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07/06/2017I nostri antenati condizionano la nostra vita.
La prima studiosa a parlare della sindrome degli antenati è stata la psicologa Anne Ancelin Schützenberger la quale ebbe a mettere in evidenza la trasmissione transgenerazionale dei comportamenti psichici.
Secondo la sua teoria sarebbe la trasmissione inconscia e involontaria nei legami transgenerazionali della ripetizione degli eventi irrisolti che ci condurrebbero nelle nostre scelte di vita attuali, senza che ce ne rendiamo conto consciamente, a determinate azioni.
La catena degli antenati
Seguendo questa teoria, le persone proseguono in vita la catena delle generazioni precedenti, dei nostri antenati, pagando un pegno al passato e, fin tanto che non si è “cancellato il debito”, una “alleanza invisibile” spinge a ripetere, che lo si sappia o meno, l’evento o gli eventi traumatici, le morti, le ingiustizie, persino le loro eco.
La Schützenberger sostiene che “siamo in fondo meno liberi di quanto crediamo”, possiamo riconquistare la libertà capendo i sottili legami che ci tengono ancorati al passato, per poi lasciarli andare.
Afferrando questi fili nella loro complessità potremo così vivere la nostra vita e non quella dei nostri genitori, nonni o di un fratello morto, per esempio, che rimpiazziamo, consapevolmente o a nostra insaputa, nella “catena” del nostro albero genealogico che apparteneva ai nostri antenati.
Inevitabile ammettere che i vissuti, gli eventi e le esperienze affrontate dalle nostre famiglia, anche quelle che non abbiamo mai conosciuto perché troppo lontane da noi, abbiano un “peso” nella nostra esistenza perché, se non direttamente a noi, ci sarà comunque capitato di venire a conoscenza di dinamiche intricate in cui le famiglie si rompono magari per un’eredità o per un forte lutto, e sicuramente ognuno di noi, portando per un attimo l’attenzione al proprio albero genealogico, può “sentire”, “percepire”, “visualizzare”, una qualche disarmonia.
Ogni individuo è frutto della storia dei propri genitori, dei propri antenati e del tessuto relazionale e comportamentale che da generazione a generazione si tramanda in modo potente e silenzioso.
Questo concetto, già espresso in qualche modo da Freud e Jung come “psiche collettiva” e “inconscio collettivo”, viene definito dalla psicologa Anne Ancelin Schutzenberger “sindrome degli antenati”.
L’autrice ne parla affermando che: “La vita di ciascuno di noi è un romanzo. Voi, me, noi tutti viviamo prigionieri di una ragnatela di cui siamo anche gli artefici. Siamo piccoli anelli di una catena molto lunga e possente, difficile da spezzare, soprattutto se non si è consapevoli di essere solo una parte in gioco di legami che durano da secoli e, in qualche modo, continuano ad influire nella nostra vita di oggi”.
Legami lontani
Ognuno di noi vive la sua quotidianità relazionandosi con il mondo circostante, mettendo in atto comportamenti ed esercitando scelte che non sono solo dettate dal nostro temperamento ma anche inconsciamente da ciò che abbiamo appreso, fin dai primissimi anni di vita, dai nostri caregiver e dalle nostre figure di riferimento fino ai nostri antenati.
Queste ultime, a loro volta, sono ciò che sono diventate grazie alla loro storia e alle figure salienti che hanno seminato dentro di loro ciò che è stato appreso dagli antenati. Si traccia così un albero genealogico in cui vengono tramandate inconsciamente:
- caratteristiche
- comportamenti
- modalità relazionali
- valori e aspettative
di padre in figlio, di generazione in generazione, dagli antenati a noi.
Il passato della nostra famiglia, il vissuto dei nostri antenati e le relazioni all’interno di essa che l’hanno caratterizzata incidono sui nostri comportamenti e sulle nostre scelte. Questo bagaglio familiare può influenzare la nostra vita relazionale (come quella di coppia o quella genitoriale) e la nostra vita lavorativa.
