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16/11/2023Rober Berdella è noto come il macellaio di Kansas City.
Soprannominato anche “Il collezionista”, rapì, violentò, torturò e uccise almeno sei ragazzi tra il 1984 e il 1987 a Kansas City dopo aver tenuto le vittime in cattività anche per oltre sei settimane. Ma si presume che le vittime siano almeno 20.
Chi era Robert Berdella
L’infanzia di Robert Berdella è decisamente poco nota, e pochi sono i fatti certi. Robert, che sarà in seguito chiamato spesso semplicemente Bob, nasce nello stato dell’Ohio, a Cuyahoga Falls, un sobborgo di Akron e Cleveland.
I suoi genitori sono un operaio e una casalinga, cattolici praticanti, che lo fanno battezzare quando ha 12 anni. La sua esistenza scorre “normale e tranquilla”, nonostante ogni tanto il padre, un dipendente della casa automobilistica Ford, lo picchi e lo prenda a cinghiate. L’amore paterno sarà maggiormente indirizzato all’altro figlio, Daniel, nato a maggio del 1956 e più giovane di 7 anni di Robert.
A scuola è tutt’altro che brillante. A dir la verità ottiene quasi sempre voti più che discreti, ma finisce sempre con l’essere percepito come un alunno difficile, uno di quelli cui insegnare qualcosa è compito arduo.
La “discesa all’inferno” di Bob Berdella comincia nel 1965, il suo autentico anno maledetto. Diventa vittima di un crimine violento di natura sessuale: per racimolare qualche soldo comincia a lavorare come assistente cuoco in un ristorante, ma viene violentato da un collega di lavoro.
Smette di andare in chiesa e ad assistere alle funzioni settimanali. In televisione vede per intero The Collector e ne resta grandemente impressionato. Il film è tratto dal noto romanzo di John Fowles e narra le vicende di un uomo che rapisce e tiene prigioniera una donna.
Nel dicembre di quell’anno suo padre, una figura cui era legatissimo, muore improvvisamente a soli 39 anni per un attacco cardiaco. Ancor peggio, suo madre si lega subito dopo a un altro uomo, che sposerà di lì a poco: Robert resta scosso da questo comportamento poco delicato e “irrispettoso” della madre.
Questi cinque avvenimenti segnano per sempre la sua esistenza.
Droghe, alcol e spaccio
Nell’agosto del 1967 si iscrive all’Istituto d’Arte di Kansas City e compaiono nella sua vita alcuni comportamenti preoccupanti: Robert sottopone a tortura diversi animali (uno dei tre segnali premonitori della Triade di MacDonald) e arriva addirittura a sperimentare su di loro gli effetti di diverse sostante somministrate attraverso iniezione.
In quell’anno droghe e alcolici, che negli ultimi due anni erano stati semplici passatempi coi quali sfogarsi, diventano parte integrante della sua vita: il diciottenne abusa di sostanze stupefacenti e di alcol, arrivando a spacciare per guadagnare il denaro necessario per permettersi queste nuove dipendenze.
Ma con l’attività di spacciatore cominciano anche i suoi problemi con la legge. Viene arrestato nel gennaio del 1968 da un agente sotto copertura con l’accusa di spaccio di anfetamine: al processo si dichiarerà colpevole e verrà condannato a cinque anni di reclusione. La pena sarà poi sospesa.
Poco dopo, nel febbraio 1968, sarà arrestato per il possesso di LSD e marijuana. Passerà cinque giorni in una cella in attesa del rinvio a giudizio, ma le accuse saranno poi fatte cadere per mancanza di prove.
Col passare dei mesi Bob Berdella diviene sempre più cosciente della propria omosessualità, anche se non sarà mai un individuo sessualmente attivo prima dei 30 anni. Vivere ancora con la madre, del resto, non aiuta.
Sul fronte del lavoro invece le cose vanno bene: Robert è un ottimo chef, apprezzato da molti ristoranti e sufficientemente accreditato per scrivere delle recensioni enogastronomiche su periodici dell’area di Kansas City.
Le cose vanno così bene col lavoro da cuoco, che nel settembre del 1969 può addirittura permettersi l’acquisto di una piccola villetta al 4315 di Charlotte Street, dove va a vivere da solo.
