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29/03/2018La sindrome di Zelig si rifà ad un film di Woody Allen.
Si tratta di un particolare disagio che comporta dei disturbi di personalità, sindrome che prima era identificata come sindrome da dipendenza ambientale.
La sindrome di Zelig
La sindrome di Zelig coinvolge la rappresentazione, o meglio la mancata rappresentazione, che il soggetto ha di sé, come se fosse privo di identità o temesse di non essere adeguato nel suo ambiente sociale, per sopperire a tale senso di inadeguatezza il soggetto copia le personalità di coloro che gli stanno intorno, identificandosi in tutto e per tutto con ciò che fanno loro.
In pratica, come dei camaleonti eterni trasformisti essi indossano i panni di un personaggio che di volta in volta è diverso, in base all’ambiente in cui si trovano ed alle persone con cui si relazionano, in modo da confondersi in essi per sentirsi accettati, protetti, lontani da critiche e giudizi.
La sindrome di Zelig è estremamente rara e difficile da identificare, lo si può fare grazie al racconto delle persone che vivono col trasformista e che notano i suoi continui cambiamenti, in quanto ogni volta che egli entra nei panni di un personaggio appare all’esterno credibile ed affidabile, nessuno dubiterebbe che si tratta in realtà di un impostore.
Questo perché il paziente modifica di continuo la propria identità, adeguandola alle persone e agli ambienti con cui di volta in volta entra in relazione in modo assolutamente preciso.
Il paziente non è un mitomane, ma presenta maggiore similitudine con l’anosognosia.
Per mitomania si intende un’elaborazione mendace ed intenzionale di esperienze o eventi, in realtà mai vissuti dal pazienti, comunque poco probabili nel loro accadere e quindi facilmente confutabili tanto rasentano l’assurdità.
Spesso il paziente mitomane fa sue le esperienze che inventa di sana pianta solo per attirare su se stesso l’attenzione e la considerazione degli altri, e tale patologia rientra nei disturbi di personalità.
L’anosognosia, o nosoagnosia, è un invece disturbo neuropsicologico che consiste nell’incapacità del paziente di riconoscere di avere un deficit neurologico o neuropsicologico o di averlo subito a causa di un trauma, cioè il paziente non è consapevole del suo stato di malattia, manifestando invece la ferma convinzione di possedere ancora le capacità che in realtà ha perso in seguito ad una lesione cerebrale.
Se messo a confronto con i suoi deficit il paziente affetto dalla sindrome di Zelig mette in atto delle confabulazioni oppure delle spiegazioni assurde, incoerenti con la realtà dei fatti pur di giustificare la sua convinzione.
Il Zelig di Woody Allen
Di seguito riporto due immagini del film: la prima riguarda il rapporto che il paziente Leonard Zelig instaura con la sua analista che lo ha in cura, ma che poco alla volta si trasformerà in qualcosa di diverso dal classico rapporto professionista e paziente instaurando affetto ed una certa dipendenza tra i due.
Mentre la seconda immagine rappresenta le tante trasformazioni di Zelig ed i tanti ruoli che nella sua quotidianità Zelig va ad interpretare pensando di compiacere gli altri.
La storia narrata nel film di Woody Allen è quella di un soggetto patologicamente insicuro cronico e che, per un interiore incoercibile bisogno di sentirsi accettato dagli altri, si trasforma in un camaleonte umano, cambiando personalità, comportamenti, linguaggio e addirittura aspetto a seconda dell’ambiente e delle persone con cui viene a contatto.
Nel film, Leonard Zelig viene intervistato e seguito da una psichiatra, Eudora Fletcher, che lungamente si sforza di capire quali meccanismi si innescano ogni volta che entra in gioco questo processo di trasformismo.
Nel momento in cui Zelig si sposa con Eudora Fletcher trova un punto d’appoggio, non tanto per l’amore che lei gli da, quanto per il poter imitare una sola situazione tradizionale che è quella del matrimonio. La sua “guarigione” è quella di poter imitare un solo modello per sempre ed interpretare un solo ruolo quello definitivo del marito.
