
Script e Stampatello
04/01/2017
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05/01/2017La nostra è diventata una società liquida.
Ignoranza, impotenza, frustrazione sono le condizioni dell’uomo contemporaneo in una società liquida. In una stagione ricca di cambiamenti come quella che sta vivendo attualmente il nostro Paese, e il mondo intero, diviso tra un progresso tecnologico che avanza e la perdita dei valori e delle sicurezze che caratterizzavano la società di un tempo, la paura rischia di essere una compagna permanente.
Il progresso tecnologico si è sviluppato sempre più velocemente lasciando indietro lo sviluppo delle coscienze, dei rapporti umani e uno dei primi effetti di questa nuova società è la paura della solitudine, il bisogno di non sentirsi soli.
Questa è una condizione liquida, non più solida.
Una terra di mezzo
A distanza di quasi due decenni dall’uscita di “Liquid Modernity”, il famoso testo di Zygmunt Bauman, potremmo affermare che la sua straordinaria intuizione è ancora oggi estremamente attuale.
La metafora della “società liquida”, infatti, descrive perfettamente la condizione nella quale ci troviamo: una sorta di zona liminale, intermedia, transitoria e incompiuta, i cui approdi sono ancora un mistero.
Bauman parla di “interregno” in cui è evidente l’inefficacia dei vecchi modi di agire ed essere, ma – allo stesso tempo – non sono state definite nuove modalità attraverso le quali affrontare le sfide che ci attendono.
Brancoliamo nel buio, tra un’inevitabile visione globale della società, dell’economia, della giurisdizione, e rivendicazioni identitarie, territoriali, politiche ed economiche nazionaliste, se non addirittura localiste.
In ogni parte del mondo, salvo pochissime eccezioni, si è nel bel mezzo di quel fenomeno inarrestabile chiamato “modernizzazione”, con tutti i cambiamenti e le tensioni sociali che questo comporta.
Tutti noi ci troviamo combattuti tra l’ineluttabilità di un tale processo e la sfida di farne parte, e un livellamento culturale minaccioso e angosciante. In realtà l’ibridazione culturale è sempre stata fonte di arricchimento e spinta creativa per ogni civiltà, ma – afferma Bauman – il rischio di perdita dell’identità culturale nella società liquida esiste.
Questo rischio può essere fermato solo mediante il rispetto reciproco dei diritti sociali e civili, così come dei principi alla base del “contratto sociale” europeo.
La nuova modernità
L’antropologia si spinge oltre e ci insegna che la cultura, nella sua accezione di costrutto, finzione, prodotto umano, non è mai stata pura o impermeabile al cambiamento, ma essendo fondamentale per la sopravvivenza della nostra specie, ha sempre messo in campo il suo “spirito di adattamento”, modellandosi in base alle sfide che si trovava di fronte.
Oggi una sfida epocale della modernità è data senza dubbio dal numero di persone sradicate dalle proprie terre – migranti, esuli di guerra, richiedenti asilo, profughi – in perenne movimento verso prospettive di vita migliori.
Per certi versi potremmo dunque dire che la “modernità” è uno stato in divenire che reca in sè un’intrinseca vulnerabilità, provvisorietà, incompiutezza. Diventa cioè liquida.
Essere “moderni”, secondo Bauman significava essere “in divenire”. Da qui l’espressione “modernità liquida”, proprio per sottolineare il fatto che “l’unica sua costante sia il cambiamento e l’unica certezza sia l’incertezza”.
Mentre nella fase precedente, “solida”, gli individui aspiravano o potevano aspirare al controllo del proprio futuro e ad uno stato di perfezione, in questa nuova fase di “modernizzazione” il futuro appare ignoto e proprio per questo motivo nessuno intende correre il rischio di lasciarsi sfuggire opportunità, occasioni ed esperienze ancora sconosciute, ma inevitabili. Liquida appunto.
Va detto anche che nelle diverse parti del pianeta questa transizione verso una fase liquida avviene secondo tempi e ritmi differenti, che variano in base ai diversi contesti. In una condizione di liquidità è praticamente tutto possibile, ma niente è certo.
Ed è questa incertezza, data dall’impossibilità di sapere ciò che accadrà e, allo stesso tempo, dalla sua inesorabilità, che determina uno stato di paura diffusa. L’uomo di oggi va alla disperata ricerca di punti fermi, ma non ne trova e questa sembra essere una via senza uscita. Non vedendo la fine, non sa immaginarsi né un futuro per sé né uno per l’umanità.
Perché liquida
Zygmunt Bauman ha focalizzato la sua attenzione sul passaggio dalla modernità alla postmodernità, e le questioni etiche relative ed ha paragonato il concetto di modernità e postmodernità rispettivamente alla condizione solida e liquida della società.
Mentre nell’età moderna tutto era dato come una solida costruzione, ai nostri giorni, invece, ogni aspetto della vita può venir rimodellato artificialmente. Dunque, nulla ha contorni nitidi, definiti e fissati una volta per tutte. La nostra condizione è quindi liquida.
