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20/01/2017Il complesso di Antigone è quello della bambina che non vuole diventare adulta.
La storia di Antigone viene narrata nella terza tragedia greca scritta da Sofocle nel 442 a.C., in essa si trova la vicenda che vede di Antigone figlia delle nozze incestuose tra Edipo e sua madre Giocasta e che vive nella città governata dallo zio Creonte.
All’epoca non era così insolito che avvenissero dei matrimoni tra consanguinei, in quanto era ritenuto importante preservare soprattutto la progenia della famiglia e la purezza del sangue attraverso matrimoni tra le persone appartenenti alla medesima famiglia.
Il fatto raccontato da Sofocle, e che da origine al complesso, vede coinvolti i fratelli Eteocle e Polinice, figli di Edipo, che in un duello per avere l’ascendenza sul trono di Tebe si uccidono vicendevolmente.
La storia di Antigone
Antigone, saputo della morte dei fratelli informa Creonte, il nuovo re della città, il quale però se la prende con Polinice, ritenendolo colpevole, e decide di dare regolare sepoltura con onoranze funebri soltanto al corpo di Eteocle, lasciando invece insepolto quello dell’altro figlio di Polinice.
Antigone, mossa a compassione e volendo seppellire il fratello, pur comprendendo che in tal modo avrebbe violato la legge del re, decide di dare comunque sepoltura al cadavere del fratello Polinice, ma durante la cerimonia funebre viene scoperta.
Per aver violato l’ordine del re verrà condannata a vivere il resto dei suoi giorni imprigionata in una grotta.
Un giorno Creonte mosso a compassione decide di liberarla ma scopre che nel frattempo Antigone si era suicidata impiccandosi.
A quella notizia dolorosa si suicideranno anche Emone, figlio di Creonte e promesso sposo di Antigone, e Euridice, la moglie del re.
Creonte rimarrà dunque solo a maledire la propria stoltezza e la crudeltà del suo gesto.
Nella sua tragedia Sofocle mette in luce l’eterno conflitto tra autorità e potere, e le responsabilità ed i rimorsi che questo ruolo provocano, infatti vi erano diversi motivi di pentimento per il Re: il non aver dato sepoltura ad uno dei due duellanti, che era comunque suo figlio, realizzando una disparità di trattamento dei figli, e di aver addossato la colpa soltanto a Polinice.
Inoltre non considera il gesto di compassione e di amore che porta Antigone a seppellire il corpo del fratello, impedendo che si decomponga alla vista di tutti.
Rinchiudendo ingiustamente Antigone in una grotta causerà il suo suicidio che poi porterà alla morte dell’unico figlio rimasto e della moglie.
Da una sua decisione incauta, ingiusta e crudele sarà punito con la privazione di tutti gli affetti.
La ribellione di Antigone
Per Sofocle dunque la legge divina, che porta alla compassione e alla ritorsione del male inflitto ricevendo altrettanto male, prevale sempre sulla legge dell’uomo, perché è più forte e nessun uomo si deve porre alla pari del Dio che ogni cosa comanda.
E questo sapere apparteneva ad Antigone la quale ha dato comunque seguito alle leggi divine seppellendo il fratello, contravvenendo quelle umane del re.
La ribellione di Antigone non riguarda infatti soltanto la mancata sottomissione al re, ma anche alla violazione delle regole sociali, di pari grado nella Grecia antica, per le quali le donne dovevano essere sempre sottomessa e rispettosa della volontà dell’uomo.
La rabbia di Creonte nasce probabilmente non dal fatto di essere stato contraddetto, ma che fu proprio una donna, ritenuta inferiore, a prendersi beffa delle sue indicazioni.
Alcuni studiosi hanno cercato di esaminare il personaggio di Antigone e gli aspetti psicologici che essa rappresenta.
Antigone deve scegliere tra l’osservare il comando dell’uomo-Re e quello della legge divina, che le impone di dare sepoltura al fratello morto, traditore della città ma pur sempre a lei legato dal sangue e dagli affetti.
Colpisce di Antigone soprattutto la fermezza di principi, l’assenza di ripensamenti, la convinzione assoluta di essere nel giusto, la fierezza delle proprie idee, difese a costo della propria vita.