Come vengono gestiti i ruoli all’interno della famiglia, i piccoli gesti, i tic del nonno, sono tutti elementi che ci vengono trasmessi e che noi inconsciamente riproduciamo.
Il passato che condiziona
Il passato, il vissuto dei nostri antenati, può condizionare alcuni aspetti della nostra vita, in particolare può condizionare:
- la scelta del partner
- l’essere genitore
- il lavoro
La scelta del partner
Il partner che verrà più comunemente scelto avrà alcune caratteristiche riconducibili alla figura di riferimento avuta. Riattiverà nell’individuo quel modello relazionale “già visto e conosciuto” che in qualche modo permetterà al soggetto di “sentirsi a casa” nella sua comfort zone, anche se questa non sempre è funzionale per l’individuo stesso.
Probabilmente il soggetto si troverà nuovamente coinvolto in dinamiche che riattiveranno un “vissuto arcaico”, modalità che hanno visto coinvolto inconsciamente il suo “bambino interiore” in un teatro del trigenerazionale.
Per questo motivo ci si ritrova inevitabilmente a scegliere lo stesso tipo di persone, sia nelle relazioni che nelle frequentazioni.
L’essere genitori
Diventare genitori è un momento di cruciale importanza per l’adulto che si accinge a creare una sua famiglia. Si mettono in gioco tante componenti che si intrecciano:
- ciò che ci è stato insegnato dai nostri genitori
- il bagaglio di valori passato da generazione a generazione dagli antenati
- le modalità apprese nel prendersi “cura dell’altro”
- il saper, in modo sano, mettersi in ascolto dei bisogni di un figlio per renderlo in futuro un adulto sicuro e sereno.
La genitorialità diventa una grande opportunità di crescere come individui, perché si ritorna all’interno della relazione duale “genitore-figlio”, anche se con un altro ruolo. In questa dualità spesso i genitori possono sentirsi costretti in modelli di interazione disfunzionali e ripetitivi spesso opposti a modelli di cura e amore che avrebbero desiderato per sé stessi e per i propri figli.
Il lavoro
Un altro ambito relazionale in cui un adulto si trova è quello lavorativo. Anche qui si intrecciano relazioni tra individui che hanno una loro storia e un loro passato.
Ci si ritrova a fare il lavoro della famiglia, delle precedenti generazioni, degli antenati. Si percepiscono le stesse passioni e gli stessi interessi che ci sono stati tramandati.
In pratica si coltivano le passioni e le attività che furono degli antenati, le si sentono come innate ma molto spesso sono tramandate.
La sindrome da anniversario
Andando a scavare nel passato delle generazioni precedenti dei nostri antenati, allora, potremmo scoprire certe coincidenze temporali di eventi verificatesi anche a distanza di anni l’uno dall’altro di diversi membri del sistema familiare, come il verificarsi di un incidente o una malattia in una data particolare come l’anniversario di morte di un antenato.
La Schützenberger parla, in questo caso, di sindrome da anniversario.
Ma com’è possibile e come si verifica tutto questo? È inevitabile e chiaro a tutti che le dinamiche e gli intrecci familiari, anche se non direttamente collegati a noi, esercitino un certo peso sulla nostra vita. Essi, in qualche modo, arrivano fino a noi sotto forma di percezione o di sentore di qualcosa di lontano, di nascosto o velato.
In genere, si tratta di cose soltanto subodorate o intuite perché si tende a non parlarne e diventano dei non detti, dei veri e propri segreti familiari che, nel passaggio transgenerazionale, diventano indicibili, vergognosi, persino impensabili.
Ma ciò che non viene detto continua a propagarsi in una zona d’ombra sempre più grande e ad agire ad un livello inconscio anche nel tempo. La nostra parte cosciente, inoltre, può reagire al dettame di mantenere il non detto trovando altre vie per esprimerlo, come la somatizzazione.