Ciò non può che influire sulle relazioni umane, divenute ormai precarie in quanto non ci si vuole sentire ingabbiati. Bauman sostiene che l’incertezza che attanaglia la società moderna deriva dalla trasformazione dei suoi protagonisti da produttori a consumatori.
L’esclusione sociale elaborata da Bauman non si basa più sull’estraneità al sistema produttivo o sul non poter comprare l’essenziale, ma sul non poter comprare per sentirsi parte della modernità.
Secondo Bauman il povero, nella vita liquida, cerca di standardizzarsi agli schemi comuni, ma si sente frustrato se non riesce a sentirsi come gli altri, cioè non sentirsi accettato nel ruolo di consumatore.
In tal modo, in una società che vive per il consumo, tutto si trasforma in merce, incluso l’essere umano. Tuttavia, è importante rilevare che Bauman, a differenza di altri autori, rifiuta il termine “postmoderno” a favore di “modernità liquida”, proprio per indicare la labilità di qualsiasi costruzione in questa nostra epoca.
L’identità per Bauman
Per Zygmunt Bauman il sentimento principale che affligge l’uomo postmoderno è il disagio. Ma da cosa ha origine questo disagio? Da diversi fattori, in primis dal problema dell’identità.
Nel postmoderno, infatti, a differenza dell’epoca moderna – in cui la questione principale era quella di costruire un’identità e stabilizzarla – si rende necessario evitare qualsiasi tipo di fissazione: non a caso, la parola d’ordine postmoderna circa la questione dell’identità è “riciclare”.
Nello specifico, Bauman utilizza figure come quella del pellegrino, del turista e del vagabondo per aiutarci a comprendere la questione.
Il pellegrino, figura simbolo dell’età moderna, è il ritratto dell’uomo che sta costruendo la sua vita, il suo futuro, la sua identità, conscio del fatto che domani ci sarà un futuro. Tuttavia, ora non c’è più posto per il pellegrino: troppo flessibile è divenuta la realtà perché si possa costruire un qualcosa di stabile e duraturo nel tempo.
Ecco allora apparire altre figure di rimpiazzo come quella del “flaneur” (il gentiluomo che vaga per le vie cittadine, provando emozioni nell’osservare il paesaggio) ma, soprattutto, quella del vagabondo.
Autentico flagello dell’età moderna, nel postmoderno la figura del vagabondo è rivalutata proprio grazie alla sua mancanza di radici e di stabilità, esattamente come si presenta il mondo in cui ora si trova a vivere.
Infine, abbiamo il turista, che a differenza del vagabondo ha una casa ma si sposta temporaneamente, alla continua e febbrile ricerca di sensazioni e piaceri.
La paura del postmoderno
Da quali fattori è causata la paura postmoderna? Anzitutto, il progresso tecnologico ha attualmente “reso sempre più inutile il lavoro di massa in relazione al volume della produzione”, unitamente ad una progressiva deistituzionalizzazione dei processi produttivi, nel senso che lo Stato non fornisce più i servizi per vincere l’incertezza dell’uomo.
Ora l’uomo postmoderno “diventa il sorvegliante e l’insegnante di se stesso” e, mentre nell’età moderna fungeva da approvigionatore di beni, ora la sua principale funzione è quella di cercatore di piaceri e sensazioni. Altra fonte di inquietudine postmoderna è il corpo, coerentemente visto come recettore di sensazioni.
Affinché possa assolvere al suo compito principale, è necessario che sia in buona salute: ecco entrare nella vita dell’uomo postmoderno il concetto di fitness e mindfulness, legato ad una maniacale attenzione per le pratiche salutistiche.
Secondo Bauman (2008), si tratta di una modernità senza punti di riferimento solidi, pertanto la “società liquida” è riscontrabile nei mezzi e nelle finalità che appaiono confusi e spesso invertiti tra loro.
Nasce l’estetica del consumo, nella quale l’individualismo, l’antagonismo e il soggettivismo diventano i protagonisti di questa società liquida. Si perde, infatti, la certezza del diritto, del valore, dell’essere-persona responsabile ed autentica nel proprio percorso educativo, in nome dell’“apparire” come pseudo-valore di consumo e meccanicistico.
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2 Comments
Liquidità
La bellezza dei tempi
affannosamente si irrobustisce
si attanaglia
si arroventa
per essere presente
in questo mare di Liquidità
di duro presente
di passate sensazioni
di eteree illusioni
Una profondità che interagisce
che non sa per cosa lottare
per chi piangere
per cosa gioire.
susy gillo
una mia poesia scritta anni fa che vuole denunciare la realtà di una società liquida dove l’uomo oggi più che mai ridotto a carcassa, sballottato si ritrova a vivere senza riuscire a ritrovarsi per non sentirsi parte di esso. Dalla vita dell’Idea di Susy Gillo
Grazie per la poesia.
Marilena