Quindi non si tratta di una vera guarigione ma solo dell’opportunità di essere un personaggio a lungo termine; Zelig non guarisce ma scopre il modo di essere accettato soprattutto dalla persona che gli da amore e considerazione, quello che in fondo cercano coloro che soffrono di tale sindrome.
Il messaggio di fondo che il regista intendeva trasmettere è quello della difficoltà degli individui di avere un loro posto in una società che li spersonalizza continuamente, e che li costringe ad adattarsi agli altri per sentirsi accettati.
Una società che non è più quel sistema formato da una massa di individui con le loro diverse personalità, bensì è quel sistema a cui gli individui si adeguano diventando tutti uguali, con le stesse esigenze e necessità, rendendo l’uomo non può un essere a sé stante ma un insieme di input commerciali a cui adeguarsi per essere un perfetto consumatore e componente della società a cui appartiene.
Facciamo, per esempio, riferimento alla réclame sulle auto veloci, che di fatto sarebbero inutili visto che ovunque la velocità è limitata, però essa pone un altro punto di vista: quello dell’uomo che solo con un certo tipo di auto può sentirsi ammirato ed apprezzato dai simili per poter andare dove vuole, anche se di fatto non gli serve, quindi la pubblicità vende solo l’illusione di essere qualcuno che in realtà non si è: cioè uomini di successo perfettamente adattati ad una società che valuta le persone per ciò che hanno e non per ciò che sono.
Una società in cui lo status individuale è quindi determinato dal possedere o meno dei beni di lusso dietro ai quali poter nascondere tutte le insicurezze.
Caso clinico vero
Un caso clinico di sindrome di Zelig, conseguenza di un danno cerebrale fronto-temporale da ipossia cerebrale, è stato descritto nel 2007 dalla psicologa italiana Giovannina Conchiglia.
Il caso clinico studiato presentava un peculiare fenomeno di dipendenza ambientale: a seconda delle varie circostanze ambientali il soggetto assumeva un diverso ruolo sociale interpretando un personaggio rispondente al contesto.
Tale fenomeno comportamentale è stato interpretato come deficit del controllo inibitorio dei lobi frontali, deputati alla rappresentazione della propria identità, determinando la conseguente “attrazione” verso un ruolo sociale proposto in quell’ambiente.
È il caso di A.D., napoletano, di 65 anni, con una carriera da professionista drammaticamente interrotta da un disturbo comportamentale che non ha precedenti nel suo genere: si trasforma nel suo interlocutore ed è medico quando ha a che fare con un medico, diventa un esperto di cocktail se si trova di fronte a un barman, è un cuoco provetto se entra in una cucina.
Egli si adatta perfettamente ad ogni ambiente diventando di volta in volta un professionista diverso, una personalità diversa, millantando doti ed esperienze che in realtà non ha mai avuto, ma la sua spontaneità e la naturalezza con cui si vende agli altri è tale da trarre in inganno chiunque.
La sua stessa malattia viene scoperta grazie alla moglie che lo aveva accompagnato un giorno da un neurologo e davanti al quale A.D. si era vantato di essere anch’egli un medico, le affermazioni ed il racconto delle moglie sulle varie strane situazioni come quella che si stava palesando erano talmente illogiche da spingere il neurologo a fare degli accertamenti che rilevarono un danno nella zona frontale del cervello.
La sua storia è raccontata dalla rivista medica inglese «Neurocase», che ha pubblicato uno studio di tre psicologi della casa di cura «Villa Camaldoli» di Napoli: Giovannina Conchiglia, Gennaro Della Rocca e Dario Grossi.
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4 Comments
Ho amato questo film, visto per caso, e ho molto apprezzato la sua analisi. Grazie!
GRazie a te VT
Marilena
Mi sono scoperto un pò Zelig.
GRAZIE
Grazie a te Lubo
Marilena