
Cos’è il feticismo
29/04/2017
La telepatia esiste?
03/05/2017Il marchese de Sade è noto per essere il padre del sadismo.
Le opere letterarie del Marchese de Sade lo hanno reso un’icona del male. Descrive in esse diverse perversioni sessuali, che non fu certo egli ad inventare. Non gli fu però perdonato di aver esposto pubblicamente queste pratiche segrete.
Il Marchese de Sade è passato alla storia perché ha dato il nome a una perversione sessuale: il sadismo. Quest’ultimo è definito come l’ottenimento del piacere sessuale attraverso atti di crudeltà nei confronti di un’altra persona. Non è esattamente ciò di cui ci parlano le opere del marchese, tuttavia, è passato alla storia per questo motivo.
Chi era de Sade
Donatien Alphonse François de Sade nacque il 2 giugno del 1740 a Parigi. Era il discendente di una delle più antiche dinastie della Provenza, figlio del conte Jean Baptiste François Joseph de Sade e di sua moglie, Marie Eléonore de Maillé de Carman, nipote di Richelieu e dama di compagnia di Carolina d’Assia-Rotenburg, principessa di Condé.
La madre lo partorì nell’Hôtel de Condé di Parigi, dove trascorse la prima infanzia. Suo padre, un diplomatico al servizio del principe elettore di Colonia, era sempre in viaggio e, nel 1744, Marie Eléonore abbandonò il suo ruolo presso i Condé per accompagnarlo.
Il piccolo de Sade aveva solo quattro anni quando i genitori lo affidarono alla nonna paterna e, nel 1745, a suo zio Jacque François Paul Alphonse de Sade, abate di Saint-Léger d’Ebreuil, noto libertino e celebre letterato, che ebbe il merito di individuare in Laura de Noves, moglie di Hugues III de Sade, la Laura cantata dal Petrarca.
Questi si occupò della sua educazione fino ai 10 anni, poi lo mandò a Parigi per studiare nel prestigioso Liceo Louis-le-Grand, dove il ragazzo si appassionò alla letteratura, alla filosofia e al teatro.
In seguito entrò nell’Accademia militare e, poco più che sedicenne, ottenne il grado di sottotenente del Reggimento di Cavalleria Leggera della Guardia del Re. Allo scoppio della Guerra dei Sette Anni prestò servizio sul fronte prussiano e, al contempo, iniziò a condurre una vita dissoluta, caratterizzata dalla costante ricerca di nuove fantasie da appagare.
Le prime perversioni
Quando la guerra finì, il 10 febbraio del 1763, si congedò e tornò al castello di famiglia di Lacoste, dove iniziò una relazione con una giovane donna della nobiltà locale, Laure Victoire Adeline de Lauris, e si diede alla mondanità.
In quegli anni sperperò grosse somme di denaro, frequentò case di piacere e camerini delle attrici, guadagnandosi la nomea di aristocratico scapestrato.
Per salvare la reputazione del figlio suo padre organizzò un matrimonio combinato con Renée Pelagie Cordier de Launay de Montreuil, figlia di un ricco magistrato della nuova nobiltà francese.
La cerimonia ebbe luogo il 17 maggio del 1763 nella chiesa di Saint-Roch di Parigi e i novelli sposi si stabilirono nel castello normanno di Échauffour, di proprietà dei Montreuil. Dopo soli cinque mesi sorsero i primi problemi.
A ottobre de Sade si recò a Parigi e assoldò delle prostitute per trascorrere qualche giorno all’insegna dei piaceri. Una di loro, tale Jeanne Testard, rimase così scandalizzata dalle sue perversioni che lo denunciò.
Il 29 ottobre fu, quindi, arrestato e incarcerato, per poi essere liberato grazie all’intervento dei suoceri, che si rivolsero al re e lo convinsero a ordinarne il rilascio. L’accordo prevedeva che il marchese tornasse al castello di Échauffour e non lo lasciasse senza autorizzazione della corte, ma nell’aprile del 1764 ottenne il permesso di soggiornare a Parigi, dove fu amante di mademoiselle Colette, un’attrice di teatro.
La relazione passò quasi inosservata e già l’anno successivo la suocera lo persuase a troncare. Colette a parte, riuscì a non far parlare troppo di sé e l’11 settembre Luigi XV revocò l’ordine di confinamento. De Sade ricominciò a frequentare le case di piacere e donne disposte a soddisfare le sue curiose esigenze sessuali.