Anni di normalità
Per quasi dieci anni Bob Berdella conduce un’esistenza “normale”, da perfetto cittadino inserito nella società.
La sua carriera da chef procede a gonfie vele. Apprezzato e stimato cuoco presso ristoranti e country club, Bob si iscrive anche ad associazioni locali di Chef e organizza corsi per aspiranti cuochi.
Si attiva anche per la città, evidenziando un senso civico non comune: organizza eventi per la prevenzione del crimine e istituisce associazioni cittadine di monitoraggio del territorio. Si dedica inoltre ai giovani ragazzi in difficoltà, offrendo loro spesso vitto e alloggio oltre che sostegno morale.
Accetta pienamente la propria omosessualità e non ne fa segreto in pubblico.
Si sceglie un hobby però molto particolare: l’esoterismo. Bob comincia ad affittare una bancarella nel locale mercato delle pulci, che chiama Bob’s Bazaar Bizarre, e vende il consueto paraphernalia legato al macabro, al gotico e all’esoterismo. Tra la sua mercanzia spiccano teschi decorati d’arredamento, statuette di scheletri incappucciati, candele rituali, tarocchi e prodotti simili.
E sul suo biglietto da visita una frase che la diceva lunga su quello che sarebbe di lì passato per la testa del paffuto Bob: I rise from death. I kill death, and death kills me – although I carry poison in my head. The antidote can be found in my tail, which I bite with rage. Io risorgo dalla morte. Io uccido la morte, e la morte uccide me – nonostante io abbia il veleno nella mia testa. L’antidoto si trova nella mia coda, che mordo con rabbia.
Tutto procede per il meglio insomma, o quasi, e nulla lascerebbe presagire che questo tranquillo cuoco dall’aspetto paffuto e docile diventerà da lì a qualche anno un terribile predatore che rapirà, stuprerà, torturerà e ucciderà numerosi giovani ragazzi, diventando un mostro al pari di altri sadici serial killer omosessuali quali Jeffrey Dahmer o John Wayne Gacy.
Il cuore spezzato
Nel 1981, a 32 anni, Robert Berdella compie un importante passo: si mette in proprio. Abbandona per sempre il suo lavoro da cuoco per dedicarsi a tempo pieno al Bob’s Bazaar Bizarre, un’attività cresciuta così tanto da portargli nelle tasche dei bei soldi.
E anche in campo amoroso c’è un’importante svolta: fatto outing, si innamora profondamente e si lega a un reduce della guerra del Vietnam. Bob vive con pienezza questa storia d’Amore, che però dura poco. Il suo compagno, una persona dai numerosi problemi, lo lascia presto.
Per Robert Berdella quest’abbandono è l’inizio della fine. Da quel doloroso momento lui e la sua vita non saranno mai più gli stessi.
Comincia a pagare dei giovani prostituti per fare sesso. Bazzica i loro ambienti, spesso diviene loro amico. Per due anni continuerà a circondarsi di mercenari giovani e attraenti, permettendo spesso loro di vivere in casa sua in cambio di compagnia e di lavoretti domestici di vario genere.
Poi, nell’estate del 1984, incontra Jerry Howell.
Il primo omicidio
Bob Berdella comincia a uscire con Jerry Howell nel giugno del 1984. Jerry è un prostituto diciannovenne di bell’aspetto che farà “coppia fissa” con Robert fino al giorno della sua morte.
Il 5 luglio 1984 è il giorno in cui per Berdella i tempi sono maturi per trasformare in realtà le visioni che tanto lo avevano impressionato guardando il film The Collector. Conduce Jerry in casa sua e lo droga con dei sedativi per animali. Poi lo immobilizza legandolo a un letto e lo imbavaglia.
Nelle ore successive stupra e violenta ripetutamente il ragazzo, scattando numerose foto per immortalare l’accaduto e prendendo accuratamente nota su un diario di quanto fatto e di quanto provato.
Il giovane Howell muore per asfissia dopo un giorno di questo trattamento.
Berdella sa già cosa fare per disfarsi del cadavere. Bob lo porta in cantina e lo appende a testa in giù: ne incide poi le carni in profondità, tranciando vene e arterie, e dissanguandolo.
