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21/11/2018I social possono indurre la depressione.
Diverse ricerche hanno studiato la correlazione tra il disturbo della depressione e l’influenza che può avere l’uso di essi, spesso ossessivo, di tutti i social, non solo rispetto ai più giovani ma anche su quelli meno giovani che si ritrovano a vivere buona parte del loro quotidiano su queste piattaforme virtuali.
Da sempre, per chiunque, i social network sono un diversivo, un diletto, un modo per creare relazioni, per mettersi in contatto con persone non facilmente raggiungibili, per esprimere le proprie idee o per mettersi in mostra.
Molte persone socializzano e si incontrano solamente sui social, interagiscono col mondo intero per mezzo di questi strumenti di connessione mondiale, facendo del diversivo la loro abitudine quotidiana col rischio di isolarsi dalla realtà più concreta.
È innegabile il vantaggio che procura alla nostra vita quotidiana, ma come ogni cosa va utilizzata nel giusto modo onde evitare quegli effetti negativi del lato oscuro dell’abuso di internet.
Ormai i social media sono parte integrante della vita dei giovani e degli adulti, indipendentemente dal fatto che ne abbiano effettivamente bisogno per rimanere in contatto con amici e parenti lontani, per lavorare, per fare amicizia, col rischio però di non riuscire più ad avere una vita relazionale normale.
L’abuso dei social
Alcuni studiosi sulla ricerca delle cause scatenanti la depressione, sempre più in aumento nei giovanissimi, si sono chiesti quale sia la correlazione tra questa patologia, o comunque la condizione sintomatica di una instabilità umorale cronica e persistente, e l’uso eccessivo dei social.
Il motivo della ricerca sta nel voler individuare se l’uso eccessivo dei social, e delle varie piattaforme disponibili, possa essere un fattore scatenante la depressione o renderla più grave quando è già in una fase latente o lieve.
Questo studio, pubblicato sulla rivista “Depression and Anxiety”, ha evidenziato come l’uso prolungato dei social possa causare il disturbo depressivo, arrivando persino a richiedere un intervento delle autorità, in cooperazione delle varie piattaforme, per impedire che il problema si allarghi a dismisura, prevedendo che a questi ritmi possa diventare la principale causa di disabilità nei paesi del primo mondo entro il 2030.
La condizione allarmante non è di poco conto se si considera che per disabilità si intende quella condizione del soggetto che lo rende impedito nelle sue capacità più semplici, come occuparsi della propria persona, di riuscire a lavorare o a studiare adeguatamente, a prepararsi del cibo in modo da non cadere nell’anoressia.
I risultati dello studio
Lo studio in questione è stato fatto su una campionatura di 1787 giovani americani, con un’età corrispondente tra i 19 e i 32 anni.
La media dei partecipanti dichiarava di utilizzare i social media circa 61 minuti al giorno e di visitare vari account 30 volte a settimana, e non per motivi lavorativi o di studio, ma solo per puro intrattenimento.
Inoltre, più di un quarto è stato classificato come ad alto rischio di depressione per i sintomi già evidenziati o per avere delle condizioni predisponenti, considerata tale anche la condizione genetica se in famiglia vi erano già stati dei casi di depressione conclamata.
Si è tenuto conto inoltre anche di diversi fattori come il sesso, l’etnia, le relazioni interpersonali, lo stipendio e il livello d’istruzione.
Dato che il motivo che spinge le persone a cercare compagnia o relazioni, anche non di tipo affettivo, sui vari social, è possibile che chi sia già affetto da depressione possa utilizzare i social per colmare la loro sensazione di vuoto e di solitudine, senza dover uscire di casa e senza doversi relazionare direttamente con gli interlocutori, cosa che il depresso non ama fare.
La ricerca ha evidenziato come questo bisogno affettivo colmato coi social possa essere la causa scatenante dell’aggravamento della patologia, in quanto estranea sempre di più il soggetto da una vita reale buttandolo in una vita totalmente virtuale, dove addirittura può scegliere di seguire gruppi con finalità autolesionistiche o per confermare od aggravare la sua condizione clinica depressiva.
Non è certo un mistero che nei social vi sono i gruppi di sostegno che sono un valido aiuto per la guarigione, ma troppi sono i gruppi dove questa malattia viene fomentata, stimolata, dove addirittura si consigliano i farmaci ed il dosaggio degli stessi, indipendentemente da un consulto medico, con effetti devastanti su tutti coloro che si affidano a consiglieri simili.
Ed è questo sistema che andrebbe bandito, a cominciare da una politica concreta da parte delle varie piattaforme, che spesso hanno interessi economici in totale conflitto con la salute sia fisica che mentale degli utenti.
La paura di perdersi
Da quando la comunicazione, l’interazione, la condivisione, l’informazione e lo scambiarsi idee e spunti di vita è stata affidata quasi esclusivamente alla varie piattaforme sociali, come dimostrano i dati statistici relativi agli adolescenti ed ai preadolescenti, è diventata una dipendenza a tutti gli effetti da cui è difficile staccarsi.
Quindi, per chi è dipendente, rimanere connessi e collegati ai social, in maniera costantemente, è diventata una priorità vitale.
Staccare il cellulare per qualche ora, se non addirittura minuti, per queste persone appare impensabile.
Vi sono stati dei casi, particolarmente gravi, dove anche solo qualche minuto di sconnessione scatena dei veri e propri attacchi di panico, o il non poter immortalare un momento in piscina, in casa o in bagno (la stanza più gettonata) o soltanto la propria immagine (forme narcisistiche) per chi è dipendente dal network è una cosa impossibile, un pensiero inaccettabile.
Una privazione che crea condizioni di panico e crisi nevrotiche tipiche dello stato di astinenza da sostanze.
La FOMO dipendenza
Questa dipendenza è stata definita FOMO acronimo di fear of missing out che significa: un fattore che genera panico, ansia, paura, disperazione, una vera e propria “fobia della disconnessione” e della mancanza dei social.
Questa fobia rappresenta la paura di rimanere esclusi, di non essere considerati, di non avere valore, importanza, di non essere riconosciuti come persone, perché il tutto è illusoriamente rimandato alla quantità di Like ricevuti ad ogni foto o post aggiunto in piattaforma.
I dati non fanno che evidenziare quanto un social possa portare ad una vera manipolazione psicologica del soggetto, e quindi alla sua alienazione totale e spersonalizzazione, per diventare il personaggio da postare e che maggiormente attira gli ambiti Like.
Come evitare tutto ciò e ridurre le condizioni patologiche in qualcosa di normale e utile se e quando serve?
Soltanto usando i social alla necessità, per coltivare le amicizie reali, per lavoro, per motivi relazionali o professionali e comunque, quando lo si vuole utilizzare per meri motivi ludici, non superare mai i 30 minuti al giorno, tempo stimato sufficiente dagli studiosi per non cadere nelle trappole dell’abuso.
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