Strettamente correlato, poi, a questi legami nascosti è il concetto di lealtà familiare, un codice morale, presente in ogni famiglia, che permette di comprenderne il suo funzionamento interno.
Tutti i membri sono, più o meno consapevolmente, chiamati al rispetto di queste regole, al mantenimento dell’equilibrio tra ciò che ha dato e ciò che ha ricevuto, alla fedeltà a questi obblighi morali funzionali alla protezione dell’unità familiare, proprio come dei fili invisibili che tengono salde le relazioni all’interno del sistema familiare.
Tali obblighi ed ingiunzioni interne derivano dal sistema di credenze che viene trasmesso attraverso le modalità con cui agiscono i membri della famiglia. Il mancato rispetto di essi comporta senso di colpa.
Ma è possibile spezzare questi fili invisibili ed evitare che la storia si ripeta?
Certamente! La prima cosa utile è essere consapevoli della storia trigenerazionale ricercando la conoscenza e l’eredità familiare (lutti, traumi non risolti, segreti vergognosi, eventi indicibili) che ci hanno lasciato i nostri antenati.
Per liberarsi dai condizionamenti e dalle ripetizioni del passato, diventa, quindi, fondamentale alleggerirsi di questo peso antico elaborando le ferite non cicatrizzate e facendo luce su quelle zone d’ombra tramandate nel tempo che hanno lasciato tracce nella memoria delle nostre famiglie.
Le aspettative e desideri rispetto ad una eventuale carriera e ad un possibile successo, possono ad esempio derivare dal desiderio di indipendenza e riscatto tramandato da generazioni in generazioni. Ciò che può osteggiare una buona riuscita o una serena vita lavorativa può essere:
- bassa autostima
- incapacità di gestire nuove situazioni stressanti
- insicurezza rispetto alle proprie capacità
- senso di inadeguatezza.
Tutti questi sentimenti possono esser determinati sia dal temperamento personale, che dal contesto in cui l’individuo è cresciuto, fornendogli o meno gli strumenti per muoversi nel mondo in sicurezza. Anche questi aspetti possono esser riconducibili ad un bagaglio con cui hanno viaggiato i propri antenati nel passaggio da una generazione all’altra.
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26 Comments
mi ci riconosco in pieno nel ruolo della figlia, purtroppo sono caduta nelle reti di un rapporto matrimoniale abusante. mio marito mi maltratta
Mi dispiace cara Stefania, ma per impedire il proseguimento di ogni forma di maltrattamento deve reagire subito.
Le risponderò anche via mail per fornirle tutto il mio supporto ed aiuto possibile.
Marilena
Sono stata accusata, come madre, di non aver interrotta la catena disfunzionale della mia famiglia. Ho cercato di non ripetere errori fatti da mia madre riguardo l’anaffettivita’ ma ovviamente, inconsapevolmente, avrò fatti altri errori. Mi chiedo comunque se i figli possano far pagare, fino a distruggerti, il fatto di non essere il genitore da manuale che si descrive nei testi di psicologia. La famiglia dovrebbe essere amore, sicurezza, comprensione e non un tribunale di inquisizione.
Buongiorno Elvira,
se la famiglia da amore e sicurezza (come ben ha osservato lei) non si creano certo le condizioni per un Tribunale, nemmeno quello dell’Inquisizione, ma se la famiglia non da amore e sicurezza, strutture basilari per una vita serena, è giusto che ci sia.
Non conosco il motivo per il quale è stata accusata di non essere una madre perfetta, ma se pensa di avere fatto del suo meglio non si senta in colpa, ai suoi figli il compito di fare anche loro del loro meglio.
Quando saranno genitori a loro volta sono sicura che la comprenderanno meglio e capiranno il difficile ruolo che dovranno sopportare.
Saluti
Marilena
In parte vero. Tuttavia da come scritto sembra un film dell’ horror
Nooo…
va letto tutto in chiave psicologica.
