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24/10/2023Joel Rifkin è stato il più prolifico serial killer di New York.
Il serial killer americano Joel Rifkin ha ucciso 17 donne negli anni ’90 prima che la polizia lo fermasse per una targa mancante e scoprisse la sua ultima vittima nel suo bagagliaio.
Gli inizi di Joel Rifkin
Joel nasce il 20 gennaio 1959 ma viene subito abbandonato. A tre settimane di vita viene adottato da Ben e Jeanne Rifkin. Lui è ingegnere strutturale. Lei è una casalinga appassionata di giardinaggio e fotografia. Vivono a New City, una frazione di Clarkstown, New York. Nel 1962 i Rifkin adottano un’altra bambina, Jan.
Dopo alcuni traslochi in pochi anni, la famiglia si stabilisce a East Meadow, Long Island, New York. La famiglia si inserisce senza difficoltà nella comunità benestante, tranne il figlio Joel.
Joel è un bambino molto timido e ha serie difficoltà a socializzare. Si sente una delusione per il padre che ha per lui grandi aspettative. Ha un QI di 128 ma i voti sono sempre bassi. Ha una dislessia non diagnosticata che pesa sulla sua carriera scolastica. A differenza del padre, molto sportivo, Joel non è coordinato ed è incline ad incidenti. È molto goffo, con un viso allungato e spessi occhiali da vista.
Alle medie la situazione non cambia, è sempre vittima dei bulli che lo perseguitano. Non ha amici ed è molto chiuso. Passa maggior parte del suo tempo in compagnia della madre a fare giardinaggio.
Al liceo la situazione degenera. I compagni lo chiamano “The Turtle” (la tartaruga), ha un’andatura molto lenta e goffa, è quasi ingobbito e parla molto poco. Joel non risponde mai ai bulli, la sua reazione è di chiusura in sé stesso e nella sua camera. L’isolamento fisico e psicologico sono la sua unica ancora di salvezza. Lui cerca di avere degli amici ma è sempre vittima di bullismo.
L’evento scatenante
I suoi genitori gli regalano una macchina fotografica. Joel adora fare foto e decide di riprovare a socializzare. Chiede di entrare nel comitato scolastico per l’annuario per scattare le foto agli studenti e alle attività della scuola. Il comitato lo accetta ma subisce l’ennesimo atto di bullismo.
Poco dopo essere entrato a farne parte, alcuni studenti rubano la sua macchina fotografica. Decide di continuare a impegnarsi nel comitato nonostante tutto e lavora duramente.
Dopo alcuni mesi, il progetto dell’annuario è pronto. Joel è molto soddisfatto del lavoro fatto e dell’impegno messo. La delusione totale arriva quando i membri del comitato organizzano una festa e non lo invitano.
È deluso e arrabbiato. Ricomincia a chiudersi in camera ma questa volta ha una nuova passione. In questo periodo di isolamento inizia a subire lo sviluppo psicosessuale.
La sua fissazione diventa Frenzy di Alfred Hitchcock nel 1972. Inizia ad eccitarsi con le scene di donne strangolate.
Le fantasie hanno alla base lo stupro, il sadismo e l’omicidio, tutto fuso in un mondo fantastico malato. Fantasie brutali travolgono i suoi pensieri. Arriva tardi alle lezioni, va via dopo gli altri e rimane sempre chiuso in camera.
I genitori capiscono che è depresso e gli regalano un’auto. Le poche volte che uscirà di casa sarà per andare in cerca di prostitute che studia e osserva. Userà queste immagini per ampliare le fantasie.
Nel 1977 riesce a diplomarsi, tra gli ultimi della classe. Spera che al College la situazione cambi.
Joel e il College
Si iscrive al Nassau Community College di Long Island. Va a lezione in auto ma questo non è un vantaggio. Vivere fuori dal campus non aiuta a socializzare e continua a non avere amici. Joel è solo ed infelice, annoiato dalla vita che fa.
Joel completa un solo corso nell’anno accademico 1977/1978 e chiede quindi il trasferimento a un altro college, quello di Brockport, un sobborgo di Rochester. Gli piace frequentare il club di fotografia ma i risultati accademici continuano ad essere scarsi, con grandissima delusione per i genitori.
In questo periodo frequenta una ragazza ma la storia è destinata a finire. Lei poi lo descriverà come un ragazzo molto dolce ma sempre depresso.
