
Gestire i capricci
09/12/2016
Il segreto di Casanova
10/12/2016La fase distruttiva dei bambini è una fase per fortuna passeggera.
Nell’età evolutiva, che va dai primi mesi sino ai primi anni della scuola primaria, i bambini attraversano una fase piuttosto problematica per i genitori che la subiscono, è una fase che viene chiamata “distruttiva”.
Altro non è che una fase in cui conosce ed impara a gestire determinate emozioni e sensazioni.
In quest’età il bambino diventa un demolitore dei suoi giocattoli, degli oggetti che gli appartengono o degli altri, ed acquisisce delle forme aggressive anche nel linguaggio e nell’atteggiamento.
Una fase passeggera e transitoria che spesso preoccupa i genitori, proprio perché arriva imprevista, di solito immotivata, spesso accompagnata dai capricci, e non si sa come gestire.
Sono i vecchi istinti primordiali dell’uomo che subentrano nel comportamento in un’età soprattutto esplorativa delle percezioni e delle emozioni, istinti che il bambino sente e che deve imparare a conoscere e a dominare.
Fase: i terribili 2 anni
Uno dei momenti che possono mettere in crisi i genitori è quello della cosiddetta “fase del no”, anche definita in modo eloquente dei “terribili due anni”, che si manifesta in tutti i bambini solitamente a 2-3 anni.
Improvvisamente, ogni occasione quotidiana diventa scenario di sfuriate di rabbia, pianto disperato, rifiuto, opposizione, dove ogni cosa viene distrutta.
Se alcuni genitori interpretano questi comportamenti semplicemente come capricci, altri ne restano turbati, preoccupati, temono che possano essere segnali di un disturbo o la conseguenza di propri errori educativi.
I genitori pensano che il problema riguardi solo i propri figli e non sanno che si tratta invece di una fase fisiologica e normale dello sviluppo infantile che ha, anzi, un significato positivo, in quanto corrisponde alla comparsa della consapevolezza di essere individui autonomi e in grado di esercitare la propria volontà.
In questa fase, i piccoli scoprono il potere della magica parolina “NO” e la ripropongono sistematicamente, ribellandosi cocciutamente a qualsiasi richiesta o proposta.
Ai genitori esasperati suonerà strano, ma in realtà il “no” del piccolo rappresenta una conquista, un segnale positivo: la capacità di essere autonomo e distinto dagli adulti che se ne prendono cura.
Dal momento in cui viene al mondo, il bimbo può crescere ed evolvere solo attraverso una graduale e progressiva separazione dalla figura di accudimento.
All’inizio si sente ancora un tutt’uno con l’adulto e per arrivare alla consapevolezza di essere un individuo separato, con i suoi gusti o i suoi desideri diversi da quelli del genitore, è necessario un lungo percorso.
Quando a due anni dice “No!” e distrugge il piccolo rivendica la sua autonomia, incomincia ad avere il senso del possesso, è come se scoprisse per la prima volta di essere davvero diverso dalla mamma e dal papà.
I comportamenti aggressivi
Secondo Sigmund Freud nella fase cosiddetta anale, che insorge nell’età compresa fra i 18 e i 36 mesi circa, le attenzioni del bambino si spostano dalla zona orale, relativa alla bocca ed alla necessità della suzione di qualunque oggetto per poterlo riconoscere, a quella anale che corrisponde ad uno sviluppo fisico e l’acquisizione del controllo delle funzioni sfinteriche.
Il bambino prova appagamento nel gestire i movimenti sfinterici in autonomia, in essi trova il soddisfacimento delle pulsioni imparando così a sviluppare autostima e autonomia.
Prova, inoltre, interesse e piacere per i propri escrementi, tanto da considerarli talvolta come un dono fatto alla madre (prendetelo come tale perché è un gesto amorevole e di generosità).
In questa fase, come in quella orale, il bambino può provare angoscia e frustrazione riconducibili al suo ambiente e ad alle legittime richieste di autonomia gestionale imposte dai genitori.
I bambini iniziano a manifestare marcate differenze rispetto a comportamenti di tipo aggressivo, per cui alcuni bimbi più di altri tendono, in situazioni che generano rabbia e frustrazione, a colpire, spingere e a lanciare oggetti.
