però non insospettì il sindaco che, di fatto, si limitò solo a rispondere dicendo che non conosceva la persona cui si chiedevano informazioni. Quello che poi spinse il primo cittadino della città ad agire concretamente fu l’arrivo di una seconda lettera.
Come nel caso di Anne Collomb, anche in questo messaggio si parlava della scomparsa di una donna, Célestine Buisson, di cui non si avevano più notizie dopo che, la stessa, aveva deciso di stabilirsi a Gambais insieme ad un uomo di nome M. Frémyet.
Il sindaco contattò le due famiglie di origine delle donne, le quali, dopo un primo confronto, si accorsero che, in realtà, in entrambi i casi stavano parlando della stessa persona. Le ragazze infatti avevano risposto allo stesso annuncio pubblicato sul quotidiano Le Petit Journal e, dopo aver raggiunto l’uomo che le aveva sedotte, erano scomparse nel nulla senza lasciare traccia.
Appurato ciò, i familiari delle vittime presentarono allora regolare denuncia alle forze dell’ordine cui indagini, tuttavia, non portarono a niente.
Tutto rimase fermo per diversi anni, fino a quando, l’8 aprile 1919, Landru venne riconosciuto dalla sorella di Celestine, alcuni giorni dopo, mentre, per le strade di Parigi, passeggiava in compagnia di Fernande Segret.
Viveva con lei sotto il nome di Lucine Guillet al numero 76 di Rue de Rochechouart. Venne quindi arrestato, era il 12 aprile 1919. In una tasca della giacca teneva il suo inseparabile taccuino, un piccolo quaderno con una rilegatura nera: all’interno, numerosi fogli contenenti note enigmatiche sulle sue undici vittime.
Venne perquisita la villetta di Gambais, ma non si trovò alcuna traccia riguardante ai nomi elencati nel taccuino, nemmeno in seguito agli scavi effettuati nel giardino, dove tornarono alla luce solamente i resti di tre cani. La polizia fu così costretta a giustificare l’arresto in base a denunce per truffa ed estorsioni.
L’analisi dei vari indizi finirono tutti col confermare i sospetti degli agenti: quelle donne erano tutte morte. A questo punto, Henri Landru non venne accusato solo di essere un truffatore ma anche un assassino: 11 le persone che aveva ucciso, di cui 10 donne e un bambino che, nella villa, era arrivato per accompagnare una delle vittime.
“L’affare Landru”
Il 7 novembre 1921, davanti alla corte d’assise di Seine-et-Oise, presso la sede di Versalles, si aprì il processo a Landru. Sin da subito la popolarità del caso salì alle stelle. Durante le lunghe investigazioni avvenute dal suo arresto, Landru si comportò in maniera totalmente distaccata.
Non venne trovata alcuna traccia di cadavere, ma solo numerosi abiti e carte legali. Nella cucina, vennero trovate solo schegge di osso, ma non c’era nulla che potesse provare la morte delle undici persone indicate nel taccuino.
Sin dall’inizio del processo, Henri si dichiarò innocente, ammettendo tuttavia di aver truffato le presunte vittime. Spesso le sue parole divennero provocatorie, nei confronti della corte, esclamando frasi del tipo “Mostratemi i cadaveri!”
L’entusiasmo popolare che lo circondò durante il processo portò alla luce il suo lato di studioso attento e preciso, di amante e di uomo elegante e socievole. La gente non poteva odiare una persona simile, non riusciva a credere che quel piccolo uomo avesse ucciso dieci donne e un bambino.
Ma fu proprio tutta quella popolarità a spingerlo verso una condanna certa. Iniziarono a spuntare dal nulla alcuni testimoni, parenti delle presunte vittime, vicini di casa. Un uomo giurò di averlo visto, un giorno, gettare qualcosa in uno stagno, e un altro testimone disse di aver tirato fuori dall’acqua, durante un battuta di pesca, un pezzo di carne putrida.