Nel 1980 abbandona anche questo college e ritorno al Nassau College. Frequenta pochi corsi, con periodi bui che spesso prendono il sopravvento. Si dedica alla scrittura, con poesie molto oscure, alla fotografia e al giardinaggio. Le pressioni dei genitori sulla carriera accademica sono soffocanti e alla fine abbandona definitivamente gli studi nel 1984.
Gli anni ’80
Negli anni ’80 ha cercato di lavorare anche mentre frequentava il college. Ha svolto piccoli lavoretti per brevi periodi ma il licenziamento era sempre dietro l’angolo. I datori di lavoro lo descrivono come un ragazzo con scarsa igiene personale, assenteista cronico e inabile al lavoro.
Joel va e viene dalla casa dei genitori. Affitta appartamenti per brevi periodi, cercando una sua indipendenza ma puntualmente ritorna alla casa famigliare. Dice che in quel periodo non riusciva ad avere soldi e quei pochi che aveva li spendeva per strada, in prostitute.
Il padre è un fumatore incallito. Ha un enfisema polmonare quando nel 1986 gli viene diagnosticato anche un cancro ai polmoni. Dopo mesi di sofferenza, cerca di suicidarsi nel febbraio del 1987 con una dose massiva di barbiturici. Morirà dopo pochi giorni in ospedale.
La morte del padre segna il punto di non ritorno. Al funerale, Joel fa un elogio commovente ma nessuno sa cosa abbia in mente. Il vortice depressivo prende il sopravvento e offre il colpo di grazia.
Nell’agosto del 1987 subisce il primo arresto per adescamento. Cerca una prostituta ma si imbatte in una poliziotta sotto copertura. Se la cava con una multa e nient’altro.
Nel 1988 si iscrive a un programma di orticultura. Riceve anche un riconoscimento e una proposta per un tirocinio. Si innamora di una compagna di corso ma lei non ricambia. Questo segna l’inizio della fine.
Le fantasie sono all’ordine del giorno e sa che sta perdendo il controllo, vuole realizzarle. Inizia a studiare un piano per metterle in pratica. A febbraio 1989 sua madre va via per un mese fuori dallo Stato e lui rimane da solo nella casa di East Meadow, l’occasione perfetta.
La perdita di controllo
Una sera, verso le 22, si aggira per l’East Village di Manhattan in cerca di una prostituta. Trova Susie, tossicodipendente, e la carica in macchina. Si fermano svariate volte per acquistare crack e poi la porta a casa. Svogliato fa sesso con la ragazza e quando lei chiede di andare a cercare altra droga, lui la uccide.
Prende il primo oggetto a portata di mano, un guscio di conchiglia, un souvenir, e la colpisce ripetutamente. Si ferma solo quando finisce le forze, stremato. Lei però è ancora viva e gli morde un dito, ferendolo. A quel punto la finisce strangolandola.
Joel la inserisce in un sacco della spazzatura e ripulisce il soggiorno. Si mette a dormire e riposarsi con il corpo lì in soggiorno. Al risveglio porta il corpo in cantina e lo stende sopra la lavatrice e l’asciugatrice. La smembra con un coltello. Per lui è una lezione di biologia, niente di più.
Per impedirne il riconoscimento, le asporta i denti con una pinza e taglia via i polpastrelli. La testa finisce in un vecchio barattolo di vernice vuoto. I pezzi del cadavere sono suddivisi in sacchi e messi nella macchina della madre.
Guida fino oltre il confine con il New Jersey. Abbandona testa e gamba nel bosco vicino a Hopewell. Tornando verso Manhattan abbandona l’altra gamba e torso nell’East River. Pensa che nessuno troverà mai il corpo.
Il bosco è di fianco a un campo da golf. Il 5 marzo 1989 un giocatore recupera la sua pallina finita lontano ma trova anche il barattolo di vernice con la testa. Joel soffre un attacco d’ansia quando la polizia diffonde la notizia per cui la vittima era sieropositiva. Il suo omicidio rimarrà un mistero fino al 1993 e la vittima verrà identificata grazie al DNA nel 2013 come Heidi Belch.
La scia degli orrori
La scia di morte riprende verso la metà del 1990. La madre non è a casa e lui decide di agire di nuovo. La vittima è Julie Blackbird e la sceglie per il suo look in stile Madonna. La porta a casa ma alle 9 del mattino la uccide colpendola con la gamba di un tavolo e poi la strangola.
