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20/12/2019Una buona capacità di gestione dei conflitti è essenziale nella vita.
I conflitti sono una parte integrante di ogni relazione. Se infatti ci pensiamo, è facile riconoscere come in ogni relazione della nostra vita ci siano stati degli scontri. Ancor più interessante, è ricordare che più le relazioni sono importanti ed intime e più è frequente l’insorgere della conflittualità.
Gestire i conflitti
La gestione dei conflitti è un tema importante e centrale dell’esistenza di ognuno. Si tratta di una skill che definisce il modo in cui ci relazioniamo con gli altri, sia al lavoro che nella vita, anche in situazioni di disaccordo.
Imparando a gestire conflitti e le situazioni critiche, sviluppiamo la nostra capacità sociale e impariamo a giungere a compromessi che ci permettano di raggiungere obiettivi in maniera condivisa.
Il conflitto è una tensione, una divergenza o un contrasto che può manifestarsi tra individui o gruppi. Viene a galla, e non usiamo questa espressione a caso, quando delle aspettative non vengono attese o dei bisogni non vengono soddisfatti.
In ogni situazione conflittuale, infatti, a prescindere dal contesto, dalla tipologia e dagli attori in campo, c’è sempre due cose: il problema che rappresenta il contenuto esplicito del conflitto e una componente emotiva, molto spesso sotto forma di disagio.
Nei conflitti troviamo sempre una parte evidente e una nascosta (che spesso racchiude le vere motivazioni). Non tutto appare evidente ed esplicito, ma l’elemento sotterraneo, poco visibile o semplicemente nascosto, è in genere quello che ha la forza maggiore nella dinamica conflittuale.
Una metafora che ci aiuta a chiarire questo punto è quella dell’iceberg: un iceberg ha sempre una parte esterna, che sta fuori dall’acqua, sostanzialmente molto più piccola rispetto a tutto il resto della sua struttura, cioè la parte che sta sott’acqua, più profonda e non visibile.
La punta dell’iceberg corrisponde alla parte esplicita del conflitto, a volte anche pretestuosa, ma che nasconde un bisogno che non può essere accantonato: quello che sta sotto.
Invece, quella sott’acqua è la parte interna del conflitto, quella sommersa, invisibile, a volte anche inconsapevole. Spesso l’aspetto nascosto della dinamica conflittuale riguarda emozioni, bisogni, paure e interessi che non è per niente facile riconoscere e far affiorare.
La prima regola per capire come comportarsi e relazionarsi durante la gestione del conflitto è, dunque, ricordare che esso agisce sempre su due livelli: uno visibile ed esplicito ed un altro invisibile e implicito.
Proprio questo livello sommerso, come la parte sommersa di un iceberg, è quella più grande e che ha maggiore potenza nel direzionare il conflitto stesso. Questa parte andrebbe esplicitata il prima possibile.
Le fasi del conflitto
I conflitti sono una costante nel nostro mondo relazionale. É normale che si presentino e sono la prova del fatto che, nella nostra vita professionale, sociale o personale, stiamo entrando in connessione con altri individui.
Quello che fa la differenza, però, circa il loro lascito, è come noi li affrontiamo, gestiamo e risolviamo. Proprio la nostra attitudine sarà la discriminante tra un conflitto distruttivo e uno costruttivo
I conflitti non si hanno solo quando si manifesta lo scontro, ma si tratta di fenomeni che, come tutti i fenomeni naturali, si sviluppa in diverse fasi.
All’inizio c’è una fase di quiete che precede l’acuirsi delle divergenze e in cui il conflitto non è percepito da nessuno.
È seguita da una fase di latenza, in cui il conflitto non è visibile, non è esplicito ma è nell’aria. Per esempio, c’è nervosismo, c’è tensione e non si riesce a portare avanti come si vorrebbe le attività in cui siamo impegnati, si percepisce un malessere non ancora esplicitato.
Il passaggio successivo è quello dell’escalation, cioè quando avviene un aumento parallelo di intensità e violenza. Quando si innesca questa fase c’è una moltiplicazione del numero delle questioni di disaccordo ed è molto più difficile gestirla.
Ogni dinamica conflittuale ripercorre sempre tre fasi:
- La quiete, prima del conflitto
- La latenza, seconda fase del conflitto
- L’escalation, terza fase del conflitto
Nella prima fase il conflitto non esiste ancora, ma si avvicina; nella fase di latenza il conflitto inizia ad essere percepito dagli interessati anche se non ancora definito, ovvero si vede il ghiaccio che galleggia, ma non si ha ancora idea della grandezza dell’iceberg. Nella terza ed ultima fase, quella dell’escalation, il conflitto viene a galla in maniera prepotente e incontrollata.
Conflitti familiari
I conflitti familiari più frequenti riguardano situazioni o dinamiche di cambiamento non accettate. Allo stesso modo, hanno a che fare con abitudini negative che mettono radici e diventano modelli di comportamento che ostacolano il dialogo e le relazioni interpersonali.
Al di là dei motivi per cui sorgono i conflitti familiari più frequenti, è bene non perdere di vista il fatto che anche questi costituiscono un’opportunità di crescita. La famiglia è l’unità sociale di base e gli apprendimenti che ne derivano hanno un valore incalcolabile per altre dimensioni della vita.
