
L’importanza dell’amore materno
02/12/2018
I 5 assiomi della comunicazione
11/01/2019L’attenzione è la capacità del cervello di elaborare gli stimoli.
È una strategia adottata dal cervello per economizzare le energie mentali ed usare solo quelle necessarie per raggiungere uno scopo, e quindi per evitare di elaborare informazioni inutili o irrilevanti.
Tutti noi abbiamo 5 tipi di attenzioni.
Cos’è l’attenzione
L’attenzione è un processo cognitivo che permette di selezionare alcuni stimoli ambientali ignorandone altri. Da un punto di vista evolutivo, si tratta di un meccanismo estremamente utile ai fini della sopravvivenza dell’uomo in quanto consente di organizzare le informazioni provenienti dall’ambiente esterno, in continuo mutamento, e di regolare di conseguenza i processi mentali.
In generale, in psicologia possiamo definirla come l’insieme dei processi di selezione che il cervello mette in atto nei confronti degli stimoli che giungono dal mondo esterno attraverso gli organi di senso. Una metafora spesso usata è quella del filtro che lascia passare soltanto gli stimoli rilevanti.
Già agli albori delle scienze psicologiche William James osservava che l’uomo non può essere consapevole di tutto quanto accade intorno, a fronte di una quantità di dati e informazioni sensoriali molto elevata.
Di fatto il sistema cognitivo umano è un sistema limitato, cioè che possiede una quantità di risorse limitate per l’elaborazione delle informazioni. In tal senso, l’attenzione si può ricondurre all’insieme di meccanismi e processi che consentono di focalizzare le proprie risorse mentali su alcuni stimoli o informazioni a scapito di altri, determinando ciò di cui siamo coscienti in un dato istante.
La psicologia dell’attenzione ha come obiettivo lo studio dei processi attentivi attraverso l’utilizzo di specifici paradigmi sperimentali, tecniche e strumenti. Accanto agli studi di neuroimaging, che mirano a identificare l’attività cerebrale in relazione ai processi attentivi, in letteratura si ritrovano anche tecniche tradizionali ancora utilizzate.
Ad esempio, è possibile studiare il comportamento di soggetti chiamati a svolgere determinati compiti attentivi in laboratorio misurandone i tempi di reazione (TR). Il tempo di reazione è la quantità di tempo che intercorre tra la presentazione di uno stimolo e l’emissione di una risposta.
Maggiore è il tempo che intercorre tra stimolo e risposta, maggiore è l’elaborazione richiesta. Alcuni paradigmi sperimentali sono invece finalizzati ad indagare la relazione tra attenzione, percezione di oggetti o eventi e coscienza.
Quando si parla di efficacia nelle prestazioni, è importante fare riferimento alla teoria dell’arousal, inteso come stato globale di attivazione dell’individuo che può variare dal sonno all’eccitazione diffusa.
L’attenzione è una funzione che si correla con il livello di globale attivazione. La relazione tra livello di attivazione, vigilanza ed efficienza nell’eseguire compiti o prestazioni è rappresentata da una curva ad U invertita.
A bassi livelli di attivazione l’individuo si distrae facilmente (con effetti negativi in termini di efficacia nel compito), mentre, parimenti, a livelli eccessivi di attivazione l’ansia impatta negativamente sulla prestazione (Teoria di Yerkes e Dodson).
Secondo la teoria di Yerkes e Dodson, sia livelli troppo basi che troppo elevati del livello di attivazione aumenterebbero anche la distraibilità e un deterioramento nelle prestazioni.
5 Tipi di attenzione
L’attenzione è una delle funzioni più complesse del cervello. È una funzione che ci permette di filtrare gli stimoli, di elaborare le informazioni e di concentrarci su un obiettivo. Per tutto questo, il lobo frontale ha bisogno di integrare le informazioni provenienti da tutto il resto del sistema nervoso.
Questo processo si verifica a diversi livelli che dipendono dall’interazione con l’ambiente. Le caratteristiche di un’azione e ciò che comporta determineranno il tipo di attenzione che metteremo in gioco.