Vuole avere un rapporto sessuale con il corpo ma non ci riesce. Acquista dei sacchi di cemento e un grande mortaio. Taglia il corpo a pezzi e li mette in secchi appesantiti dal cemento. Guida verso Manhattan e si libera delle prove.
La testa e il busto finiscono nell’East River. Le braccia e le gambe in un canale di Brooklyn. Non verrà mai trovato nulla. Il racconto deriva dalla confessione di qualche anno dopo e l’unica prova è il diario di lei trovato nella camera da letto di Joel.
Ad aprile 1991 apre un negozio di giardinaggio. Si lamenta di avere pochi clienti con il proprietario del locale e già dopo pochi mesi accumula affitti arretrati da pagare. Nel frattempo, decide di usare il negozio e il deposito come luoghi per i “lavoretti” e di transito.
Il 13 luglio 1991 prende su Barbara Jacobs, prostituta. La porta a casa ma mentre lei dorme, lui la uccide. La aggredisce prima con la gamba del tavolo e poi la strangola. La smembra, mette i pezzi in una scatola di cartone e butta tutto dentro al Hudson River.
Poche ore dopo, i vigili del fuoco la trovano durante un’esercitazione. Questa volta la notizia non gli fa alcun effetto. Il coroner stabilisce una morte per over dose e verrà sepolta senza identità, una Jane Doe qualunque. La verità verrà a galla solo due anni dopo, durante la confessione di Joel.
Frenzy
Il 1° settembre 1991 Joel incontra Mary Ellen DeLuca nel Queens. Ha 22 anni ed è tossicodipendente. Joel gira per le vie di New York acquistando droga per lei fino all’alba. Si rifugiano in un motel economico per consumare. Lei continua a lamentarsi, vuole altra droga. Lui alla fine le chiede se vuole morire. Lei avrebbe risposto di sì. La strangola e, a dire di Joel, non ha provato nemmeno a difendersi. Dirà poi che questo è stato l’omicidio più strano che abbia mai commesso.
Joel ha un problema. Fuori è giorno e non può certo trascinare un corpo fino all’auto e passare inosservato. A questo punto ripensa alla sua fantasia primaria, Frenzy, il film di Hitchcock che lo ha segnato. Esce e va a comprare un baule e torna nel motel. Inserisce il corpo a forza dentro e lo carica in auto.
Guida fino alla Orange County e abbandona il corpo poco fuori Cornwall. La trovano il 1° ottobre, in un avanzato stato di decomposizione che impedisce il riconoscimento e conoscere la causa di morte. Viene sepolta come Jane Doe. La sua identità si scoprirà due anni più tardi.
La selezione delle vittime era casuale. Ogni notte si intratteneva con prostitute che risparmiava ma per capriccio occasionalmente ne uccideva una. Non uccideva mai prostitute che conosceva, fino alla vittima numero 5.
Yun Lee è una prostituta di 31 anni di origini coreane. A settembre 1991 la carica in auto ma è già la seconda quella sera e non riesce ad arrivare all’orgasmo. È la prima volta che uccide una prostituta che conosce e prova persino un fugace rimorso.
Joel la inserisce nello stesso baule usato per Mary DeLuca e la getta nell’East River. Viene trovata il 23 settembre mentre galleggia oltre Randalls Island. Viene identificata dall’ex marito.
Non si ferma
La vittima numero 6 non verrà mai identificata. La uccide poco prima del Natale del 1991. La carica in auto e si appartano in una via di Manhattan. Lui la strangola durante un rapporto orale. La lascia sul sedile del passeggero, la porta nel posto di lavoro e la copre con un telo.
Va in un impianto di riciclaggio a Westbury dove ha lavorato per un periodo e compra un barile vuoto. Torna, la mette nel barile e poi lo carica nel retro del pick-up. Va verso il sud del Bronx, in una zona piena di rifiuti abbandonati e la fa rotolare verso l’East River. Due poliziotti lo fermano, lo accusano di abbandono di rifiuti ma lo lasciano andare con un avvertimento.
Il 26 dicembre usa lo stesso metodo su Lorraine Orvieto, 28 anni, tossicodipendente e maniaco-depressiva. Un pescatore troverà il corpo solo l’11 luglio 1992, due mesi dopo la denuncia di scomparsa. Il sogno di qualsiasi omicida: nemmeno alla famiglia importava della vittima.