Questi ed altri comportamenti aggressivi continueranno ad essere esibiti per tutto il periodo prescolare aumentando di intensità fino a raggiungere il momento culminante all’asilo, per poi decrescere nel periodo delle scuole elementari.
Sono comportamenti del tutto normali, evolutivi, diretti ad una conoscenza emotiva interna ed esterna, un linguaggio fatto di reazioni e comportamenti con cui comunicare all’esterno per tastarne la reazione, comprendere il significato ed il peso di ogni azione e la risposta generata sia in termini fisici che emotivi.
Se non vi sono particolari situazioni ambientali problematiche, la fase andrà calando diventando sempre più gestibile.
Infatti, gli episodi reattivi, aggressivi e violenti (che non sono mai stati tali da essere segnalati) tenderanno a diminuire nel periodo compreso tra i 2 e gli 11 anni sino alla completa quiescenza.
L’aggressività non gestita
Secondo uno studio psicologico se il bambino nei primi due anni non viene adeguatamente educato dai genitori, o dal caregiver, potrebbe originare in un comportamento cronico aggressivo e violento.
Uno strumento principe per l’educazione del bambino è il gioco, attraverso questo tipo di attività ludica può essere insegnato il rispetto degli altri, delle cose altrui e della convivenza con gli altri bambini.
La prima cosa da fare di fronte ad una reazione nervosa del bambino è non reagire con altrettanta aggressività.
I bambini sanno mettere a dura prova i nervi dei genitori ed educatori, ma non fatevi intimorire, ogni vostra vittoria sulla gestione dell’emotività è un insegnamento che il bimbo difficilmente scorda.
Col tempo impara a comprendere che con capricci ed urla, distruggendo gli oggetti, non ottiene l’attenzione così come inizialmente sperata, quindi si adatterà di conseguenza.
Superato il momento di rabbia, anche dopo ore od il giorno successivo, porterete all’attenzione di vostro figlio l’analisi del suo gesto e dei suoi atteggiamenti e le vostre reazioni ad esso.
Non abbiate paura a dire “NO!” al vostro bambino, dirgli quanto siete stati delusi o scontenti di quanto è successo, fategli capire che potrebbero ottenere più attenzione e coccole con manifestazioni più positive.
Fate realmente seguire più attenzione ed affetto quando opterà per gli atteggiamenti più responsabili, per lui è importante che voi manteniate ciò che avete promesso.
Questa fase di comprensione delle conseguenze delle proprie azioni è importantissima perché aiuta il piccolo a giudicare il proprio agito e a prevedere le conseguenze.
Soprattutto non sostituite i giocattoli rotti con altri nuovi, almeno non subito.
Il bambino deve imparare che le sue azioni hanno degli effetti tangibili: dunque se distruggerà il suo giocattolo se lo ritroverà il giorno dopo ancora rotto.
In tal modo comprenderà non solo il dispiacere dell’aver agito violentemente, ma potrà tastare con mano che un simile comportamento ha causato delle conseguenze che non possono essere più modificate, il suo adorato giocattolo rimarrà dunque rotto, non funzionante o privo di alcune parti.
In questo modo il piccolo ha la possibilità di comprendere ciò che è bene da ciò che fa male, ciò che rompe gli rimane rotto, imparando a trarne dei giudizi di valore e di opportunità.
L’atteggiamento di rompere i giocattoli degli altri può nascondere dell’invidia, ma anche questo sentimento deve essere gestito perché nella vita non potrà avere sempre tutto quello che vuole, quindi è buona cosa che impari sin da piccolo ciò che gli appartiene e ciò che appartiene ad un altro, imparando il rispetto della proprietà altrui e dei limiti fisici ed emotivi che questa impone.
Pretendere di avere ogni cosa per capriccio non solo non è educativo ma compromette la socialità ed il senso del rispetto altrui del vivere quotidiano del futuro adulto.
Fare il genitore è il lavoro più difficile al mondo perché comporta la gestione di reazioni di insofferenza, stress e rabbia che sono immediate e di pura reattività:
Ma non preoccupatevi se vi irritate, e non sentitevi in colpa se a volte perdete la pazienza, anche attraverso le vostre reazioni emotive il vostro bambino sta imparando a prenderne coscienza delle reazioni che mostrano gli altri ad ogni suo agire, maturando ed evolvendosi con comportamenti più adeguati e consoni.
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