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27/07/2018L’acqua è da sempre amica dei bambini.
Ne hanno un felice ricordo di quando stavano nel grembo della madre, avvolti in un liquido caldo e rassicurante, ed il contatto con tale elemento li riporta a quei momenti piacevoli, perciò per loro stare in acqua è rilassante e distensivo, inoltre è un ottimo ricostituente fisico in quanto favorisce lo sviluppo psico-motorio.
Scoprendo il mondo con una prospettiva diversa, quella sott’acqua appunto, sviluppa la loro curiosità e la capacità di elaborare emozioni e comprensioni del mondo circostante, in pratica si può dire che li rende più intelligenti e più empatici.
Per far sì che non si interrompa l’idillio è opportuno buttarli in acqua al più presto, sin da piccolissimi, senza temere che anneghino, perché un bimbo sa nuotare e rimanere in apnea già prima di nascere, quindi è un comportamento che già conoscere, deve soltanto riscoprirlo ad occhi aperti e in un contesto nuovo.
Per quei genitori che temono che il piccolo andando sotto possa soffocare gli esperti li rassicurano: quando il bambino mette la testa sotto l’acqua non “beve” perché interviene un meccanismo istintivo d’apnea che fa chiudere l’epiglottide e non consente all’acqua di passare.
L’acquaticità dei piccoli
In genere i corsi acquatici neonatali non vengono nemmeno chiamati corsi dagli esperti, in quanto il bambino ha l’istinto all’acquaticità naturale ed innato in lui.
Infatti, non gli viene insegnato a nuotare, ma semplicemente a ricordare il momento in cui era avvolto dal liquido amniotico, e quindi a continuare quel rapporto con l’elemento liquido di un bagno o di una piscina o del mare.
Il neurologo Erik Sindenblahd afferma che “l’adulto ha imparato a nuotare, il neonato non l’ha mai dimenticato”.
Nuovi studi medici e psicopedagogici dimostrano che l’elemento “acqua” è fondamentale nello sviluppo psicofisico ed emozionale del neonato.
Non si tratta quindi soltanto di far nuotare da subito un bambino piccolo, per evitargli la fatica di imparare il nuoto da grande e quando magari si sarà già instaurata la fobia dell’acqua.
Si tratta invece di fornirgli una condizione eccellente momentanea, per agevolare anche il suo atteggiamento positivo alla vita e il consolidarsi della sicurezza di sé.
I benefici dell’acqua
L’acqua è una carezza per la pelle e per i recettori del corpo, quando tale elemento scivola intorno al corpo del bambino stimola le sensazioni trasmesse dal tatto e rafforza la sensazione di essere una unità distinta e diversa dall’acqua, quindi definisce meglio quel “sé” che in lui sta iniziando a formarsi.
Quando l’acqua avvolge il suo corpo nella sua interezza, e lo fa in modo continuativo, fornisce un messaggio chiaro e netto della sua esistenza, dell’essere al mondo.
Questo perché il neonato possiede una saggezza ancestrale di ciò che ha vissuto, anche per quel periodo in cui non aveva le funzioni ed i recettori, o il cervello completamente formato per la comprensione.
Si tratta in pratica di una conoscenza interiore, data dal sesto senso, dal senso innato ed inconscio che abbiamo tutti noi.
Il nuoto neonatale
Nessun neonato dimentica che fino a poco tempo prima ha vissuto una condizione di apnea totale nel ventre materno, lo farà più in là crescendo.
Quindi, un neonato, in modo spontaneo e naturale, compie gesti e movimenti che lo tengono perfettamente a galla, e soprattutto non beve.
Il nuoto neonatale permette al bebè di:
- ottenere uno stimolo alle sue emozioni e percezioni
- scoprire nuovi schemi di postura
- acquisire un maggior controllo della respirazione
- rafforzare il rapporto con i genitori attraverso la comune esperienza
- creare tra lui e l’acqua una relazione tale per cui questa poi diventi una sorgente di stimoli per il suo sviluppo psico-fisico
- aumentare la fiducia in se stesso e la capacità di apprendimento
- favorire l’indipendenza in preparazione ad un futuro corso di nuoto
- rassicurare il rapporto con l’ambiente esterno
L’apnea neonatale
L’apnea non è solo l’arresto volontario o involontario della respirazione ma, se inquadrata in una cornice più ampia, può divenire un viaggio dentro sé stessi alla ricerca di quella serenità interiore che tutti vorrebbero ritrovare.