Successivamente lo farà a pezzi, “imbustando” tranci del corpo all’interno di normali sacchi della spazzatura. Sacchi che i netturbini provvederanno a raccogliere e a gettare in discarica, all’oscuro di tutto.
Continua la mattanza
Il 10 aprile 1985 Bob invita un suo “amico”, Robert Sheldon, a stare in casa sua per un paio di giorni.
Le intenzioni di Berdella sono predatorie: vuole drogare il ragazzo e usarlo come “schiavo del sesso” a volontà. E così infatti avviene: stordito e stonato dalle droghe, Sheldon è un mero burattino nelle vogliose mani del paffuto trentaseienne Berdella.
Il giorno dopo però Sheldon lamenta malesseri a causa delle droghe e Bob decide di portarlo da un dottore per delle cure.
Tornati insieme a casa il 12 aprile, Robert Berdella deve infine decidere cosa fare del suo amico. Lasciarlo andare o “tenerlo”? Sheldon però si ubriaca e resta e non è in grado di andarsene sulle proprie gambe: per Bob è un segno.
L’amichetto viene drogato e successivamente legato e imbavagliato. Poi subirà violenze e sodomia per oltre tre giorni.
Il 15 aprile 1985 un operaio edile si presenterà al 4315 di Charlotte Street: Berdella aveva precedentemente concordato con lui alcuni piccoli lavori sul tetto di casa.
Per evitare che eventuali rumori o lamenti prodotti da Sheldon possano essere uditi dall’operaio, Berdella non esita a soffocarlo con un sacchetti di plastica, uccidendolo.
In seguito, secondo un modus operandi che andava affinandosi, dissanguerà il cadavere di Sheldon all’interno della propria vasca da bagno e lo farà in pezzi da gettare nella spazzatura all’interno di sacchetti neri.
Dell’amichetto si terrà però un ricordino: la testa, che seppellirà nel giardino dietro casa. Tutto quanto fatto viene naturalmente annotato all’interno del prezioso diario dell’assassino.
Nel corso del 1985 altri due sventurati subiranno la stessa macabra sorte. Mark Wallace, che in passato lo aveva aiutato in alcuni lavori di giardinaggio, viene invitato a casa di Berdella il 22 giugno, finendo poi con l’essere violentato, torturato e ucciso il giorno dopo.
James Ferris, rimorchiato in un bar gay, sarà invece stuprato, torturato e soffocato tra il 26 e il 27 di settembre.
I cadaveri saranno tutti fatti sparire con la usuale “tecnica Berdella”: dissanguati in vasca da bagno, smembrati, nascosti all’interno di sacchetti della spazzatura e gettati in discarica.
Il piacere si prolunga
Dopo aver ucciso ben 3 persone nel 1985, Berdella cambia strategia nei due anni successivi: farà sua una sola vittima all’anno, ma prolungherà il “periodo di gioco” con ognuna di esse per molto tempo. Non sarà più questione di ore o pochi giorni, ma di settimane.
Il 17 giugno 1986 Bob incontra nuovamente un marchettaro che da tempo conosceva, Todd Stoops. Stabilito che il ragazzo sarà il suo nuovo “toy boy” del periodo, lo invita a casa e se lo lavora col solito e collaudato rito: droga e calmanti per il controllo, catene, bavaglio e legacci per la sottomissione.
E poi indicibili violenze e torture. Per ore, giorni, settimane.
Il calvario di Stoops si conclude con episodi di fist fucking (penetrazione con un pugno) particolarmente traumatici che gli provocano la lacerazione dell’ano e conseguente setticemia. Berdella tenta gestire e risolvere la situazione con iniezioni di antibiotici per cani miste a sgorganti e liquidi vari, ma senza successo.
Il 5 giugno 1987 Berdella invita a casa sua Larry Pearson, una vecchia conoscenza appena uscita di prigione. Pearson, chiaramente in difficoltà dopo il rilascio, accetta volentieri. A partire dal 23 giugno sarà prima drogato e poi torturato per sei settimane nella cantina della “casa degli orrori” di Berdella.
