
I bambini tardivi
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24/04/2017I parlatori tardivi sono bambini che ritardano la loro capacità di linguaggio.
Si tratta di bambini tardivi che acquisiscono le loro competenze un po’ più tardi dei loro coetanei.
Non esiste una legge tassativa sui tempi prestabiliti per imparare a camminare, a stare in piedi o a parlare, ogni bambino lo fa quando si sente sicuro o quando percepisce che è arrivato il momento per farlo.
Tantomeno il ritardo motorio o linguistico dei tardivi avrà alcuna influenza sulla loro crescita evolutiva, sia fisica che cognitiva.
Come qualsiasi altra abilità, anche la comunicazione va educata ed il miglior sviluppo possibile si ha quando il bambino sente di avere una giusta collocazione in mezzo agli altri.
Attraverso un coinvolgimento diretto acquisisce competenze comunicative e linguistiche partendo da esperienze significative; tali esperienze sono inizialmente collocate ai suoi bisogni primari, come chiamare la mamma perché ha fame, ha bisogno di essere pulito o si sente solo.
Le esperienze con tempo diventano sempre meno collegate ai bisogni primari e diventano invece il bisogno di entrare in contatto con l’ambiente esterno, coi genitori e gli altri adulti della famiglia, o con gli amichetti con cui si trova a giocare.
Competenza fonologica
Il bambino impara prima le parole, ascoltando i suoni e cercando di ripeterli, e poi impara ad associare tali suoni a degli eventi particolari, come per esempio chiamare mamma la farà accorrere, dire pappa significherà ricevere da mangiare, ecc.
Soltanto successivamente utilizza i suoni delle prime parole per formarne delle nuove, tale capacità viene definita competenza fonologica.
Questo spiega perché, talvolta, alcune consonanti sono prodotte correttamente in una parola e non in altre, ed anche perché, per intervenire sulla pronuncia di un bambino, è necessario che egli abbia un vocabolario sufficientemente esteso.
Dopo i tre anni circa il bambino struttura il suo sistema fonologico e, con grande creatività, produce progressivamente suoni nuovi e sequenze sempre diverse fino a raggiungere la produzione adulta corretta.
Non tutti i suoni raggiungono la maturità articolatoria con la stessa rapidità: le vocali, che nella lingua italiana sono piuttosto semplici, sono acquisite velocemente; al contrario, i dittonghi con più difficoltà, le parole contenenti una combinazione plurima, come “gl” “scr” “gn” “str”, di consonanti sono le ultime,
Fra le consonanti, sicuramente quelle bilabiali, come la “p”, “b” e “m”, sono le prime a comparire, tuttavia le difficoltà ad articolare una consonante non dipendono solo dal suono in se stesso, ma anche dalla posizione in cui si trova all’interno della parola e dai suoni che lo precedono e lo seguono; ad esempio, il bambino potrà dire “atte” per “latte”, omettendo quindi la consonante “l” ad inizio di parola, ma articolarla correttamente all’interno di un’altra parola come ad esempio “palla”.
Questa fase dello sviluppo è assolutamente imprevedibile ed individuale, ciò implica una grande variabilità tra i bambini, compresi quelli tardivi.
Apprendimento del linguaggio
Durante l’apprendimento del linguaggio è molto importante valutare non solo la quantità di parole che il bambino dice ma, soprattutto, come vengono usate.
Infatti all’inizio della verbalizzazione le parole sono utilizzate unitariamente all’azione compiuta, ad esempio il bambino dice “pappa” mentre mangia o mentre gioca con il cucchiaio.
In seguito, la parola anticipa o ricorda un’azione: esempio “palla papà” può indicare una richiesta come: “papà andiamo a giocare a palla?” o può definire un avvenimento quale: “sono andato a giocare a palla con il papà!”.
Successivamente il bambino si serve delle parole anche fuori del loro contesto abituale. Ad esempio il bambino dice “papà”, indicando le scarpe del genitore che in quel momento non c’è può significare che quelle che vede sono le scarpe del suo papà.
Percorso dei bambini
Esiste un percorso, comune ad ogni bambino, nell’ambito del quale possono essere identificate delle età di riferimento:
3-5 mesi
Il bambino utilizza pianti, gorgheggi, sorrisi, gridolini, ma ancora in modo non intenzionale; in tale fase l’adulto gioca, imitando il bambino, ed il bambino tenta di imitare l’adulto in un primo gioco di scambio comunicativo.
6-8 mesi
Il bambino inizia ad esercitare gli organi articolatori e uditivi, giocando con i primi suoni della lingua. È il periodo della lallazione, in cui produce sequenze di sillabe tipo: “da-da-da” e “la-la-la” per il solo piacere di ascoltare la sua voce ed imparare a riconoscerla da quella dei genitori.
9-12 mesi
Il bambino incomincia ad indicare, mostra oggetti, li dà in mano ai genitori; ancora non è in grado di usare le parole ma i gesti esprimono un pensiero specifico e tramite essi incomincia a comunicare coi grandi.