Tra i “viaggi” più affascinanti che il genere umano può vivere, quello dello sviluppo dell’embrione e poi del feto nel liquido amniotico è uno dei più interessanti.
Artefice della nascita e dello sviluppo della vita intrauterina è la donna, che attraverso una costante mutazione fisiologica, si rende protagonista di un percorso straordinario, non privo di difficoltà al quale è necessario dedicare momenti di assoluto benessere psicofisico.
Questo benessere è facilmente perseguibile con un’attività acquatica, poiché l’acqua rappresenta, sia allegoricamente che realmente, l’oceano primordiale da cui ha origine la vita, in quanto dà protezione prima al germe vitale, poi all’embrione e quindi al feto.
Inoltre, questo liquido, essendo in continuo movimento, culla il nascituro con un ritmo regolare, esattamente come l’ondeggiare del mare, e trasmette tutti i messaggi più intimi dell’animo materno.
In particolare, l’immersione stimola la percezione sensoriale del corpo indirizzandola verso una dimensione di benessere: in acqua si avverte subito una sensazione di leggerezza, a causa della diminuzione degli effetti della forza di gravità, e i movimenti diventano più armoniosi.
Durante la gravidanza
Per la donna gravida le brevi apnee sono propedeutiche per una maggiore introspezione e benessere.
In questi momenti la mente controlla il corpo e, nel caso specifico, controlla l’apnea che è eseguita dalle gestanti con impegno al fine di percepire il corpo e le sensazioni positive che dona l’apnea.
L’apnea riporta la mente alla perfetta quiete del feto nel liquido amniotico e permette alla futura mamma di immedesimarsi nella stessa condizione del suo bambino che porta in grembo: questo la fa sentire più vicina al piccolo che deve nascere ed ha un prezioso effetto di distensione e rilassamento.
Nel “viaggio” che la donna attraverso l’apnea compie dentro di sé è accompagnata ininterrottamente dalla presenza del suo bambino, che cresce circondato da numerosi rumori emessi dal corpo della sua mamma: movimento in acqua, inspirazione, espirazione, digestione, battito cardiaco e tutti i suoni emessi dalle corde vocali.
Il bambino prenatale non è quindi un essere passivo, ma attivamente partecipa con la madre a tutte le situazioni che questa gli propone, anche quelle acquatiche, prova delle emozioni ed è intimamente coinvolto nel mondo affettivo e relazionale della madre e del padre.
L’acqua e il mondo
L’esperienza così ricca dei pochi attimi di apnea non è fantasticamente curiosa ed interessante solamente durante la gravidanza e nella vita prenatale, ma continua e si arricchisce di nuovi significati anche nella vita neonatale.
Il bambino che attraverso il proprio corpo prende contatto con il mondo è molto stimolato dall’acqua, allo stesso modo è affascinato quando si trova immerso in quel “mondo acquatico” quando ancora non cammina: può girare e muoversi ricevendo sensazioni per lui inusuali come il sentire il suo corpo dondolato.
Il piccolo inizia, così, a prendere sempre più confidenza con questo nuovo “sentire” e diviene sempre più rilassato.
Con la pratica sia del neonato che dell’adulto, che lo inizia in questa esperienza, anche l’immersione del viso – con gli occhi aperti, con la bocca aperta – risulta naturale; la vicinanza del genitore dà sicurezza e incoraggia il neonato a fare qualcosa di naturale ma al tempo stesso straordinario.
Nel tempo che precede l’immersione è importante aiutare il bambino a raggiungere una situazione di sana eccitazione: l’apnea provoca infatti una situazione di fisiologica bradicardia che permette una maggior per fusione di sangue agli organi vitali e ottimizza il consumo di ossigeno.