Il 5 agosto 1987 qualcosa sfugge al controllo di Berdella, che viene morso con forza al pene da Pearson. La ferita è così grave che Robert è costretto ad andare all’ospedale per farsi medicare. Una volta lì viene prima soccorso e poi invitato a farsi ricoverare per un veloce intervento. Accetta l’invito, ma prima torna a casa sua.
Una volta nella sua cantina prende un sacchetto di plastica e lo usa per soffocare Pearson, ancora immobilizzato a un letto. Lascia poi il cadavere così com’è e torna in ospedale a farsi operare.
Due giorni dopo, il 7 agosto, rientra a casa e si libera del cadavere usando l’affidabile “tecnica Berdella”. Conserva però per sè la testa di Pearson, che seppellisce nel giardino dietro casa in sostituzione di quella di Robert Sheldon, che giaceva lì da oltre due anni.
Il teschio di Sheldon, insieme a una piccola sacca con i denti dell’ex prostituto, finisce in bella mostra nella camera da letto di Berdella.
Un errore, la fine
Il 29 marzo 1988 Berdella rimorchia il ventiduenne belloccio Chris Bryson, invitandolo a passare del tempo con lui in casa sua. Bob ancora non sa che questa sua scelta gli sarà fatale.
Bryson non sospetta nulla di quello che gli sta per accadere ed è molto soddisfatto. Il suo nuovo cliente è un quasi quarantenne mite, paffutello e fuori forma, immagina di poter fare soldi facili e di non correre alcun rischio.
Una volta entrato nella villetta al 4315 di Charlotte Street, Bryson resta un attimo turbato di fronte alle condizioni igieniche del piano terra dell’abitazione: pile di immondizia, giornali, avanzi sparsi per tutto il pavimento e un forte odore di feci di cane.
I tre cani Chow Chow di Berdella scorazzano scodinzolanti lì attorno, così Bob propone di andare al piano di sopra, dove “staranno tranquilli”. Una volta saliti tutto procede secondo un canovaccio ormai ben rodato. Bryson viene prima stordito con un colpo alla nuca, poi drogato e sedato per bene, infine legato e immobilizzato a un letto.
Per Bryson cominciano così 4 giorni di terribili violenze e torture: sgorgante negli occhi, scosse elettriche ai testicoli, pestaggi con tubi e minacce di morte nel caso non si adatti al suo nuovo ruolo di “schiavo sessuale”.
Robert Berdella continuava a minacciarlo sia a parole che mostrandogli delle polaroid zeppe di ragazzi vittime di torture, in alcuni casi apparentemente morti.
“Se non fai il bravo finirai nella spazzatura come gli altri”, erano le parole del mostro che lo teneva prigioniero.
Ma il 2 aprile 1988, a causa di una trascuratezza commessa dal suo sadico carceriere, che prima di lasciarlo da solo per andare al lavoro lo lega con le mani davanti al corpo anziché dietro la schiena, Bryson riesce a liberarsi. Il ragazzo si getterà poi dalla finestra del secondo piano dell’abitazione e si trascinerà in strada, fino a giungere a una abitazione lì vicino.
Nudo, con la sola eccezione di un collare per cani attorno al collo, il corpo martoriato, gli occhi arrossati, un piede gravemente ferito, esausto, è così che lo trova il suo salvatore, un vicino di casa di Berdella che non esita un attimo a chiamare la Polizia.
Bryson, sotto shock, impiegherà del tempo a trovare le forze per rilasciare una lunga deposizione che darà vita alle indagini su Robert Berdella.
Per il Macellaio di Kansas City è la fine.
L’arresto
Berdella, accusato di vari reati quali sodomia, rapimento e aggressione, viene arrestato e si vede inizialmente assegnata una cauzione di 500.000$.
Tra il 2 e il 4 aprile 1988 la casa di Robert Berdella viene perquisita a fondo. Alla polizia si mostra quindi tutto il campionario di oggetti bizzarri e macabri di cui il serial killer amava circondarsi.
Tra di questi alcuni libri sulla magia VooDoo, qualche opera del Marchese De Sade, e un paio di teschi di dubbia provenienza usati come soprammobili.