E’ inevitabileche il passato ed il vissuto dei genitori e di chi li ha preceduti abbia creato dei condizionamenti a cui i posteri si sono adeguati senza rendersene conto, in fondo noi siamo il risultato non solo della nostra storia ma della storia della nostra famiglia, e questo è inevitabile.
C’è una catena, un cordone ombelicale che collega noi ai nostri avi e che ci trasmette delle eredità che ci arricchiscono e ci rendono le persone speciali che siamo.
Nulla di horror…ibile! solo un bagaglio culturale e genetico che ha permesso di formarci, poi sta a noi gestire la nostra vita apportando delle novità o adattandoci ad essa.
Marilena
Credo che sia giusto trovare il modo di sanare queste “eredità emozionali” ed interrompere la catena . Oggi , grazie alla conoscenza, si può farlo. Questo mi sembra una grande opportunità
Io direi di interrompere ciò che è negativo e che non piace e tenere ciò che è invece positivo, mai buttare tutto da un lato.
Marilena
Molto istruttivo, ma impraticabile, ho già fatto una mia autoanalisi (anzi le faccio spesso) del mio passato e vissuto bello e brutto e ho accettato tutto naturalmente con anni di analisi… Ma ciò non toglie che nonostante l’accettazione di me stessa e degli eventi accaduti e che accadono spesso, io non riesca ad uscire da un vortice una sensazione inspiegabile che porta tutto a un preciso percorso.
Grazie
Il mio prossimo articolo sarà proprio sulle psicotrappole, quei meccanismi che si instaurano nella mente e frenano ogni azione, crescita o cambiamento.
Si possono superare, ma come ogni cambiamento nelle abitudini anche quelle mentali richiedono pazienza, impegno ma sopratutto convinzione nella riuscita, darsi per vinti prima ancora della partità è aver già perso.
Spero di possa essere d’aiuto cara Mariagrazia, nel caso puoi sempre contattarmi privatamente via mail.
E sono fortemente convinta che quel percorso dipenda soltanto da noi, ci sono sempre delle scelte da fare basta, tanto per cominciare, non ripetere sempre le stesse, noi possiamo cambiare il percorso della nostra vita, forse non tutto è fattibile e sicuramente difficile ma non impossibile.
Marilena
Bel testo. Mi ci rispecchio TOTALMENTE, come figlio “capro espiatorio” di una famiglia disfunzionale. Peccato averlo capito solo ora, a 47 anni, e soprattutto peccato AVER PAGATO “SEVERAMENTE” LE COLPE DEGLI ALTRI, PORTANDO LE CICATRICI SUL MIO CORPO, passando per PAZZO quando ero l’unico equilibrato in casa. Solo per aver detto, dopo anni di sofferenza, per assenze, per abusi psicologici, per manipolazione, per aggressività nei miei confronti, che qualcosa non andava bene in casa, mi sono ritrovato, solo per qualche calcio nel muro per la frustrazione, internato in reparto psichiatrico, con grande superficialità dei medici. Niente di più brutto vivere l’inferno consapevole al 100% di stare lì, come uno che va in carcere al posto del vero omicida. Solo per contestare il perché mi trovassi lì, senza aver fatto niente (anzi avevo cercato di aiutare la mia famiglia, almeno così credevo), mi ritrovai attaccato mani e piedi ad un letto, e pur implorando di slegarmi per andare in bagno, dovetti subire la più brutta delle umiliazioni: dopo vari minuti non ce la feci più: mi ritrovai in un mare di pipi, urina ovunque, tra i capelli, sul volto…ma il SIGNOR infermiere non mi cambiò al momento, disse che non era compito suo. E dalle 21.00 di sera, dovetti aspettare il cambio turno del mattino, bagnato di urina. All’infermiera del mattino fu detto che probabilmente avevo urinato nel sonno…
Solo una minima parte, e forse la meno brutta, del mio essere figlio di una famiglia disfunzionale.
