
L’autolesionismo non suicidario
18/03/2018
La sindrome di Capgras
24/03/2018La sindrome di Cotard è la convinzione di essere morti.
É una condizione rara che fu descritta per la prima volta dal dott. Jules Cotard, un neurologo francese, nel 1880 con il nome di “delirio di negazione di sé”. Uno dei problemi che nascono da questi deliri è il rischio che la persona si lasci morire di fame, convinto di non averne più bisogno in quanto essere già deceduto.
Nel mondo anglosassone è anche nota col nome di ‘sindrome del cadavere che cammina’.
Sindrome di Cotard
La sindrome di Cotard è un disturbo caratterizzato dalla convinzione inderogabile di non essere più in vita: in particolare non si riconosce di essere vivi, o si è convinti di aver perso gli organi vitali.
Jules Cotard, il neurologo che scoprì la sua esistenza, si riferisce ai comportamenti che caratterizzano la sindrome con il termine delirio di negazione, riportando una testimonianza importante alla Société Médico-Psychologique, nel 1880.
In tale occasione, il neurologo presentò il caso di una donna di 43 anni la quale sosteneva di “non avere cervello, nervi, torace, stomaco e intestino”; la seguente condizione era presente già da due anni e mezzo, provocando una condizione ansiogena tale da interpellare medici e addirittura sacerdoti, alla ricerca di una soluzione.
Le convinzioni irrazionali che seguirono furono tali da spingerla a tentare il suicidio.
Dal momento che si tratta di una sindrome psicopatologica molto rara è anche scarsamente documentata, i casi descritti in letteratura sono generalmente connessi a gravi casi di disturbi dell’umore o di sindrome depressiva legati ad episodi di depersonalizzazione, derealizzazione e/o disturbi psicotici, non riconducibili a condizioni mediche preesistenti.
I tre stadi della sindrome
Secondo Yamada et al. è possibile distinguere tre fasi di sviluppo della sindrome di Cotard:
- Stadio germinale: uno stadio iniziale in cui non è ancora possibile formulare una diagnosi ma si possono notare i primi sintomi, campanello d’allarme: umore tendenzialmente depresso, manifestazioni di ipocondria e cenestopatie (sensazioni di dolore e/o sofferenza riferiti a organi vitali ben precisi).
- Stadio florido: è costituito da una forte componente ansiosa e stati di forte negativismo, accompagnati dalla comparsa del delirio di negazione, idee legate alla mancata esistenza del proprio corpo e convinzioni di essere morti. In questa fase può capitare che emergano idee di colpa, relative al fatto di essere costretti ad essere immortali per espiare le proprie colpe. A causa di ciò, è possibile mettere in atto condotte autolesive e idee suicidarie.
- Stadio cronico: quest’ultimo si può presentare sotto due forme, cioè di tipo depressivo e paranoide. Il delirio di negazione e lo stato ipocondriaco continuano a persistere.
Numerosi dati indicano che si può manifestare in tutte le fasce d’età: a partire dai bambini, in età adolescenziale, età adulta e negli anziani.
Sembrerebbe che la sindrome di Cotard sia correlata a disturbi psicotici, depressione e disturbo bipolare ma che insorga anche a seguito di traumi cranici, tumori cerebrali, epilessia del lobo temporale, demenza, emicrania, sclerosi multipla e altri rari disturbi psichiatrici.
La sindrome di Cotard può essere inoltre causata da un deficit a livello delle componenti emotive, in particolare nel riconoscimento dei volti: ciò che in neuropsicologia prende il nome di prosopagnosia.
Dunque, ipotizzando che le persone affette da tale sindrome non siano in grado di riconoscere i volti delle persone intorno a loro e, di conseguenza, non percepiscano alcuna emozione, è possibile che si formi nel tempo uno stato mentale e comportamentale di isolamento e tensione, tale da indurre la convinzione di non essere più in vita, come se non vi fosse più nessuno nel mondo.
Sintomi della sindrome
La sindrome di Cotard, nota anche come “delirio di negazione” o “sindrome dell’uomo morto”, è una rarissima forma di allucinazione psicotica, alla stregua della psicosi o della schizofrenia, due malattie mentali molto invalidanti.
I suoi sintomi sono molto specifici e particolari: in buona sostanza, il paziente che ne è affetto pensa di essere passato a miglior vita, negando nel modo più assoluto la propria esistenza.
Spesso un paziente affetto da questa patologia pensa di trovarsi già all’inferno oppure in paradiso, sostiene di non possedere alcun organo vitale, di essere dissanguato o in stato avanzato di decomposizione.
Inoltre, manifesta una grave incapacità a relazionarsi con gli altri in quanto non è in grado di provare sentimenti o emozioni per quelli che sono i suoi affetti più cari.
Sebbene la sindrome di Cotard non sia menzionata come una malattia psichiatrica dal DSM V (Manuale Diagnostico e Statistico delle malattie mentali) chi ne soffre presenta alcuni sintomi tipici di precise patologie psichiatriche, quali: stati depressivi, ansia e istinti suicidi.
Cause della sindrome
Le cause alla base della sindrome di Cotard sono principalmente di due tipi: di natura neurologica e psicologica.