L’altra faccia di Antigone
La psicologia ha analizzato il suo personaggio: essa appare eccessivamente altera, severa, mai dolce, mai pronta alla tenerezza, né con la sorella Ismene, che tra l’altro accusa di essere “figlia degenere di nobili genitori”, né verso l’altro fratello Polinice.
Agisce per dovere, non parla mai apertamente di amore, non ha mai parole di affetto nemmeno per il fidanzato Emone.
Le leggi del tempo non le avrebbero dato molte possibilità di esprimere le sue passioni: la cittadinanza era garantita soltanto ad un gruppo ristretto di famiglie, da qui la necessità del matrimonio incestuoso, era una donna, quindi le era imposto il matrimonio, e le donne erano tenute a generare un certo numero di figli.
Le donne erano inesistenti come persone, non ricevevano istruzione, non avevano alcun ruolo sociale, sottomesse agli uomini servivano solo per la procreazione.
Il gesto di Antigone appare proprio come una sfida alle leggi legali e morali della Grecia di allora.
Ma le sue motivazioni sono diverse dalla rivoluzione e dal dissenso passionario, in quanto agisce soltanto per seguire le regole divine, considerate ai tempi più sacra dello stesso re.
Ella investe ogni azione e comportamento per compiacere le regole impostele dalla famiglia, come quella di sposare suo cugino, e nei legami famigliari investe tutte le sue energie ed azioni.
Antigone mostra un attaccamento alla famiglia d’origine che non permette l’espressione di altri possibili aspetti della sua personalità.
Ed è questo aspetto che la psicologia ha usato per descrivere il complesso che porta il suo nome.
L’opinione della psicologia
Valutato il racconto esposto da Sofocle, ed analizzati i comportamenti di Antigone, si nota che questa non ha realizzato nessun gesto eroico o coraggioso od indomito, ma anzi è vero il contrario.
Da questa punto di vista Antigone non è più eroina, ma è una donna classica, che subisce il suo destino così come le è stato imposto, con un’identità femminile inevitabilmente legata al suo essere figlia di un padre scomodo.
La psicologia vede dunque una giovane donna incapace di fare delle scelte difformi da quelle morali della sua società.
Nonostante appaia all’esterno come una donna sicura e indipendente, desunte dalla freddezza nei rapporti affettivi, in realtà è incapace di intraprendere una vita psicosessuale matura poiché è troppo legata alla madre e a tutto ciò che essa rappresenta.
Invece di dedicarsi alle passioni reali trovandosi un uomo che ama, cioè quello che ogni donna dovrebbe seguire, costruisce un vincolo di dipendenza psicologica rispetto alla figura materna, sicuramente un genitore manipolatore, ed alle regole della famiglia a cui appartiene.
La vera Antigone
Antigone rappresenta per eccellenza la donna che dedica l’intera vita alla cura dei familiari, subentrando nel ruolo materno ma non diventando mai sessualmente adulta.
Questo tipo di donna, nel caso si leghi ad una persona per creare una famiglia, avrà un vita sessuale scarsa, non appagante, ed il suo ruolo sarà caratterizzato dal sacrificio e dalla subordinazione dei propri desideri per il benessere del coniuge e dei figli, come fece la stessa Antigone non concedendosi alcuna affettività: infatti non si raccontano alcun tipo di manifestazione d’amore o affettività nei confronti del promesso sposo.
Antigone rappresenta quella giovane donna che asseconda il desiderio di perfezione voluto dalla madre e diventa esempio di accudimento e servilismo verso la famiglia, concentrando su di essa ogni energia e sforzo, dimenticandosi di essere una persona con dei desideri e delle aspirazioni, che magari l’avrebbero portata lontana da quella famiglia per potersi fare una vita indipendente ed autonoma.
Con tale scelta castrante non si prende le responsabilità da adulta, relegando la propria psiche a quella di una bambina a cui è impedita alcuna crescita evolutiva, come quella sessuale ad esempio, non per un sesso fine a se stesso, ma in quella sessualità liberatoria che è fatta di desideri personali assecondati e libertà morale da ogni imposizione o costrizione.
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