Alcuni vicini della villetta di Gambais testimoniarono di aver visto uscire del fumo nero dal suo camino e di averne sentito l’odore putrido e pestilenziale, anche in periodi dell’anno durante i quali non era necessario il riscaldamento.
Landru, nel frattempo, non faceva alcun caso a quelle accuse, e si comportava come se tutto il processo fosse un’opera teatrale: invitò anche alcune signore a sedere al suo posto, sfidando così la corte. Poi, venne chiamata a testimoniare Fernande Segret. Lei lo difese, confermando anche che si sarebbero presto sposati.
Maître de Moro-Giafferi, il suo avvocato, lo difese strenuamente, ma alla fine, di fronte a testimonianze e prove inconfutabili, non riuscì comunque ad evitargli la condanna a morte.
In aula venne condotto anche il forno dove Landru aveva bruciato le sue vittime.
Nel giardino della villa vennero ritrovati ossa umane e molti denti, ma il vero punto di svolta arrivò quando gli inquirenti portarono in aula il taccuino su cui erano annotati i nomi delle donne uccise.
Ad ogni nome corrispondevano le spese di viaggio sostenute per far arrivare le signore a destinazione mentre, al contrario, all’interno dello stesso libretto non vi erano riportate quelle relative al tragitto di ritorno.
A questo punto Landru non riuscì a dare delle spiegazioni attendibili e per questo motivo, malgrado la forte opposizione del suo avvocato difensore, fu ritenuto colpevole e condannato a morte.
Il 30 novembre 1921, davanti a una serie di circostanze e documentazioni schiaccianti, e ad alcuni frammenti di ossa umane rinvenute in una ulteriore perquisizione del giardino della villetta di Gambais, Henri Destre Landru venne condannato alla pena di morte.
L’esecuzione e il mito
L’esecuzione venne fissata per il 23 febbraio 1922. Il giorno precedente Landru chiese e ottenne che gli fosse tagliata la barba. “Così alle donne piacerò di più” disse. Lo stesso giorno, la richiesta di grazia inviata ad Alexandre Millerand, presidente della repubblica di Francia, venne rifiutata.
L’alba del giorno dopo, nel cortile della prigione di Versailles, Landru venne ghigliottinato in pubblica esecuzione.
Sono trascorsi più di ottanta anni da quel giorno, ma il mito di Landru non si è ancora spento. Esposto in un museo di Parigi, ancora oggi, è visibile il suo taccuino.
La testa di Henri Landru oggi si trova nel Museum of Death di Hollywood.
Non bisogna dimenticare che quel taccuino, dove segnava tutti i suoi profitti, è un vero e proprio simbolo del suo stile. Non è mai stato accertato come uccidesse le sue promesse spose, non si è mai capito quali fossero le sue sensazioni, i suoi sentimenti reali nei confronti delle vittime, né tanto meno quelli che provava durante gli omicidi, ma quei fogli dimostrano la sua lucidità, la sua precisione e che probabilmente sapeva di essere diverso dagli altri, e che sarebbe potuto entrare nella storia.
Landru e il suo taccuino, inseparabili ovunque. Anatole Deibler, famoso boia francese, aveva l’abitudine di annotare tutte le sue “vittime”. Sul suo diario appare anche il nome di Henri Desire Landru.
Infine, non dobbiamo tralasciare l’importanza della figura di Fernande Segret. La loro storia durò due anni, è probabile che meditasse di ucciderla, ma non lo fece, forse l’avrebbe fatto se non fosse stato arrestato, ma non potremo mai saperlo. Il giorno che venne riconosciuto in sua compagnia avrebbe potuto optare per la fuga, cambiare nuovamente identità. Tuttavia, non fuggì, si congedò da Fernande con le seguenti parole: “Addio, mio piccol desco.”
L’uomo che fino ad allora aveva vinto su tutto e tutti, si era forse deciso a conoscere la sconfitta.
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