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28/12/2017Il disegno della famiglia è un test cognitivo.
Utilizzato per bambini e adolescenti, consente l’interpretazione di cose che spesso le parole tendono ad evitare ma che invece esprimono un vissuto così come percepito emotivamente e psicologicamente da chi lo ha eseguito.
Molto utile per capire come il ragazzo o bambino percepisce il suo ambiente vitale e come si vede nel suo spazio, proprio come il disegno della figura umana.
Disegnare la famiglia
Solitamente il bambino si disegna per primo perchè pensa alla famiglia dal suo punto di vista. Questo fa parte di un atteggiamento egoistico ed accentratore che è tipico dell’età evolutiva, sta a significare il bisogno di ricevere amore, attenzione e coccole il più possibile, diventando geloso se le attenzioni sono rivolte ad altri.
Infatti non è raro che un bambino nel rappresentare la sua famiglia escluda volutamente altri fratelli, se li ha, proprio per accentrare su di sè la considerazione dei genitori che andrà a disegnare.
Seguono poi la mamma ed il padre, solitamente eseguiti con le proporzioni che lui percepisce: farà il papà, ad esempio, più grande se lo sente come il capo famiglia, poi disegnerà l’altro genitore. Infine realizza gli altri elementi di contesto del suo nucleo familiare, come la casa, il cane, ecc.
Questo test è di importanza fondamentale perché attesta, nel momento in cui viene eseguito, quelle che sono le dinamiche famigliari, i rapporti tra i vari soggetti, le modalità con cui viene esercitato il potere dei genitori, gli effetti che questi hanno sul piccolo disegnatore e, quindi, come egli percepisce il suo vissuto.
Solitamente in questo tipo di test ci sono tre messaggi da valutare:
- il primo riguarda l’autodefinizione di se stesso (diretta o indiretta): ci dice come il bambino si vede o come vorrebbe essere;
- nel secondo ci comunica “voglio che tu sappia come io vedo la mia famiglia, come mi sento al suo interno e come vedo ogni suo componente”;
- il terzo (non sempre presente) ci può dare indicazioni su come sta vivendo la figura dell’ultima persona di riferimento a cui dia importanza (che può essere un personaggio aggiunto anche se non fa parte del nucleo famigliare principale).
Il nucleo familiare fornisce al bambino modelli di condotta che possono essere sani e che sono identificabili nella chiarezza e nella delimitazione dei ruoli, nell’accettazione di ogni componente familiare da parte degli altri, nella tensione costante di ogni membro verso i bisogni psicofisici degli altri, e modelli di condotta patogeni come:
- il rifiuto manifesto o nascosto che può provocare senso di insicurezza e inadeguatezza,
- l’asfissia psicologica (iperprotezione) che può determinare debolezza, passività, dipendenza, incapacità di sostenere frustrazioni e sforzi, pretese e paura,
- la disciplina eccessiva che provoca dipendenza ma insieme ostilità, insicurezza e ribellione,
- l’indulgenza eccessiva che può dare indifferenza, egoismo, esasperare le esigenze, impazienza, aggressività unita a delusione.
La consegna del test
La consegna del test è molto semplice. Alcuni autori come M. Porot e F. Minkowska e N. Fukada dichiarando solo il compito senza ulteriori dati che potrebbero influenzare o condizionare, l’incarico si svolge con una semplice frase: “Disegna la tua famiglia”.
Per altri autori l’indicazione va dettagliata: per R.C. Burns e H. Kaufma è “ Disegna la famiglia mentre i suoi componenti stanno facendo qualcosa”; per altri autori, tra cui A. Berge e L. Corman è: “Disegna una famiglia di tua invenzione”.
Personalmente preferisco l’indicazione che influenza di meno la spontaneità del disegno, cioè la prima.