Il piacere per de Sade
All’uomo piaceva giocare con il dolore, frustando e umiliando le sue amanti, e le voci si scatenarono. Il suo nome finì sul taccuino dell’ispettore Marais, incaricato da Luigi XV di controllare e documentare le abitudini sessuali della corte, ma a de Sade sembrava non importassero le conseguenze delle sua azioni spregiudicate.
Era un trasgressivo guidato da un’unica regola, quella del piacere senza limiti. Era ed è considerato un esponente estremista del libertinismo, nonché dell’Illuminismo.
Le opere di de Sade contengono descrizioni esplicite e spesso ripetitive di stupri, incesti e di diverse perversioni sessuali, molte delle quali prevedono l’uso della violenza e trascendono i confini del possibile.
Egli disdegnò la chiesa e sostenne l’ateismo e il rigetto di tutte le regole etiche e morali, essendo il piacere il principio più alto.
I primi scandali
Nel 1765 de Sade si infatuò della ventiduenne mademoiselle de Beauvoisin, una nota cortigiana. In sua compagnia si trasferì per alcuni mesi a Lacoste e la portò con sé in negli eventi mondani a cui presenziò.
La suocera scoprì tutto e gli ordinò di tornare da Renée, ma, fra alti e bassi, continuò a frequentare la ragazza per altri due anni. Nel frattempo, il 24 gennaio del 1767, suo padre morì, quindi De Sade ereditò i titoli nobiliari e divenne a tutti gli effetti un capofamiglia, con moglie e tre figli, una responsabilità che non gli impedì di continuare a divertirsi in modo spregiudicato.
Nel 1768 ebbe luogo il primo dei due scandali che lo trasformarono in una leggenda nera del Settecento. Il 3 aprile di quell’anno si trovava a Parigi e in Place des Victoires incontrò una mendicante, la trentaseienne Rose Keller.
Stando al racconto della donna, de Sade le propose un lavoro da governante, la portò nel suo alloggio (qui sotto) nella vicina Arcueil e la rinchiuse in uno sgabuzzino, al ché la costrinse a spogliarsi e la sottopose a giochi erotici che comprendevano la fustigazione e il versamento di cera ardente sulle ferite.
Quando le sevizie giunsero al termine, Rose si calò da una finestra e si recò alla gendarmeria della città per denunciare l’accaduto.
Le voci sul sadismo del Marchese si sparsero in tutta Europa e Luigi XV ordinò l’immediata carcerazione del nobile. L’imputato contestò la testimonianza di Rose e affermò che la donna era una prostituta consapevole dei giochi erotici ai quali doveva prestarsi.
I giudici ignorarono le obiezioni e riconobbero l’uomo colpevole di torture e sevizie. Anche se la vicenda era ormai di pubblico dominio, la suocera convinse il sovrano a rilasciare una lettre de cachet, un ordine reale al di sopra della legge, in favore del genero.
In un secondo momento, Rose ritirò le accuse (ovviamente dietro lauto compenso) e il marchese se la cavò con una semplice ammenda.
Nessuna morale
Il marchese, anziché tranquillizzarsi, continuò la sua vita dissoluta, e nell’estate del 1772 rimase coinvolto in un secondo scandalo: l’affaire di Marsiglia.
Il 25 giugno di quell’anno adescò tre prostitute ventenni, offrì loro quelli che definì dei “confetti afrodisiaci” e, come da copione, appagò le sue perversioni in un’orgia sadica. Sulla via di casa le ragazze ravvisarono malori e vomito e una di loro, Marguerite Coste, denunciò l’accaduto alla polizia.
Secondo i rapporti dell’epoca, il marchese aveva cercato di avvelenarle con la cantaridina, una sostanza estratta da un coleottero, la Lytta vesicatoria, per lungo tempo ritenuta un afrodisiaco o un veleno.
Ancora una volta l’opinione pubblica s’indignò e il marchese scappò in Italia, non prima di aver sedotto la cognata, Anne Prospère de Launay, che lo seguì nella fuga. In patria fu riconosciuto colpevole di avvelenamento e sodomia, condannato a morte in contumacia e giustiziato in effigie, una sorta di esecuzione simbolica.
In Italia si spostò di città in città per evitare che gli agenti francesi lo rintracciassero, ma ormai si era fatto un nemico potente: la suocera. Fra comportamenti avventati e scandali legati al suo nome, la donna non gli perdonò di aver disonorato Renée e coinvolto anche l’altra sua figlia.
Perciò, convinse Carlo Emanuele III di Savoia, sovrano del Regno di Sardegna, a braccare il marchese, che fu arrestato a Chambéry l’8 dicembre del 1772 e rinchiuso nel castello di Miolans.