12-16 mesi
Intorno all’anno il bambino comincia a pronunciare le prime parole, diventa ancora più esperto nell’utilizzare i gesti che diventano delle vere e proprie espressioni rappresentative: ad esempio fa ‘no’ con la testa per dire che una cosa non c’è o non la vuole, apre le braccia per dire che la cosa ‘non c’è più’, fa il verso del pesce con la bocca imitando un pesciolino visto in tivù.
16-18 mesi
Il bambino capisce che tutte le cose hanno un nome, impara velocemente delle nuove parole ed ancora usa parole e gesti insieme per comunicare, i secondi infatti servono per completare le parole descrivendo l’azione.
18-24 mesi
Il vocabolario del bambino è di 50 o più parole, adesso riesce ad associare due o più parole per raccontare o descrivere ciò che sta vivendo ed esprime concetti più complessi.
2-3 anni
Le sue frasi sono costruite meglio, il vocabolario si diversifica, usa aggettivi, verbi, a volte coniugandoli correttamente.
3-4 anni
Il bambino inizia ad usare parole astratte , quali: pronomi, preposizioni, aumenta anche la comprensione del linguaggio nelle attività quotidiane, l’acquisizione della grammatica e dell’uso dei suoni del linguaggio è ora completata, d’ora in avanti ci sarà solo un progressivo incremento del lessico e un affinamento nell’organizzazione sintattica delle frasi.
Può succedere, però, che in alcuni casi, sotto l’influenza di diversi fattori, il linguaggio del bambino non si sviluppi armoniosamente e seguendo i tempi sopra indicati, come nel caso dei parlatori tardivi.
Le cause che influenzano tale tardività possono essere:
Organiche: perdite uditive, sindromi genetiche, epilessie, lesioni cerebrali,
Non organiche: problemi emotivo-relazionali importanti, disagi famigliari, situazioni traumatiche non superate, eventi critici,
Non accertabili: disturbi che riguardano specificatamente il linguaggio, in assenza di patologie fisiche evidenti.
Segnali di rischio per i tardivi
Il primo segnale che induce un sospetto di scompenso dell’apparato uditivo, nei bambini che si mostrano tardivi nel parlare, è il notare che il bambino sin dai primi giorni di vita non reagisce ai suoni.
Altri segnali che possono indicare la presenza di diverse patologie possono essere i seguenti ritardi cronici, senza miglioramenti quali:
- assenza lallazione a 9 mesi;
- tra i 18 e i 24 mesi non dice alcuna parola;
- dopo i 2 anni non esegue semplici comandi verbali;
- ad ogni età ha una voce strana e sgradevole.
In tali casi è necessario un controllo tempestivo dallo specialista, esempio un neurologo infantile o un logopedista, che possa accertare le cause del ritardo patologico.
Quanto tardivi
La percentuale di bambini tardivi con un forte ritardo linguistico a due anni oscilla tra il 9% e il 17% con una prevalenza di maschi rispetto alle femmine.
I bambini tardivi nel linguaggio vengono, in genere, identificati con questo criterio: producono meno di dieci parole diverse (nella fascia di età 18-23 mesi) o producono meno di 50 parole diverse e nessuna combinazione di almeno due parole (nella fascia di età di 24-34 mesi).
L’ampiezza del lessico di produzione dei tardivi viene in genere stabilita attraverso un questionario fornito ai genitori ed un esame diretto del clinico.
Se si tratta di un mero ritardo linguistico dovranno essere escluse ulteriori cause derivanti da fattori cognitivi, percettivi, neurologici, è anche importante stabilire se il bambino abbia una comprensione lessicale buona.
Vengono definiti tardivi i ‘bambini che parlano tardi’, in inglese i Late Talkers, solo quei soggetti che sono più lenti nel parlare, ma che hanno un normale sviluppo intellettivo e socio-affettivo, e che non hanno alcun apparente danno neurologico.
Una comune caratteristica dei bambini tardivi nel linguaggio è un forte ritardo fonologico che si accompagna al ritardo nella produzione lessicale.
Per molti bambini tardivi il ritardo linguistico sembra risolversi nell’età prescolare tra i 4 e i 5 anni, ma per alcuni il ritardo si prolunga, in tal caso può trattarsi di un Disturbo Specifico del linguaggio, un Disturbo Specifico dell’Apprendimento, un Disturbo Specifico di lettura o Dislessia, un Disturbo Specifico di comprensione del testo scritto, un Disturbo Specifico del linguaggio, oppure altre patologie o deficit che devono essere accertati con esami clinici specifici.
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2 Comments
Mia nipote di 3 anni parla con parole incomprensibili e ho tanta paura che soffra di un problema grave.
Cosa posso fare per aiutarla..?
Ci sono metodi che posso usare per sbrogliare questa emissione continua di parole e frasi i comprensibili..?
Per dire si fa solo sss… Sono tanto in pensiero..
Se la difficoltà è proprio nell’articolare chiaramente le parole le consiglio una visita ed un percorso con un o una logopedista, vedrà che pian piano l’aiuteranno a risolvere il problema.
Non si allarmi, capisco la sua preoccupazione però solitamente sono situazioni che con un po’ di terapia si risolvono spesso anche completamente
Ma non perda tempo, sopratutto in visione dell’approsimarsi dell’età scolastica.
Marilena