In una scatola vengono poi ritrovate oltre duecento foto polaroid che mostrano giovani uomini sottoposti a torture e sesso estremo. Quando uno degli investigatori scopre che almeno uno degli uomini sulle foto di Bob Berdella, ritratto mentre è appeso per i piedi a testa in giù, è senza dubbio morto, la cauzione viene ritirata e le investigazioni sul caso aumentano.
La Polizia rivolta come un calzino l’intera abitazione del serial killer, andando anche a scavare anche nel suo giardino.
Gli investigatori trovarono un teschio dentro un armadio, una testa parzialmente decomposta sotterrata in giardino, diverse vertebre umane segnate da segni di seghetto e coltello nascoste in un corridoio, e molti denti umani riposti in due buste.
Sia un seghetto che una sega circolare furono scoperti nel seminterrato della proprietà, e anche una motosega macchiata di sangue, carne, e peli pubici. L’esame al Luminol rivelò che il pavimento della cantina era coperto di macchie di sangue.
Furono rinvenute anche 334 foto Polaroid di vari individui di sesso maschile; le foto raffiguravano Christopher Bryson ed altri soggetti sconosciuti mentre venivano torturati o sodomizzati. Oltre a varie riviste pornografiche gay, la polizia trovò attrezzi sessuali, aghi ipodermici, un libro sui narcotici, e il “diario delle torture” di Berdella.
In un armadio al secondo piano furono infine rinvenuti articoli di giornale del The Kansas City Star sulla scomparsa di Jerry Howell, e portafoglio e patente di guida di una persona scomparsa di nome James Ferris.
Il processo e la morte
Il 22 luglio 1988 il Grand Jury accusa formalmente Berdella dell’omicidio di Larry Pearson, il 2 settembre 1988 di quello di Robert Sheldon.
La comunità di Kansas City è sconvolta: nessuno avrebbe mai potuto credere che un individuo così tranquillo e dedito a “opere di bene” – come il fare parte di ronde cittadine di sorveglianza contro il crimine o il prestare sostegno e aiuto a così tanti giovani in difficoltà – potesse invece essere un tale mostro.
Una volta rimandato a giudizio e privo di ogni possibilità di essere assolto, per evitare la pena di morte Robert Berdella giunge a patti con la giustizia: si farà carico e fornirà una completa confessione di tutti i suoi crimini in cambio della vita. La pubblica accusa accetta la sua proposta.
Il 13 dicembre 1988 Bob comincia così a vuotare il sacco, con una lunga confessione che durerà tre giorni, dove ammetterà di aver ucciso almeno sei persone.
Il 19 dicembre 1988 viene condannato per l’omicidio di primo grado di Robert Sheldon e a 4 omicidi di secondo grado. Viene recluso nel penitenziario di Jefferson City, nel Missouri, dove resterà per il resto dei suoi giorni, lamentandosi spesso delle pessime condizioni di vita dietro le sbarre e di come la Polizia e i media abbiano stravolto le sue vicende.
Una volta in carcere proverà a riabilitarsi istituendo un fondo fiduciario di 50.000$ dedicato ai famigliari delle sue vittime.
Nel gennaio del 1992 perde una causa legale contro la madre di Todd Stoops, una delle sue vittime, e viene condannato a pagarle la cifra record di 5 miliardi di dollari per danni morali: non essendo ovviamente in possesso di tale somma di denaro viene deciso che ogni suo futuro guadagno dovrà finire nelle tasche della donna.
L’8 ottobre 1992 muore in prigione a 43 anni a causa di un arresto cardiaco, come suo padre.
Berdella si lascia alle spalle una vicenda ancora oggi non del tutto chiarita a causa della trascuratezza delle indagini portate avanti dalla Polizia di Kansas City, che aveva molta fretta di chiudere il suo caso, e per tutti i gossip di cronaca nera che giornali e televisioni hanno affibbiato al caso.
Qualcuno asserì che Berdella avesse agito dietro gli ordini di una misteriosa setta satanica, altri che avesse nutrito i suoi cani con la carne delle sue vittime.
Bob stesso si vantò più volte con altri detenuti di aver ucciso molte più persone delle 6 per le quali era stato condannato: il reale numero delle sue vittime sarebbe di circa venti.
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