Per poter meglio valutare il disegno occorre conoscere prima la reale composizione del nucleo familiare del bambino e la qualità dei rapporti tra tutti gli elementi che la compongono, perchè il piccolo ha una sua personale visione di come devono essere gestiti i ruoli, ad esempio il bambino può disegnare i genitori che si tengono la mano sotto lo stesso tetto casalingo in segno di unione quando magari sono separati, proprio per il desiderio di volerli rivedere ancora insieme nella stessa casa.
Molti sono gli elementi che si devono osservare:
- l’ordine con il quale vengono disegnati i vari personaggi
- il loro movimento e la loro collocazione nello spazio
- l’uso del colore
- il tempo dedicato a ciascuno di loro.
Occorre poi approfondire il contenuto del test con un colloquio descrittivo, tenendo conto che la tendenza alla identificazione segue il principio di piacere e non quello di realtà, significa, cioè che il bambino preferisce disegnare ciò che corrisponde ad un suo desiderio o aspettativa piuttosto che rappresentare una realtà che non accetta o che vorrebbe diversa.
L’interpretazione
Il livello grafico deve tener conto in particolare della simbologia dello spazio, della dimensione, della direzione del tratto e della qualità della pressione e sue possibili variabili.
Il livello formale del disegno dipende dall’età; se i personaggi hanno un basso livello formale rispetto a questa e l’intelligenza del ragazzo è normale, può ipotizzarsi una inibizione o anche disturbi delle schema corporeo, o ancora una eventuale dislessia.
Se non sono disegnati i tratti del volto si possono ipotizzare rapporti difficili tra i familiari; oppure forme di negazione che sottostanno a degli abusi, maltrattamenti o altri motivi che inducono il bambino ad escludere l’adulto.
Il contenuto è l’elemento più importante, per questo occorre tener conto di diversi elementi come la composizione della famiglia, i personaggi eliminati (l’eliminazione può interpretarsi come devalorizzazione del familiare o negazione della sua esistenza, o ancora non accettazione, gelosia, non amore, conflitto affettivo, presenza che disturba il bambino).
Se non disegna se stesso (frequente se c’è qualche problema relazionale) potrebbe sentirsi mal adattato alla famiglia, o non sentirsi accettato nel nucleo familiare, significa probabilmente che ha poca autostima, che vorrebbe essere diverso o nascondere il desiderio di identificarsi con un altro personaggio, sia esso umano oppure un animale, che per il bambino ha un particolare significato simbolico.
Possono essere presenti personaggi aggiunti, che in genere esprimono la realizzazione nella fantasia di tendenze, tensioni, aspirazioni e desideri che il bambino non riesce a soddisfare nella realtà; possono ancora tradurre il desiderio che quella persona faccia parte della famiglia o possono essere un duplicato dell’autore (come età o sesso) e rappresentano ideali desiderati che sono o realizzano quello che il bambino non riesce ad attuare.
Se ci sono personaggi travestiti, come ad esempio animali, è presente una forma di difesa dal disagio di una realtà sentita sgradevole da chi disegna, o anche presenza di una censura egoica e superegoica forte per cui la rappresentazione viene spostata sull’animale, che è più lontano nella realtà intrapsichica del bambino, la soddisfazione delle esigenze più nascoste e censurate che non si riesce a collocare in un personaggio umano.
Le tendenze censurate sono spesso di aggressività o sessualità, il bambino non se le assume direttamente e le sposta quindi su un altro soggetto che è l’animale.
Al posto dei personaggi possono anche essere disegnati oggetti (ad esempio re, regina e/o altri elementi degli scacchi), in questi casi la famiglia potrebbe essere percepita con scarso o nullo contenuto affettivo.
Le carenze affettive
Per la psicologa Anna Oliverio Ferraris se il bambino disegnatore non ha stabilito con i genitori uno scambio affettivo soddisfacente, se non si vive con loro un rapporto di reale empatia, potrebbe desiderare di rappresentare la famiglia seduta a tavola, in quanto l’oralità presente nel disegno indicherebbe bisogno di introiettare, associando l’affetto al cibo, per cui mangiare insieme è ricercare amore e attenzioni.
Ma la carenza affettiva può esprimersi anche con eccesso di ombreggiatura e uso del nero.