Litigi, disaccordi e incomprensioni sono normalissimi. Ogni rapporto ne è caratterizzato e la famiglia non fa eccezione.
Tuttavia, è importante sviluppare e mettere in pratica strategie per gestire i problemi e trarre vantaggio da queste esperienze. Nelle righe che seguono sono riportati alcuni dei conflitti familiari più frequenti e anche alcuni consigli per risolverli.
Contrasti generazionali
Ci sono età e momenti nella vita in cui è più probabile avere relazioni conflittuali. Tra questi vi è l’adolescenza, fase in cui i cambiamenti avvengono a una velocità travolgente. Durante questi anni, il conflitto va di pari passo con l’affermazione.
Accade qualcosa di simile nella fase di passaggio dalla mezza età alla vecchiaia. È una transizione non sempre facile e che comporta molti cambiamenti nella vita di una persona. A volte si reagisce con irascibilità e anticonformismo.
In entrambi i casi, la famiglia deve offrire comprensione. Né gli adolescenti né gli anziani avranno ragione in molti casi, ma hanno bisogno di essere giudicati né che sia richiesto loro un equilibrio che non possono raggiungere, almeno momentaneamente.
Perdite e malattia
Le perdite sono uno dei motivi più frequenti di conflitti familiari. La morte di un familiare o di una persona cara ha un notevole impatto sui parenti. È normale che ciò generi rabbia e frustrazione.
Anche perdere qualcosa di significativo, come un lavoro importante, un’attività, un’opportunità, ecc., ha degli effetti. Non possiamo superare l’accaduto automaticamente, bensì abbiamo bisogno di tempo per elaborare quanto è successo.
Non dimentichiamo poi i tanti problemi e conflitti che si crea in seguito all’apertura della successione del parente defunto: le crisi di tipo economico sono in assoluto le più frequenti.
La malattia di un familiare può scatenare diversi dissapori su come deve essere gestita, da chi ed in quale maniera. Ciò si verifica in particolare quando si tratta di una malattia terminale o cronica che implica la necessità di assistenza.
Queste situazioni richiedono un dialogo aperto e onesto. È importante distribuire i compiti e assegnare le responsabilità nel modo più equo possibile. In questo modo si offrirà assistenza di qualità alla persona malata e nessuno sarà eccessivamente sopraffatto.
Problemi passati irrisolti
I problemi familiari irrisolti non vengono semplicemente lasciati alle spalle. Nella maggior parte dei casi si trasformano in tensione o risentimento latenti, che finiscono per emergere in un modo o nell’altro: ostilità, malumore, sfiducia, ecc.
Anche se a volte è impossibile trovare una soluzione a un problema, non è una buona idea nascondere la polvere sotto il tappeto. L’ideale è riflettere su quello che è successo e trovare il momento adatto per parlarne e chiarire le cose.
Ruoli indefiniti
Spesso i conflitti familiari si verificano perché non c’è una chiara distinzione riguardo al ruolo che ciascuno dovrebbe svolgere all’interno del gruppo sociale o familiare. In ogni famiglia i ruoli all’interno di essa devono essere ben stabiliti perchè ci sia una crescita costruttiva per tutti.
Succede quando i genitori finiscono per chiedere consiglio ai figli o quando sono i figli a dettare regole e dare ordini, le responsabilità sono quindi ridistribuite in modo inappropriato, non tenendo conto della reale maturità delle persone coinvolte.
In quanto struttura sociale quale è, l’ideale è che una famiglia abbia ruoli ben definiti, in particolare quelli degli adulti che devono essere autorevoli. In caso contrario, molto probabilmente si sfocia in una certa anarchia che causa incomprensioni, ingiustizie o confusione.
Favoritismi
I favoritismi generano conflitti familiari perché in molti casi sono la base di una struttura ingiusta e discriminatoria. Una casa è tale perché ogni membro ha un posto indiscutibile nel gruppo umano.
È vero che non ci sarà mai un’equità totale, ma ci deve essere una ferma volontà di essere equi con tutti. Alcuni membri della famiglia saranno brillanti e di successo, altri non tanto.
Tuttavia, il fondamento dei legami familiari è l’amore incondizionato. Questo non dovrebbe mai essere messo in discussione.
Aggressività e mancanza di rispetto
L’aggressività non è solo una delle cause più frequenti dei conflitti familiari, ma di qualunque altro dissapore in generale. L’abuso è inaccettabile, almeno nella vita di una persona interessata a preservare la propria salute mentale.
Qualche momento di aggressività è perfettamente normale. Il problema si presenta quando diventa uno schema frequente e ripetitivo. Il risultato è spesso una catena di ferite che a volte non si rimarginano mai.
Affinché una famiglia, e qualsiasi gruppo umano, sia costruttiva per le persone che ne fanno parte, il confine della mancanza di rispetto non deve mai essere superato.
In caso contrario, i legami si deteriorano significativamente e si va incontro a effetti emotivi non indifferenti. Difficilmente una relazione sarà di nuovo la stessa dopo un atto irrispettoso.
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