Come già detto, essa si produce a diversi livelli, con caratteristiche ben distinte. Per questo motivo risulta fondamentale il concetto di orientamento, ovvero la coscienza di noi stessi in relazione al nostro ambiente circostante.
Il tipo di attenzione messa in atto dipenderà dunque dal livello di coscienza e dall’attivazione richiesta per generare una risposta.
Attenzione selettiva
Per attenzione selettiva si intende la capacità di concentrarsi su uno stimolo target escludendo gli altri, sul solo oggetto di interesse, e di elaborare in modo privilegiato le informazioni rilevanti per il raggiungimento di uno specifico scopo. L’informazione a cui si presta attenzione viene selezionata ed elaborata in maniera più efficiente, ha accesso alla coscienza e guida la risposta.
Di fronte a un ambiente complesso e ricco di stimoli, l’individuo per raggiungere uno scopo e attuare un comportamento dovrà essere in grado di selezionare alcuni di questi stimoli-oggetti e trascurarne altri.
Attraverso l’attenzione selettiva e spaziale il fuoco dell’osservazione è rivolto a una porzione delimitata dello spazio e alcuni stimoli che ricadono entro il fuoco dell’osservazione sono considerati come rilevanti e raggiungono il livello di coscienza.
Un tipico esempio è il fenomeno del cosiddetto “effetto cocktail party” in cui si riesce a prestare attenzione ad una sola conversazione nonostante ve ne siano molte altre che potrebbero interferire: nonostante le emissioni sonore provenienti dai diversi invitati siano colte dai recettori acustici, l’individuo seleziona e analizza solo quelle provenienti da alcuni interlocutori escludendo tutte le altre.
Attenzione focalizzata
Questo tipo di attenzione si basa sulla capacità di rispondere a un determinato stimolo. Ciò richiede che il soggetto ignori gli altri stimoli che lo circondano. Per riuscirci, è necessario un alto livello di allerta e di attivazione.
Quando una persona è molto stanca perché è rimasta in stato di allerta a lungo, non può più ignorare il resto degli stimoli con la stessa efficacia, essendo più “vulnerabile” alle distrazioni.
Attenzione sostenuta
L’attenzione sostenuta viene impiegata in compiti che richiedono una concentrazione prolungata. Si tratta dell’abilità di persistere in un’attività cognitiva.
Per esempio, se il compito è quello di studiare per un esame, avremo bisogno di leggere un libro e di elaborare le informazioni per diverse ore. In molti casi, la ricompensa non è immediata, motivo per cui questo tipo di attentività ha diversi ostacoli:
- Motivazione.
- Fatica.
- Noia.
- Sinteticità del compito.
Attenzione divisa
Il nostro cervello è talmente straordinario da permetterci di svolgere due compiti anche contemporaneamente. Ora, sebbene questi compiti non possano richiedere uno sforzo eccessivo, è necessario suddividere le risorse dell’attenzione, in modo da poter rendere al meglio in entrambi.
Questa capacità è limitata, visto che man mano che le due fonti di informazioni simultanee aumentano le pretese, la risposta si deteriora. Per esempio, quando abbiamo bisogno di scrivere e di ascoltare allo stesso tempo, di guardare e interagire con un professore, usiamo l’attenzione divisa.
Attenzione alternata
Ovvero l’aspetto dell’elasticità mentale che più salta all’occhio, intendendo quest’ultima come la capacità di spostare il fuoco dell’attenzione e di muoversi su piani ben distinti.
Un esempio ben chiaro si ha quando stiamo preparando un piatto piuttosto complesso che richiede di lavorare su ciascun ingrediente in momenti separati. Per riuscirci, dobbiamo passare da un compito a quello successivo senza dimenticare quanto appena fatto, in quanto in pochi secondi torneremo al precedente.
La cecità attenzionale
La percezione cosciente è guidata dalla nostra attenzione. Circa il 50% delle persone, quando si concentra su un compito, non ha percezione degli eventi inattesi che sono invisibili finché non vengono fatti notare esplicitamente. Questo fenomeno si chiama “cecità attenzionale” ed è un fenomeno cognitivo.