Il posto assunto dal bambino nel disegno rispetto agli altri familiari permette di capire la natura e la solidità dei legami affettivi, e come essi vengono percepiti dal bambino.
In genere il bambino si disegna vicino a chi ama di più o con cui si sente più a suo agio, si disegna lontano da chi percepisce come fonte di paura e disagio.
Occorre tener poi conto delle grandezze, delle dimensioni, delle diverse figure rappresentate nel disegno: la grandezza e piccolezza possono significare presenza o assenza, vicinanza affettiva o distanza, e così via.
I personaggi che sono disegnati vicini, che si guardano o che svolgono insieme una attività comune, sono indizi di vicinanza affettiva; quelli lontani, o impegnati ognuno in attività autonome, separate, sono personaggi sovrapposti; se i personaggi vengono disegnati su piani diversi o in angoli o in ambienti diversi o separati da linee, sta ad indicare l’esistenza di rapporti difficili o l’esistenza di ostacoli tra i personaggi.
Il bambino che si disegna tra i genitori indica generalmente un bisogno di protezione, desiderio di tenerli vicino a sè, di non lasciarli andare, va in tale caso indagata la ragione dell’unione forzata.
Osservando la valorizzazione, o svalorizzazione, dei personaggi, occorre tener conto che più spesso la figura dominante è maschile (si è accertato che nelle società non androcentriche è invece femminile, come avviene ad esempio in Sardegna).
Poiché nel test il bambino tende ad identificarsi nei personaggi che rappresenta, avvicinandoli o allontanandoli dalla sua rappresentazione è come se li volesse mettere vicino o lontano da sè.
Valorizzazione e no
Il personaggio valorizzato è quello sul quale è diretta la carica affettiva maggiore (amore o invidia o timore o desiderio di identificazione) ed è spesso il primo ad essere disegnato perché il bambino tende e proiettare all’inizio le parti positive.
Spesso è anche il primo da sinistra, ma può anche essere il più grande, il più dinamico e movimentato, quello di profilo, quello ripetuto, quello centrale, quello più rifinito, curato o ricco di particolari, il più completo o evoluto, quello guardato dagli altri, il più somigliante al reale, il più colorato, il più valorizzato dai commenti.
Il personaggio svalorizzato è il più indifferente al bambino, o quello verso cui manifesta maggior ostilità, risentimento ed è o quello eliminato o dimenticato (massima valorizzazione del sentimento del disegnatore che si augura, consciamente o inconsciamente, che non faccia parte della famiglia).
Il personaggio da svalorizzare è anche quello disegnato per ultimo o a destra del foglio o sul bordo, o ancora quello disegnato col tratto più lieve o meno colorato, o più piccolo, o in disparte, o disegnato peggio, o ancora senza il nome, o con giudizio negativo, o senza una parte del corpo (per Porot senza braccia può significare che è manesco).
Se è il bambino a svalorizzare se stesso è indice di un percepirsi inferiore, non all’altezza, di scarsa autostima.
Se un personaggio è disegnato e cancellato può significare desiderio di accettarlo ma prevalenza della tendenza ad aggredirlo o annullarlo, può esistere un’ ambivalenza affettiva che è più conflittuale della dimenticanza.
A volte i meccanismi di difesa messi in atto da chi disegna non permettono proiezioni sufficienti per trarre utili indicazioni. In tal caso si può proporre un gioco: “immaginiamo che tu sia un mago (o una fata) e la matita sia una bacchetta magica con cui puoi trasformare ogni familiare in un’altra cosa e disegna la tua famiglia così trasformata”. E poi chiedere il perché.
Alla fine occorre sempre chiedere la spiegazione al bambino del perché di un disegno, delle sue fattezze, della sua posizione e dei colori utilizzati e cosa egli associa tutte queste cose.
Non sapendo ancora scrivere il disegno della famiglia rimane per il bambino lo strumento principale, se non l’unico, per comunicare, per interpretare la sua mente ed il suo stato d’animo.
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