La furia della suocera
La moglie cercò in tutti i modi di vederlo, arrivò addirittura a travestirsi da uomo per introdursi nella sua cella e il 30 aprile del 1773 corruppe le guardie carcerarie e gli permise di evadere.
Con de Sade latitante in giro per l’Italia, la furia della suocera raggiunse l’apice e ottenne una nuova lettre de cachet, nella quale il re ordinò la caccia all’uomo. Pur di salvare il marito Renée si oppose alla madre e cercò invano di trascinarla in tribunale con l’accusa di persecuzione nei confronti dello sposo.
La fase di stallo si protrasse per alcuni anni e, nel frattempo, il marchese continuò ad appagare le sue perversioni. Nel 1776 si stabilì a Lione insieme alla moglie e assunse cinque domestiche, con le quali organizzò una grande orgia in una stanza segreta del castello.
Nel 1777 seppe che sua madre era in punto di morte e si recò in incognito a Parigi, ma la suocera scoprì lo spostamento, informò le autorità e lo fece arrestare il 13 febbraio.
Ebbe inizio un lungo periodo di reclusione nel castello di Vincennes. I primi quattro anni li trascorse in isolamento, ma, in virtù del fatto che era un nobile godette di una cella privata con regolari forniture di legna da ardere.
Il suo unico contatto umano fu con la guardia che gli portava il cibo; per il resto, il marchese si circondò di libri e iniziò la stesura di alcuni manoscritti.
All’esterno, Renée intraprese una crociata personale per ottenere la libertà del marito e nel 1778 riuscì a far riaprire il caso di Marsiglia. Il processo fu annullato per le numerose irregolarità, ma sulla sua testa pendeva ancora la lettre del re e non fu scarcerato.
La suocera era sempre in prima linea contro il genero e pur di convincere la figlia ad abbandonare il marito le revocò tutti i fondi e la lasciò in stato di indigenza.
Le sue opere
Il 29 febbraio del 1784 de Sade fu trasferito alla Bastiglia, dove intensificò la sua attività letteraria clandestina. Per l’opinione pubblica le sue opere erano solo un compendio di oscenità e Bernard-René Jourdan, marchese de Launay e governatore della fortezza, lo tenne sotto stretta sorveglianza.
Per scongiurare l’eventualità di un sequestro del materiale, si adeguò a scrivere con una calligrafia minuscola su di un rotolo di carta facilmente occultabile.
Nel frattempo, gli echi della rivoluzione giunsero anche nella sua cella e il 2 luglio afferrò il tubo adibito all’evacuazione delle feci e lo usò come megafono per incitare la folla attraverso la finestra.
L’episodio non passò inosservato e il 12 luglio, due giorni prima della presa della Bastiglia, de Launay ne ordinò il trasferimento nel manicomio di Charenton.
Aveva così tanta fretta di sbarazzarsi di quel problematico prigioniero che non gli concesse nemmeno l’opportunità di raccogliere le sue cose e, nella cella della Bastiglia, de Sade lasciò un’ingente quantità di libri e molti dei suoi manoscritti, incluso quello de Le 120 giornate di Sodoma, poi ritrovato e pubblicato.
Qui sotto il manoscritto originale di Le 120 giornate di Sodoma.
Il 13 marzo del 1790 la fortuna tornò a girare a suo favore e l’Assemblea Rivoluzionaria soppresse il valore esecutivo delle lettres de cachet. Dopo 13 anni di prigionia, il 1° aprile il Marchese de Sade tornò in libertà e si recò dalla moglie, la quale viveva in un convento.
La donna si rifiutò di vederlo, e il successivo 9 giugno chiese e ottenne la separazione. I motivi del voltafaccia non sono certi, ma è facile ipotizzare che Renée cedette al volere della madre per riottenere un sostegno economico per sé e per i figli.
Il fallimento del suo matrimonio non scalfì l’animo del marchese, e ad agosto conobbe Constance Quesnet, un’attrice quarantenne abbandonata dal marito. Nel giro di qualche mese trovò una certa stabilità economica e il 1° novembre si trasferì a rue des Mathurins insieme alla nuova compagna.
In quegli anni cercò in tutti i modi di lasciarsi il passato alle spalle: assunse il nome di Louis Sade, per celare le sue origini nobiliari, e svolse diversi incarichi per conto del governo rivoluzionario. Tuttavia, l’8 dicembre del 1793 la polizia parigina lo arrestò in qualità di nemico della Repubblica.
Non sappiamo la reale natura dell’evento, ma de Sade fu condannato a morte sulla base di semplici illazioni e, fino all’estate del 1794, rimbalzò da una prigione all’altra.