Il 2 gennaio 1992 Joel esce a caccia di nuovo. Mary Ann Holloman, 39 anni, è la sua vittima più vecchia. Quando non si prostituisce, cuce perizomi personalizzati per spogliarelliste. La porta nello stesso parcheggio dove ha ucciso Yun Lee e la strangola durante un rapporto orale. Diventa un gesto automatico e veloce, senza rischi. La porta a Long Island, la inserisce nel barile e la scarica a Coney Island, nel torrente.
Il 9 luglio una chiamata anonima segnale i resti galleggianti di Mary Ann, solo due giorni prima del ritrovamento di Lorraine Orvieto. Viene identificata grazie alle impronte dentali e restituita alla famiglia. Due corpi in due giorni indicano chiaramente la presenza di un serial killer ma la polizia ritiene che con 2.000 casi di omicidio all’anno, le prostitute non siano una priorità.
Una scia di omicidi
La vittima numero 9 emerge prima delle vittime 7 e 8. La carica a Manhattan verso gennaio o febbraio ma non si ricorda molto di lei. Ricorda che aveva molti tatuaggi e che aveva lottato strenuamente.
La smembra e la mette nell’ultimo barile vuoto. La butta nel torrente Newton a Brooklyn. Il corpo viene trovato il 13 maggio 1992. La cocaina in corpo porta la polizia a pensare sia morta per overdose durante un trasporto di cocaina, pensano a un “mulo” della droga finito male a causa di ovuli rotti. Non è mai stata identificata.
Frequenta un corso di giardinaggio nel 1992, tornando a studiare. Il proprietario del locale dove ha il negozio pretende di avere i suoi 700$. L’attività è fallita. Lui si isola e si distrae aggiustando la macchina, prendendo video porno a noleggio e cercando altre prede.
Iris Sanchez, 25 anni, dipendente dal crack e prostituta. Si assenta dal lavoro e trova Iris. La carica in auto in pieno giorno nel weekend della Festa della Mamma. Vanno verso un complesso in costruzione a Manhattan per appartarsi. La strangola durante un rapporto orale e guida con il corpo a fianco lungo il ponte di Brooklyn alla ricerca di uno spiazzo per buttarla.
Trova una discarica illegale e la nasconde sotto un materasso vicino a Rockaway Boulevard. Come per tutte le vittime si tiene i gioielli ed i documenti. Verrà trovata a giugno 1993 grazie a una mappa disegnata da Joel.
Involuzione del modus operandi
Anna Lopez, 33 anni, cocainomane e prostituta. Ha tre figli avuti da tre padri diversi ma si prostituisce per la droga. La carica la sera del 25 maggio, il Memorial Day, sulla Atlantic Avenue, nel Queens e si appartano lì vicino. La uccide e poi guida nella notte verso Brewster, nella contea di Putnam.
Abbandona il corpo lungo la I-84 (un’autostrada interstatale). Un motociclista trova il corpo il giorno dopo. Le manca un orecchino che verrà poi trovato tra i trofei in camera di Joel.
Violet O’Neill, 21 anni, prostituta. È la prima volta, dopo quasi un anno, che porta una preda a casa. Sta cambiando il suo modus operandi. La strangola dopo aver consumato un rapporto sessuale e la smembra dentro alla vasca da bagno.
Come con le altre, sparge i pezzi attorno a Manhattan. Il torso viene trovato nell’Hudson, avvolto in un sacco di plastica nera, mentre braccia e gambe verranno trovate in una valigetta in una discarica.
Joel perde il controllo
Mary Catherine Williams, 31 anni, è una ex reginetta del ballo e cheerleader. Dopo il divorzio nel 1987 spera di trovare fortuna a New York ma finisce per drogarsi e vivere per strada. Joel l’aveva frequentata altre volte ma il 2 ottobre 1992 è diverso. Lui si presenta con una dose, consumano un rapporto fugace e lei si addormenta in macchina.
Lui cerca di strangolarla ma lei lotta e con un calcio rompe il cambio dell’auto. A fatica riesce a far ripartire l’auto e la porta a Yorktown, un sobborgo di Westchester, dove viene trovata il 21 dicembre 1992.
Si tiene la carta di credito di lei e una borsetta di vimini piena di bigiotteria. Questa borsetta porterà gli investigatori a credere che le vittime fossero più di 17. Il corpo viene identificato solo dopo la confessione.