La distorsione della realtà tipica dei disturbi mentali di questo tipo sembrerebbe essere causata da una lesione o malfunzionamento di due aree del cervello: la circonvoluzione fusiforme, che si occupa del riconoscimento dei volti familiari, e l’amigdala che invece si occupa di processare le nostre emozioni.
Nella maggior parte dei casi il soggetto manifesta queste lesioni a seguito di un trauma, come ad esempio un incidente, un malore o un collasso.
Questo malfunzionamento porterebbe dunque ad un’interruzione patologica delle fibre nervose che connettono il centro delle emozioni alle aree sensoriali, che ha come conseguenza il riconoscimento da parte del soggetto affetto da sindrome di Cotard delle caratteristiche fisiche di un volto senza che però si attivi la risposta emotiva a quello stimolo.
Secondo i ricercatori i pazienti affetti da questa sindrome sono andati incontro alla stessa “interruzione” fra riconoscimento dei volti ed emozioni che si riscontra nei pazienti cui viene diagnosticata la sindrome di Capgras (patologia psichiatrica caratterizzata dalla convinzione che una o più persone familiari siano state sostituite da un sosia, da estranei o alieni).
Come unica spiegazione plausibile del suo stato, il paziente con sindrome di Cotard non può dunque far altro che ritenere di essere già morto.
Studi recenti hanno messo in evidenza la correlazione tra la sindrome di Cotard e i disturbi dell’umore, in particolare sembrerebbe che in molti casi questa sindrome si manifesti come conseguenza di una grave forma di depressione reattiva.
Un gruppo di ricercatori ha messo in correlazione i sintomi tipici di questa sindrome con l’assunzione di alcuni farmaci specifici per la cura dell’herpes simplex, ma si tratta ancora di studi preliminari cui è necessario dare ulteriore seguito prima che si possano validare queste teorie.
Casi eclatanti
Haley Smith, 17enne dell’Alabama, per tre anni ha pensato di essere morta.
Haley ha cominciato a star male dopo il divorzio dei suoi genitori. L’evento l’ha completamente traumatizzata. La diciassettenne ha infatti dichiarato: “Un giorno, mentre ero seduta in classe, ho provato una sensazione davvero strana. Mi sentivo morta. Mentre tornavo a casa ho pensato di visitare un cimitero per stare vicino ad altre persone morte”.
Da allora, non è più andata a scuola e si è allontanata dagli amici. L’unica sua consolazione? I film della Disney come La Sirenetta, Aladdin, La Bella Addormentata e Bambi. La facevano stare bene e le donavano serenità.
Solo quando la situazione ha cominciato a diventare preoccupante, i suoi genitori l’hanno portata da uno psichiatra, rimanendo sorpresi dal fatto che si trattasse di una vera e propria patologia.
Oggi, grazie all’aiuto dei medici, la ragazzina sta bene. I film della Disney le sono stati di grande aiuto, tanto che il suo desiderio più grande è andare a lavorare a Disney Word, così da poter tenere sempre sotto controllo la sua malattia.
La signora Wang dopo essere svenuta su un volo da Londra a San Francisco avrebbe maturato la convinzione di essere morta e che la sua condizione si fosse estesa anche ai suoi familiari.
Come spesso accade i malati della sindrome di Cotard credono che anche i propri cari siano coinvolti nella presunta morte.
All’inizio la donna era contenta di “essere defunta” per poter ricominciare d’accapo, poi però ha dovuto far fronte alla depressione (sintomo connesso alla malattia) e, come la paziente di Cotard, ha iniziato a smettere di mangiare, credendo di non averne più bisogno.
I ricercatori descrivono il caso di un paziente di 69 anni colpito da un grave ictus che ha danneggiato il talamo destro e i lobi frontali, parietali e temporali dell’emisfero destro, di seguito la descrizione del caso i questione: criticava i suoi dottori, le infermiere, i terapisti e si lamentava aspramente del cibo e dell’ossigeno dell’ospedale.
Credeva che suo fratello che era un avvocato, che precedentemente era stato direttore di un altro ospedale, fosse responsabile delle carenze dell’ospedale.
Dopo un mese di terapie anche farmacologiche il paziente iniziò a manifestare un senso di irrealtà, e chiese a sua moglie se egli fosse vivo o morto. Diceva al suo dottore: “Credo di essere morto. Mi piacerebbe sapere la sua opinione”. Successivamente, la convinzione sulla sua dipartita divenne sempre più salda. “Il mio certificato di morte è stato registrato. State camminando con un uomo morto”, e aggiungeva: “Io sono morto. Riceverò il mio certificato di morte dal mio dottore e dovrò consegnarlo all’ufficio pubblico la prossima settimana”.
Il discorso sul suo “decesso” non era associato ad un umore depresso o a sentimenti di angoscia, quando il medico gli chiedeva se un morto potesse parlare, egli capiva che le sue parole sfidavano la logica, ma non poteva cambiare il suo pensiero.
Il delirio di essere morto e la percezione di depersonalizzazione svanirono 4 mesi dopo l’ictus. Un anno dopo, comunque, egli ancora credeva nella veridicità dei suoi ricordi che riguardavano il suo stato delirante. Egli sosteneva: “Adesso sono vivo. Ma ero morto in quel periodo e ho visto Kim Jong lì nell’ospedale dove ero ricoverato”.
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