Il riflesso apneico risulta infatti mediato da diversi nervi, la respirazione per esso utilizzata è diversa da quella naturale: si tratta principalmente di una inspirazione boccale e di una espirazione naso-boccale.
Il nuoto della vita
Quanto sia fondamentale questo atto nell’insegnamento della didattica del “nuoto delle prime fasi della vita” è fuori dubbio, ed è quindi importante poter sviluppare subito questa capacità imprescindibile, a maggior ragione pensando che nei neonati è già presente un riflesso d’apnea che, se opportunamente stimolato, dà benefici.
I piccoli neofiti, se immersi, non bevono o bevono pochissimo, e questo grazie alla chiusura involontaria della glottide, che resta aperta durante la normale respirazione e permette il passaggio dell’aria.
Questo costituisce il motivo principale del favorire le immersioni dei più piccoli prima dei sei mesi di vita, senza aspettare gli otto mesi, periodo nel quale il bambino raggiunge un maggior grado di consapevolezza e si trova al centro della fase di separazione dalla madre, caratteristica del secondo periodo di esogestazione, per cui in una situazione ancora più critica dal punto di vista affettivo e psicologico.
In generale, per poter stare con tranquillità in acqua, rilassati e senza respirare, non occorre avere dei gran polmoni, ma più semplicemente occorre lasciarsi andare alla spontaneità e naturalezza delle proprie emozioni, dei pensieri, delle reazioni fisiche e dell’influenza che le une hanno sulle altre come ci insegnano i neonati.
Quando ciò accade si penetra in un mondo sospeso, in cui si sperimenta la sensazione di essere in equilibrio, senza cioè aver bisogno di nulla: di respirare, di muoversi, di pensare, di ‘fare’.
La vita ci attraversa pacificamente. Paradossalmente, ci si riscopre vivi proprio in una condizione di immobilità e stasi che, apparentemente, è la negazione di ciò che, proprio per sentirsi vitali, facciamo tutti i giorni.
I benefici dell’apnea
Certo, senza respirare si può stare solo per pochi minuti, se si è bravi; ma non è il tempo che conta.
Il benessere provato anche solo per pochi secondi ha il potere di dilatarsi con il ricordo, ed il sapere che esiste una condizione di serenità possibile, e che ognuno ha dentro di sé gli strumenti per poterla ricreare a proprio piacimento, ha un potere dirompente.
Il neonato tutto ciò lo fa in maniera inconsapevole, ma attua un meccanismo simile.
Nell’apnea si deve imparare ad essere attenti ai segnali che il corpo ci invia e saperli leggere: a tal fine occorre sviluppare l’attenzione.
Al tempo stesso dobbiamo coltivare la nostra immaginazione, non solo perché questa influenza profondamente e rapidamente lo stato emotivo di ogni persona, grande o piccola, ma perché rappresenta la risorsa fondamentale a cui fare riferimento ogniqualvolta non si riesce a procedere oltre con l’aiuto della razionalità.
L’adulto deve recuperare spontaneità e tornare a dare valore ai collegamenti tra pensiero, parola e corpo, perché solo le cose genuine nascono libere da condizionamenti e sono perciò libere di espandersi senza limiti e confini.
Dall’altro lato deve però imparare anche ad autocontrollarsi e limitarsi, non solo perché l’affrontare qualsiasi problema richiede innanzitutto distanza e razionalizzazione, ma anche perché solo un animus unificato permette il compimento di azioni che non risultino soprattutto in acqua un rammendo, ma un lavoro che porta a risultati efficaci fuori dal tempo.
Non a caso, nell’affrontare l’interessantissimo tema dell’apnea acquatica, vengono fatti tanti tantissimi richiami a comportamenti che sono propri dei bambini ai primi anni di età, quando le emozioni, i gesti del corpo e le reazioni, sono naturali e spontanei, non sono ancora fatte passare al vaglio della razionalità e del giudizio, nostro ed altrui.
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