
La sindrome di Stoccolma
07/02/2023
Il ricatto affettivo
08/02/2023Natascha Maria Kampusch fu vittima di rapimento quando aveva soltanto dieci anni, il 2 marzo del 1998. Dopo otto anni di segregazione e di abusi, riuscì a liberarsi fuggendo dal proprio rapitore, Wolfgang Přiklopil, il 23 agosto del 2006.
Il suo rapimento commosse il mondo intero.
Il rapimento
La Kampusch stava crescendo in una Famiglia difficile, i tanti litigi dei genitori e la successiva separazione non le lasciarono la possibilità di avere un’infanzia serena.
Fu per questo motivo che in molti sostennero che tristemente passò da una condizione infelice per ritrovarsi in una nuova non molto diversa.
Quel giorno di Agosto mentre si stava recando a scuola per la prima volta da sola, all’età di 10 anni, venne rapita da Wolfgang Přiklopil.
La Kampusch, dopo la sua liberazione, descrisse così il suo rapimento:
«Stavo camminando verso la scuola, vidi quel furgone bianco, e quell’uomo. Ebbi una paura irrazionale, ricordo la pelle d’oca. Ma mi dicevo tra me: “Niente paura, niente paura”.
Quante volte mi ero vergognata della mia insicurezza: avevo dieci anni, vedevo gli altri bambini più indipendenti. Ero piccola, in quell’istante mi sentii sola, minuscola, impreparata. Ebbi l’impulso di cambiare lato della strada, non lo feci.
Poi i miei occhi incontrarono quelli di quell’uomo, erano azzurri, aveva i capelli lunghi, sembrava un hippy degli anni settanta. Pensai che lui sembrava quasi più debole di me, più insicuro. Mi passò la paura.
Ma proprio quando stavo per superarlo lui mi prese, mi lanciò nel furgone. Non so se gridai, se mi difesi. Non lo so, non lo ricordo.»
Una testimone (purtroppo della sola età di 12 anni) riferì di aver visto la Kampusch trascinata all’interno di un minibus bianco da due uomini e quindi, nelle ore successive e grazie anche a un massiccio impiego di forze di polizia, molti possessori di quel tipo di auto vennero controllati.
Tra essi c’era anche il suo effettivo rapitore che, essendo residente a circa mezz’ora da casa della bambina, sarebbe potuto rientrare tra i responsabili.
La sua spiegazione fornita agli agenti però soddisfò gli investigatori: disse loro che stava usando il minibus per trasportare delle macerie prodotte dalla ristrutturazione della sua casa.
Non si scoprì mai chi fu l’altro rapitore.
Di seguito l’immagine di uno dei mille volantini appesi nella speranza di ritrovarla.
La prigionia
La casa di Wolfgang Přiklopil dove venne segregata.
Il retro della casa, il giardino, sotto il quale era sepolta.
La Kampusch verrà tenuta segregata per i seguenti otto anni in una stanza ricavata sotto il garage della abitazione di Přiklopil, nella città di Strasshof, cittadina della Bassa Austria.
Pochissimi metri quadri di spazio e sigillata con una porta di legno e una di cemento, la cui entrata era nascosta dietro un armadio.
Foto della cucina e del bagno.
«Mi chiuse dietro porte pesanti, alla prigione fisica aggiunse quella psichica. Volle anche che cambiassi nome, me ne fece scegliere un altro. Divenni Viviana, voleva che io fossi una persona nuova, solo per lui.
E io iniziai a ringraziarlo per ogni piccola concessione. “Mi diceva: “Per te esisto solo io, sei la mia schiava.”
Lui regolava la mia sveglia spegnendo o accendendo la luce, decideva se privarmi del cibo o farmi mangiare, mi imponeva periodi di digiuno forzato, decideva le razioni di cibo, fissava la temperatura nella stanza.
Decideva lui se avevo caldo o freddo.
Mi ha tolto ogni controllo sul mio corpo, mi picchiava in continuazione. Dovevo accettare, a volte apparire sottomessa per sopravvivere, altre volte dovevo impormi e sembrare più forte di lui: non ho mai obbedito quando mi chiedeva di chiamarlo “padrone”.»