Come si fa a scordare una cosa del genere? La mia vita è un libro. Dovrei meritare il Paradiso ora, dopo anni di farmaci benzodiazepina, che mi hanno prescritto “alla buona” e che ora non riesco più a togliere?? È dura, molto dura, quando ne sei consapevole e sei costretto a pagare.
Certe cose non si possono scordare ed i segni che lasciano dentro si portano addosso per tutta la vita.
Ma lei non ha nessuna colpa, parta sempre con questa idea in testa, se non la grande sfortuna di essere nato in una famiglia disastrosa e troppo crudele per ammettere le proprie colpe, meglio scaricarle sul figlio dandogli del pazzo, ma sappia che i pazzi erano gli altri e come giustamente dice lei erano l’unico sano.
Impossibile comunicare a queste condizioni, l’unico modo è scappare il più lontano possibile per sopravvivere e rifarsi una vita, cosa che mi auguro sia riuscito a fare.
Togliere il farmaco a poco a poco si può fare, così riuscirà a togliersi tutto quello schifo che quella finta famiglia gli ha riversato addosso, in modo da liberarsi di tutto e ricominciare a vivere credendo solo in se stessi
E’ un percorso lungo e doloroso ma non impossibile ma le darà quella libertà ed individualità che non ha mai avuto prima.
Per quanto riguarda certi ricordi essi non si dimenticheranno mai, ma col tempo saranno sempre meno dolorosi, sopratutto se è veramente riuscito a togliersi di dosso ogni residuo negativo.
Ed è quello che le auguro con tutto il cuore
Marilena
La ringrazio. Mi sono “svegliato” da questo incubo purtroppo da pochissimo e ancor peggio molto tardi, a 47 anni. Ovviamente con aiuto e supporto di una persona qualificata. Certo che dovrò riaffrontare tutto da zero, iniziando anche dal lavoro, che sto per lasciare, visto che “il posto fisso” da impiegato era il LORO sogno, non il MIO.
Ergo: da mille e oltre problemi che ho affrontato e che sicuramente dovrò affrontare, mi tocca anche questo ostacolo abbastanza serio, data la mia età avanzata e il possesso del semplice diploma “che va bene, poi trovi un impiego, ti sposi e sei felice” che sicuramente non saranno di aiuto. Ma lasciare il lavoro è DOVEROSO, è stato FATALE come, se non di più, della “mia” stessa famiglia. Magari andrò, da zero, all’estero, per fortuna non ho famiglia, potrei rinascere credendomi con un’altra identità, tipo Mattia Pascal alias Adriano Meis. Magari davvero potrei scrivere un libro sul serio.
La ringrazio di cuore per le sue parole e per la risposta che subito ha dato alla mia lettera.
Le auguro tanto bene ma chiedo, soprattutto, a lei e a chi opera in questo campo di impegnarvi molto su questo tema, ancora sottovalutato da molti, di portarlo a galla, perché si rischia di “bruciare” il futuro di tanti giovani che, al contrario, potrebbero avere dei talenti professionali che andrebbero persi.
Grazie. Good luck.
Quando vuole fare due chiacchere in privato caro M2_72 sono a sua disposizione.
info@marilenacremaschini.it
Marilena
Io ho 52 anni e ho chiuso con la mia famiglia per salvare me stessa. Adesso lo so. E capisco che la strada è quella giusta perché “non mi mancano”. Adesso sono libera.
Brava e coraggiosa Rossana.
Certe scelte sono inevitabili.
Le persone cattive ci corrodono e ci avvelenano, tanto vale allontanasi da loro e rifarsi una vita.
Inutile sperare in un cambiamento, meglio pensare a se stesse e cercare da sole la propia felicità, tu ci sei riuscita.
Grazie della tua testimonianza, sarà sicuramente utile a tante persone che ancora hanno paura a fare quel salto.
Tauguro ogni bene ed un futuro che ti meriti
Marilena
Salve io parlo da mamma…ho 47 anni e 2 figlie una di quasi 18 anni e una di 16 e mezzo.
