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20/11/2017Il Training Autogeno è una tecnica di rilassamento autoindotta.
Il training autogeno nasce negli anni ‘90 dagli studi dello psichiatra tedesco J. H. Schultz. Si tratta di una tecnica in grado di indurre rilassamento fisico e mentale in autonomia.
Training autogeno significa “allenamento che si genera da sé”, proprio perché chi lo pratica è attivo nell’auto-induzione di modificazioni psichiche e somatiche finalizzate al proprio benessere psico-fisico.
Benefici del training autogeno
Cosa accade nella persona durante il training autogeno? La pratica del TA, guidato o svolto in autonomia, consente di apportare numerosi benefici per la salute, perché influenza varie funzioni del sistema nervoso vegetativo come:
- respirazione
- circolazione
- metabolismo
La tecnica di rilassamento del training autogeno è utile anche in psicologia e può aiutare a:
- indurre calma, aiutando nella gestione dello stress
- autoregolare le funzioni corporee involontarie, ad esempio calmare il tremore da ansia e rallentare il battito in caso di tachicardia
- migliorare la qualità del sonno e combattere l’insonnia
- favorire l’autodeterminazione e aumentare l’autostima
- migliorare le prestazioni (ad esempio nello sport)
- migliorare l’introspezione e l’autocontrollo, utili ad esempio nel gestire la rabbia.
Nella pratica clinica quindi il TA è impiegato nella gestione del dolore, nel trattamento del disturbo d’ansia come l’ansia da prestazione sessuale, o ancora nella gestione di alcuni sintomi della depressione reattiva e di disturbi psicosomatici come la cefalea, la gastrite e altro.
Differenze con altre tecniche
Per meglio comprendere quali sono le peculiarità e gli obiettivi del training autogeno vediamo nei prossimi paragrafi quali sono le similitudini e le differenze tra training autogeno, meditazione e ipnosi.
TA e meditazione
Il training autogeno, in quanto tecnica di rilassamento, ha in comune con le pratiche della meditazione il raggiungimento di una maggiore consapevolezza e padronanza dei propri pensieri, sensazioni ed emozioni focalizzando l’attenzione su di sé.
La differenza tra training autogeno e meditazione sta quindi nella finalità.
Il training autogeno nasce in un contesto clinico e mira alla gestione dello stress attraverso l’apprendimento dell’auto-rilassamento; la meditazione invece è una pratica che può avere diversi scopi: di tipo spirituale, filosofico e anche di miglioramento delle condizioni psico-fisiche.
TA e mindfulness
La parola “mindfulness” significa “consapevolezza”, “piena attenzione”. Si tratta di uno stato di coscienza in cui siamo testimoni vigili e presenti dei nostri pensieri, delle nostre emozioni e percezioni, momento per momento.
La mindfulness punta allo sviluppo di un atteggiamento consapevole e curioso verso sé e il mondo, entrando in relazione con il presente senza automatismi.
Si distingue dal training autogeno per il suo aspetto non formale.
A differenza del training autogeno, non è una tecnica con una struttura chiara e scandita da esercizi specifici ma un una disposizione mentale finalizzata alla consapevolezza e accettazione del presente.
Il cuore di questa pratica meditativa è nella quotidianità, nel prestare attenzione a ciò che facciamo e sentiamo momento dopo momento.
Gli esercizi di mindfulness per l’ansia, ad esempio, possono essere utili a comprendere meglio le motivazioni di tali emozioni, così da poter modificare il nostro comportamento.
In conclusione, il training autogeno è una tecnica formale finalizzata al rilassamento, anche muscolare, invece la mindfulness è un modo di stare con ciò che l’esperienza del momento presenta e richiede molta pratica informale.
Autoipnosi e TA
L’autoipnosi consente di raggiungere un particolare stato mentale che permette di comunicare e interagire con il nostro Inconscio.
Il training autogeno trae le sue origini proprio dagli studi di Schultz sull’ipnosi e sui meccanismi alla base della suggestione.
Lo stesso Schultz lo ha definito “figlio legittimo dell’ipnosi” e per questo motivo possiamo affermare che con la pratica del training autogeno viene prodotta una specie di autoipnosi.
Gli esercizi del TA
Come abbiamo accennato, il training autogeno è utile per gestire attacchi d’ansia o altre condizioni di malessere della persona. Le tecniche di rilassamento del training autogeno mirano infatti al raggiungimento dello stato di calma attraverso alcuni esercizi.