Quando la sentenza contro lui e altri 28 imputati divenne esecutiva l’usciere si recò per prelevarlo dalla cella e condurlo alla ghigliottina, ma, a causa dei vari spostamenti, non riuscì a trovarlo.
Il marchese de Sade si salvò per miracolo e, dopo la morte di Robespierre, la fine del Regime del Terrore gli consentì di esser scarcerato.
Il libro Justine
A partire dal 1795 lui e Constance vissero in totale povertà, e pur di guadagnare qualcosa pubblicò clandestinamente alcuni romanzi, incluso il suo celebre Justine. Quest’ultimo, “il libro più abominevole mai generato dall’immaginazione più depravata”, come lo definì Napoleone nei suoi memoires, scandalizzò la Francia.
Qui la raffigurazione di Napoleone che getta una copia di Justine nel fuoco.
Il motivo è facile da intuire. Justine è la storia di un’adolescente, orfana e devota cristiana, che, nell’arco di quindici anni, rimane coinvolta in stupri, orge e giochi perversi d’ogni genere.
Sul finale sta per essere condannata a morte, ma viene salvata dalla sorella Juliette, in seguito protagonista di un romanzo tutto incentrato su di lei, che le salva la vita.
A differenza sua, Juliette ha ceduta ai piaceri di una vita dissoluta, si è guadagnata una posizione di tutto rispetto e amicizie molto influenti che le hanno permesso di sottrarre Justine a un tragico destino.
Il manicomio
Nei primi anni dell’Ottocento, la polizia parigina si ritrovò a investigare sul misterioso autore del romanzo e nel 1801 risalì a de Sade, che fu arrestato insieme al suo editore, Nicolas Massé.
Non ci fu alcun processo e i giudici lo condannarono a marcire nel manicomio di Charenton, dove i medici gli diagnosticarono “un perpetuo stato di demenza libertina”.
Constance continuò a stargli vicino: si spacciò per sua figlia e, con la scusa di accudirlo, si trasferì nella struttura. Come si suol dire, il lupo perde il pelo, ma non il vizio.
Ormai ultrasessantenne, il marchese sedusse Magdeleine Leclerc, la figlia tredicenne di un’infermiera, e a causa della sua reticenza libertina si vide rifiutare le continue richieste di scarcerazione.
Jean-Pierre Bachasson, conte di Montalivet e ministro dell’interno chiamato a decidere sul suo destino, scrisse: “È affetto dalla più pericolosa forma di pazzia. […] I suoi scritti sono parimenti folli così come la sua parola e la sua condotta”.
Il 14 giugno del 1808, De Sade seppe che suo figlio Louis Marie aveva ricevuto una menzione d’onore nei dispacci militari della battaglia di Friedland dell’anno prima.
Intuì il potenziale della notizia e scrisse una lettera a Napoleone, dove si presentò come il padre di un valoroso soldato francese in cerca di libertà. Ma l’Imperatore conosceva fin troppo bene la fama del mittente e ignorò la richiesta.
Nel 1814 le sue condizioni si aggravarono e, il 2 dicembre, suo figlio Claude Armand giunse a fargli visita mentre Constance era fuori città per sbrigare delle faccende.
Quella stessa notte de Sade morì in seguito a una crisi respiratoria. Armand, che era presente al capezzale del padre, lesse il suo testamento, redatto nel 1806. Il marchese lasciò tutto a Constance e dispose delle ultime volontà coerenti con la sua biografia.
Ultimo atto
Nel suo testamento de Sade chiese che il suo cadavere fosse denudato, messo in una semplice cassa e sepolto in un luogo non riconoscibile. Il figlio ignorò la richiesta e bruciò tutti i manoscritti inediti del padre.
Malgrado fosse un ateo convinto, fu sepolto nel cimitero di Charenton sotto una croce cristiana senza nome.
Nel 1818 lo staff del manicomio lo esumò per rimuoverne il cranio e donarlo alle ricerche della scienza frenologica. Il corpo fu poi riseppellito in un’altra posizione del cimitero, ma la tomba andò perduta.
Ironia della sorte, le ultime volontà del marchese furono in parte esaudite: oggi nessuno sa dove sia sepolto, né che fine abbia fatto il suo cranio.
Così si chiuse il grande romanzo di Donatien Alphonse François de Sade; colui che prestò il nome a una parafilia, il sadismo, e scandalizzò tutta l’Europa con le sue opere immorali e la sua vita da libertino.
Se vuoi rimanere aggiornato seguimi sulla mia pagina Facebook.