Sono vedova da un anno e mezzo, mio babbo è morto 16 anni fa e mia mamma circa 11 mesi fa.
Sono sempre stata una ragazza solitaria, insicura, timida e depressa…
Non volevo assolutamente che le mie figlie vivessero quello che ho vissuto io…invece mi accorgo che purtroppo sta proprio succedendo e questo mi dispiace.
Vorrei spezzare questa catenax il bene delle mie figlie…ma non so come fare…
Potreste aiutarmi?
Grazie Francesca
Ma certamente, mi contatti privatamente via mail: info@marilenacremaschini.it
vedrà che una soluzione si trova ed il modo di sbloccare lei e di cambiare il rapporto con le sue figlie anche
A presto
Marilena
Ma…mi pare che fosse tutto scritto nel dna. Certo è, e si sapeva da tempo, che oltre alle somiglianze somatiche ereditassimo anche le psichiche, almeno in parte. Il punto è che volersene liberare è pio desiderio. Per cui non ci resta che mettersi al collo quella catena ( che non abbia l’aspetto di cordone ombelicale ) e far finta di niente.
In realtà la teoria fa riferimento a quelle trasmissioni genetiche che non appartengono a delle abitudini o tradizionali attuali, ma addirittura risalenti nel tempo.
In noi c’è la traccia del nostro vissuto ma anche quella genetica dei nostri avi che viene tramandata inconsapevolmente.
GRazie del suo commento, sono sempre spunti interessanti per esprimere delle idee
Marilena
Mia madre è morta il giorno del mio compleanno, quando avevo 6 anni. E la gente si stupisce che io, a distanza di 40 anni, stia male quel giorno e alcuni prima, e che non abbia voglia di festeggiare…
E’ una cosa molto normale cara Marilena, sopratutto se tra voi c’era un legame speciale, e già all’età di 6 anni lo si capisce.
Il suo dolore ritorna quando la memoria ritorna al giorno della perdita, non respinga quel dolore, lo accetti, fa parte di sè e della sua vita.
Marilena
Onoriamo i nostri antenati….ringraziamoli per averci preceduto …per aver aperto la via.
È grazie a loro se siamo in viaggio su questa terra…..
Accendiamo candele profumate per loro…e ogni sera ringraziamoli… per la vita e per il bagaglio che ci hanno fornito…se questo bagaglio per noi è una zavorra allora trasformiamolo…i loro errori le loro ferite …che tutto ciò diventi luce per farci prendere altre vie, che diventi monito e sacri insegnamenti…..
Grazie Paola per il suo pensiero
Marilena
Salve. Ho letto l’articolo e l’ho trovato molto interessante. 46 anni due figli, una adolescente, l altro preadolescente. Ho vissuto in una famiglia disfunzionale e credo di avere tutt’oggi una famiglia disfunzionale. Silenzio di coppia da circa quattro anni, incapacità di prendere la decisione di separarci, incapacità di ricreare la coppia. Ho paura, paura del mio futuro, mi sento paralizzata. Il tempo passa e non so se questa inerzia fa male solo a noi o anche e soprattutto ai ragazzi. Sono bloccata in una stanza senza finestre….
Cara Francesca
solo lei può liberarsi dalle sue catene, non abbia paura di muoversi o di fare la cosa sbagliata, segua quello che le suggerisce il suo cuore e vedrà che non avrà rimpianti, cosa che succederà se continuerà a stagnare in una immobilità che toglie il respiro.
A volte la nostra felicità richiede delle scelte difficili, che comportano delle responsabilità e dei compromessi, ma non si faccia spaventare da questi fattori, pensi soltanto al fatto che un domani potrebbe essere serena ed in pace con se stessa come sino ad oggi non lo è mai stata.
Se dovesse aver bisogno di aiuto o sostegno in questo passo mi contatti privatamente via mail: info@marilenacremaschini.it
sarò a sua disposizione
Le auguro di poter aprire presto quelle finestre…
saluti
Marilena