Il protocollo del training autogeno può essere praticato da soli o in gruppo, e viene svolto seguendo le indicazioni della voce guida che aiuta a compiere gli esercizi inferiori e superiori di rilassamento caratteristici.
È possibile farlo anche da soli, a casa o fuori casa, purché si abbia cura di alcuni aspetti fondamentali.
I benefici del training autogeno sono molteplici ma, prima di iniziare, è importante:
- collocarsi in un ambiente tranquillo e silenzioso
- indossare un abbigliamento comodo
Per svolgere il training autogeno è possibile assumere tre posizioni:
- la posizione supina è quella consigliata per i principianti: ci si pone con le braccia distese lungo il corpo, i gomiti leggermente flessi, le gambe distese con i piedi che cadono verso l’esterno, la testa leggermente sollevata.
- la posizione seduta consiste nell’utilizzare una poltrona con dei braccioli per sostenere le braccia e lo schienale alto per sostenere il capo.
- la posizione del cocchiere è meno adatta ai principianti e consiste nel sedersi su una panca o uno sgabello tenendo la schiena incurvata, le braccia penzoloni e il capo perpendicolare al grembo, senza mai pendere in avanti sopra le cosce.
Ogni esercitazione ha una durata di circa 10 minuti e va praticata tutti i giorni, almeno 2 volte al giorno. Di fondamentale importanza è la respirazione diaframmatica, una modalità che consente di favorire una corretta respirazione utile alla pratica del training autogeno.
I 6 esercizi del TA
Il protocollo del training autogeno di Schultz prevedeva esercizi in grado di produrre una “distensione concentrativa” in sei settori:
- muscoli
- vasi sanguigni
- cuore
- respirazione
- organi addominali
- capo
Le tecniche del training autogeno utilizzate prevedevano sei esercizi da svolgere in autonomia.
Questi ultimi sono anche noti come esercizi inferiori del training autogeno, perché indirizzati al corpo. Il training autogeno prevede poi anche esercizi superiori, indirizzati alla distensione della psiche.
In origine l’allenamento di Schultz al training autogeno cominciava con l’esercizio della calma, assente nelle formulazioni più recenti.
L’esercizio della pesantezza
Il primo esercizio è quello della pesantezza, che agisce sul rilassamento dei muscoli.
La persona che pratica l’esercizio fa passare nella mente il pensiero: “il mio corpo è pesante”. Si parte dai piedi espandendo la sensazione di pesantezza lungo tutto il resto del corpo fino al capo.
L’esercizio del calore
L’esercizio del calore agisce sulla dilatazione dei vasi sanguigni periferici.
Si immagina che il proprio corpo diventi caldo, focalizzando l’attenzione sulle diverse parti del corpo sempre a partire dai piedi fino alla testa.
Durante questi esercizi di training autogeno le frasi che vengono ripetute sono, ad esempio: “il mio piede è caldo”, “la mia mano è calda”.
L’esercizio del cuore
Questo esercizio agisce sulla funzionalità cardiaca e consente di consolidare lo stato di rilassamento precedentemente ottenuto.
Bisogna ripetersi: “il mio cuore batte calmo e regolare” per 5/6 volte.
L’esercizio respiratorio
Il quarto esercizio si concentra sull’apparato respiratorio e punta a una respirazione profonda, quasi simile a quella che si ha durante il sonno.
Il pensiero da lasciar scorrere nella mente è: “il mio respiro è lento e profondo” per 5/6 volte.
L’esercizio del plesso solare
In questa fase si porta l’attenzione agli organi dell’addome, ripetendosi: “il mio stomaco è piacevolmente caldo” per 4/5 volte.
L’esercizio della fronte fresca
L’ultimo esercizio agisce a livello cerebrale mirando al rilassamento attraverso la vasocostrizione.
Il pensiero che scorre nella mente per 4/5 volte in questo caso è: “la mia fronte è piacevolmente fresca”.
Se il training si svolge durante il giorno si conclude con una fase di ripresa, che consiste nell’eseguire piccoli movimenti per ripristinare le normali funzioni vitali. Se lo si pratica prima di addormentarsi meglio rimanere rilassati, in questo modo si aiuterà il sonno.
Gli esercizi possono essere svolti 3 volte al giorno per i primi mesi, per poi arrivare allo svolgimento anche di una sola sessione.
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