Jenny Soto, 23 anni, tossicodipendente. Joel la carica il 16 novembre alle 23 vicino al ponte Williamsburg. È stata la vittima più difficile perché si è difesa con tutte le sue forze, tanto da rompersi dieci unghie delle mani artigliando la faccia e il collo dell’assassino.
Le ha tolto tutti gli oggetti che aveva e poi l’ha buttata nel fiume Harlem, proprio nel punto in cui Yun Lee era stata ritrovata 14 mesi prima. Viene trovata il giorno dopo e identificata subito dalle impronte digitali prese durante l’ultimo arresto. La polizia ha sospettato sempre del suo ex fidanzato.
La lotta per la sopravvivenza di Jenny lo costringe a prendersi una pausa. Le ferite che ha su faccia e collo lo portano a rallentare la corsa, oltre che a trovare delle scuse credibili. Si ferma per circa tre mesi e pensa a come agire meglio, senza rischi o tracce.
La furia finale
Il 27 febbraio 1993 incontra Leah Evens, 28 anni. Vive a Brooklyn con la madre e i due figli, divorziata. Si prostituiva per comprarsi la droga e mantenersi i vizi. Si fermano in un parcheggio abbandonato ma lei non ha nemmeno il tempo di svestirsi che lui la strangola.
La porta a Long Island, nella zona più a est, e la sotterra in una tomba poco profonda. Viene trovata il 9 maggio da alcuni escursionisti. Un antropologo forense riceve l’incarico di ricostruire il viso della vittima ma Joel confessa prima che sia finito.
Lauren Marquez ha 28 anni, è tossicomane e prostituta. Il 2 aprile 1993 incontra Joel. Si appartano vicino al ponte di Manhattan e lui inizia a strangolarla senza nemmeno avere un rapporto sessuale.
Joel si blocca quando un uomo che porta a spasso il cane passa vicino alla macchina e Lauren quasi riesce a scappare. Lei resiste e lotta ma lui le spezza il collo. Scarica il corpo in una foresta di pini nella contea di Suffolk, dove rimane fino al suo arresto.
L’autopsia rileva che ha il collo spezzato ma anche le costole fratturate. Joel sostiene di non ricordare di averla colpita. Viene identificata grazie al test del DNA il 20 agosto 1993.
La cattura
Tiffany Bresciani è l’ultima vittima, prostituta tossicodipendente. All’alba del 24 giugno 1993 lei è la seconda prostituta di quella notte folle, la quarta in due giorni. Si appartano in un parcheggio abbandonato e la strangola quasi subito. Mentre torna a casa, Joel si ferma in alcuni negozi a comprare corde e teli mentre lei è stesa sui sedili posteriori. Torna a casa e lei è nel bagagliaio avvolta in un telo.
Appena torna a casa, la madre prende la macchina per fare dello shopping con il corpo nel bagagliaio. Joel vive una brutta mezz’ora. Joel porta la donna nel garage e la lascia in una carriola.
Passa i successivi tre giorni come in uno stato dissociativo, lavora sull’auto e ignora il caldo torrido e l’odore di decomposizione che pervade l’aria.
Il 28 giugno si decide e la carica in auto per liberarsene. Mentre guida verso l’aeroporto Melville, due state troopers (poliziotti di stato) notano che l’auto è senza tarda. Cercano di fermarlo, usano le sirene e l’altoparlante ma lui non si ferma. Alla fine, Joel si schianta contro un lampione e si rassegna. L’odore è vomitevole ed i poliziotti capiscono subito di cosa si tratti.
Viene arrestato alle 3:30 circa e portato in centrale per essere interrogato. Gli interrogatori iniziano alle 8:30 e terminano verso le 17, senza pause e negandogli un legale. In queste ore confessa 17 omicidi e disegna le mappe per far ritrovare alcuni corpi.
Nel suo garage viene trovata la motosega con cui ha sezionato i cadaveri imbrattata di sangue e con ancora dei resti umani attaccati.
Non esiste alcuna registrazione delle confessioni. Il 29 giugno compare davanti al giudice che decide di negare la cauzione in attesa di giudizio. Viene portato in carcere.
I legali cercano di fargli ottenere uno sconto per insanità mentale ma falliscono. Viene riconosciuto colpevole per 9 omicidi e condannato a 203 anni di carcere. Attualmente è ospitato presso il Clinton Correctional Facility nella contea di Clinton, New York.
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