È come se l’attenzione, e di conseguenza la percezione, assomigliasse a una grossa torcia che utilizziamo per mettere a fuoco gli oggetti che ci interessano nel mondo che ci circonda. Il fascio di luce, che può essere allargato o concentrato, ci permette di percepire consapevolmente su quali oggetti viene posto maggiore interesse. L’area illuminata è a fuoco, mentre ciò che si trova ai margini del cono di luce è visibile ma poco definito. Infine, il resto degli stimoli sensoriali viene ignorato ed escluso dalla percezione.
Di solito dirigiamo l’attenzione in maniera volontaria sugli stimoli per cui proviamo maggiore interesse, ma essa può essere anche attratta in maniera non intenzionale e parzialmente inconsapevole da alcune specifiche tipologie di stimoli sensoriali, come ad esempio i contrasti e le discrepanze.
Per esempio, la comparsa di un mutamento alla periferia del campo visivo, come un cambiamento di luminosità o di colore, un movimento inatteso o la presenza di un oggetto inaspettato, richiama immediatamente l’attenzione sullo stimolo, al fine di controllare velocemente se non ci sia qualcosa da cui difendersi o qualcosa di cui beneficiare, come quando si schiva istintivamente un ostacolo o si afferra un oggetto al volo.
Quando però siamo molto concentrati su un compito o un oggetto, la nostra facoltà innata di percepire gli stimoli involontari si riduce drasticamente e sembriamo “ciechi” alla presenza di oggetti ed eventi che non sono direttamente correlati all’oggetto della nostra attività primaria.
Un esempio di cecità
Un esempio di cecità attenzionale lo si può dedurre seguendo il video qui sotto che è stato oggetto di studio nell’esperimento di Dan Simons, psicologo dell’Università dell’Illinois.
Quello che devi fare mentre osservi la scena è contare il numero di passaggi della palla dei giocatori con la maglietta bianca. Ma fai molta attenzione perché non è semplice come sembra seguire tutti i passaggi e la maggior parte delle persone sbaglia il conteggio.
Hai contato il numero dei passaggi dei giocatori con la maglietta bianca? Quanti sono?
Ora che hai indovinato il numero dei passaggi ti sei accorto del gorilla?
Quando concentri l’attenzione su qualcosa, tutto quello che esce dall’attenzione non viene registrato, si perde al livello cognitivo. Mentre eri concentrato a seguire i passaggi della palla non ti sei accorto del gorilla che è entrato, è passato in mezzo ai giocatori si è battuto il petto guardando la telecamera e se n’è andato.
Prova a rivedere il video ti accorgerai di come una cosa così evidente come un gorilla è stata completamente esclusa dalle tue percezioni.
L’importanza del controllo
L’attenzione non è un processo unico e selettivo; la maggior parte dei compiti richiedono l’azione congiunta di diversi tipi di attenzione.
Il controllo o la capacità di alternare e di utilizzare con efficacia i diversi tipi di attenzione, dipenderà da altre funzioni esecutive, tra cui le più importanti sono:
- Memoria: molti compiti richiedono il recupero di materiale nella memoria a lungo o a breve termine, per cui è richiesto un buon livello di attenzione.
- Pianificazione. Talvolta è richiesta l’azione congiunta e pianificata di molti compiti, che bisogna mettere in ordine ed eseguire in modo efficiente.
- Inibizione. Ovvero la capacità di inibire, di filtrare e di controllare gli stimoli sensoriali che non corrispondono all’azione che si sta cercando di realizzare.
L’attenzione è una funzione cerebrale complessa e che ha avuto un ruolo speciale nella nostra evoluzione e nel nostro sviluppo in quando specie. Inoltre, è un’abilità che va allenata e protetta, visto che qualunque danno alle aree menzionate può provocare indicibili passi indietro.
Se vuoi rimanere aggiornato seguimi sulla mia pagina Facebook.