In quegli otto anni di prigionia forzata, Přiklopil ridusse la ragazza a sua mera proprietà personale, spiandola con un sistema di interfoni e di telecamere ed ossessionandola di giorno e di notte per indurla all’obbedienza con privazioni di luce e di cibo, oppure rasandole i capelli a zero o anche obbligandola a stare seminuda o addirittura ammanettandola a sé durante quelle notti in cui la conduceva di sopra perché dormissero insieme.
La ragazza, che poteva solo passare il tempo leggendo o ascoltando la radio, venne spesso anche picchiata.
Per i primi sei mesi della sua prigionia, fino al mese di settembre, Přiklopil non le permise mai di lasciare la sua cella e, solo in seguito, le fece trascorrere dei piccoli momenti nel resto della casa, riportandola però ogni sera a dormire nel sotterraneo.
Solo dopo il suo diciottesimo compleanno, le concesse di uscire di casa, ma minacciandola di ucciderla se avesse fatto alcunché per tentare di fuggire.
La fuga
Dopo quasi 8 anni e mezzo di prigionia, esattamente 3096 giorni, il 23 agosto del 2006 Natascha, approfittando di un momento di distrazione del suo carceriere, riesce a fuggire dal giardino attraverso il cancello aperto.
Přiklopil, che inizialmente aveva tentato di rincorrerla, vistosi oramai perduto e ricercato dalla polizia, chiede aiuto a un suo socio d’affari e si fa accompagnare alla vicina stazione ferroviaria a nord di Vienna, dove si suicida buttandosi sotto un treno in corsa.
Il suicidio non venne mai confermato del tutto, i segni e le lesioni rinvenute sul suo corpo non corrispondevano alle possibili ferite da schiacciamento da treno in corsa.
La sua morte rimane ancora un mistero.
Un’altra versione sostiene che alla base del desiderio di fuga della ragazza ci fu un litigio tra i due che spinse la Kampusch ad andarsene dalla casa del suo aguzzino, avvallando la teoria che lei fosse vittima della sindrome di Stoccolma.
Versione smentita dalla stessa Kampusch; però, chi ha visto quell’intervista in TV e notato gli atteggiamenti della ragazza non può che dubitarne.
I filmati postumi
Negli anni, Natascha Kampusch aveva raccontato di essere stata filmata dal suo aguzzino, il quale peraltro conservava un’inquietante collezione di filmati amatoriali.
Anche più di recente, i video erano stati precedentemente rilasciati per il libro dell’ex detective Peter Reichard sul caso della giovane rapita, raccolti in tre mini DVD. Si tratta di video terribili, che dimostrano – qualora davvero ce ne fosse bisogno – come Priklopil fosse uno squilibrato.
Uno dei video resi recentemente pubblici mostra l’aguzzino di Natascha Kampusch che umilia la bambina, mentre questa apparecchia la tavola per la colazione pochi giorni dopo essere caduta nelle sue mani.
Ancora più inquietante è un video di sei anni dopo, quando la rapita è ormai quasi maggiorenne e lui la costringe a prendere parte a una “caccia alle uova di Pasqua”. In questo caso, la giovane rapita appare completamente nuda, ma non è l’unico video che la mostra così.
La rapita era costretta a spogliarsi davanti a lui, anche quando l’uomo “interpretava” il ruolo del maestro severo che le correggeva i compiti.
Il caso Kampusch
Nella primavera del 2010 la Kampusch conseguì il suo diploma per poi andare a stabilirsi in un appartamento a Vienna.
La sua fuga dopo la prigionia ebbe un gran seguito mediatico, e in seguito la Kampusch rivelò le sue verità in un’intervista rilasciata alla ORF, che non pagò nulla al riguardo.
Qui la foto della sua intervista, andata in onda anche in Italia su LA7.
La popolarità acquisita e le tante interviste rilasciate e pubblicazioni sulla sua storia le permise di guadagnare ingenti somme di denaro in cambio di altre presenze sui media, somme con cui la Kampusch creò una fondazione.
Ebbe anche l’occasione di creare un suo proprio profumo.
Nel 2008, quando, sempre in Austria, venne alla luce il caso Fritzl (in cui un padre segregò sua figlia per ventiquattro anni nella cantina di casa propria, abusando sessualmente di lei), la storia di Natascha Kampusch fu citata dai media per mettere in luce la somiglianza fra i due casi.
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