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31/01/2023
Chi sono i bambini lupo
01/02/2023La storia di Genie Wiley è una storia di incredibile disumana crudeltà.
É stato un caso di violenza brutale senza precedenti ai danni di una bambina dimenticata per 12 anni e che ha visto frantumarsi improvvisamente infanzia, adolescenza e speranze per il futuro.
Questo è il caso di Genie, pseudonimo di Susan Wiley, una bambina americana nata nel 1957 ad Arcadia, una piccola comunità nello stato della California.
La storia di Susan rappresenta indubbiamente una pagina nerissima della storia americana, nonché un caso di abuso di minore senza precedenti consumatosi con livelli di cattiveria inauditi prima di allora.
Genie è stata definita per questo una “bambina-lupo”, appellativo dato a quei bambini che trascorrono i primi anni di vita da soli in totale isolamento dal mondo.
L’inizio della fine
Los Angeles, 4 Novembre 1970.
Una signora e una bambina si presentano in un edificio pubblico di Temple City per chiedere il sussidio statale per la parziale cecità della donna.
L’operatore sociale che le accoglie capisce immediatamente che qualcosa non va.
La bambina, apparentemente di circa 6 anni, si muove con movimenti scoordinati, non parla se non a grugniti e sembra non avere la minima idea di dove si trovi.
L’operatore chiede alla madre l’età della bambina, e questa risponde, lasciandolo di stucco: “Ha 13 anni e mezzo!”
L’uomo chiama subito la polizia, iniziando a scoperchiare un vaso di Pandora che porterà alla scoperta del caso più grave di isolamento di minore del ‘900, probabilmente unico nel proprio genere.
La vita di Genie Wiley

John Wiley coi genitori
Prima della nascita di Susan, per Clark, il padre, è già iniziato il declino mentale che gli rende insopportabile qualsiasi rumore. Anche il vagito dei bambini.
Per impedirle ogni gravidanza, Clark non fa che pestare sua moglie Irene, che tuttavia rimane incinta.
Nasce la prima figlia, ma muore di polmonite alla decima settimana perché viene rinchiusa in garage. Il secondo figlio muore dopo due giorni, soffocato. Il terzo figlio, John, sopravvive, ma Irene è costretta a mantenerlo in silenzio fino a inibire il suo sviluppo fisico e linguistico.
Di lui si occuperà la nonna materna, che decide di tenerlo con sé.
Nel 1957 nasce Susan Wiley.
Televisione e radio, in casa Wiley, non sono ammesse. Clark parla con sua moglie usando un volume talmente basso da impedire a Susan qualsiasi acquisizione di linguaggio.
Le finestre della stanza di Genie sono sempre oscurate, con uno spiraglio che viene aperto di tanto in tanto dal quale non vedrà mai le case del vicinato.
Genie trascorre il tempo imprigionata in una camicia di forza fabbricata in modo artigianale dal padre.
Legata ad una sedia di giorno, di notte è costretta in un sacco a pelo infilato con forza dentro una culla coperta con una rete metallica. Gli arti, durante la notte, vengono immobilizzati.
Se Genie parlava, lui la picchiava con un’asse di legno.
Nessun cibo solido per lei, solo omogeneizzati e liquidi (a causa di questa alimentazione Genie avrà la dissenteria per anni). A imboccarla è sempre Clark, e se Genie non deglutisce le viene spalmato il cibo sul viso.
La nonna intanto si occupava dell’altro figlio John, una donna che aveva capito l’instabilità del figlio tanto da prendersi cura del nipote. Ma successivamente la madre di Clark venne investita, da un autista ubriaco alla guida di un camion, sotto gli occhi del figlio.
Da quel momento, Clark decise di andare a vivere con la sua famiglia nella casa della mamma, trasformare la sua camera in un santuario per la madre e iniziò ad odiare la società tanto da isolare quanto più possibile l’intera famiglia.
Tutti i componenti del nucleo famigliare subivano soprusi da parte di Clark. Ma più di tutti la figlia “Genie”.
Ma perché?
La piccola appena nata soffriva di displasia dell’anca (una malattia che non trattata porterebbe all’invalidità). La malattia fu curata ma il padre pensò, a causa del fatto che la bambina aveva un ritardo nel camminare, che Genie soffrisse di problemi legati a disturbi cerebrali (idea sostenuta da un medico che la visitò).
Decise quindi di rinchiuderla in una stanza.
Quando il tutto fu scoperto, si organizzò il processo ma Clark si suicidò con un’arma da fuoco prima del suo inizio. Lasciò un biglietto con scritto “I mondo non capirà mai”.
Cosa succede dopo
Irene e Clark Wiley, i genitori di Susan, vengono subito arrestati e la piccola Genie – così verrà ribattezzata – viene trasferita all’Ospedale Pediatrico di Los Angeles.
David Rigler, psicologo, Howard Hansen, psichiatra, e James Kent, medico specializzato in abusi su minori, vengono incaricati di prendersi cura di Genie.
La polizia li informa sul suo background familiare, e si aprono le porte dell’inferno.
Il 17 novembre 1970 escono le prime notizie sui media principali. Il 20 novembre Clark, un giorno prima dell’udienza per l’accusa di abusi su minori, si suicida con un colpo di pistola. Intanto, viene diffusa la prima foto autorizzata di Genie.
Genie venne ricoverata nel Children’s Hospital di Los Angeles.
Inizialmente la bambina tredicenne pesava solo 27 chili, emetteva versi incomprensibili, le sue abilità motorie erano paragonabili ad una bambina molto piccola e la sua camminata era definita “a coniglio”.
Era solita masturbarsi in pubblico e questo ha fatto pensare agli psicologi che avesse subito molestie sessuali da parte del padre.
Venne assistita a lungo e studiata dai migliori medici e specialisti e dei piccoli miglioramenti ci furono. Infatti imparò la lingua dei segni, a sorridere e a disegnare. Ma dopo alcuni anni il progetto smise di essere finanziato e Genie si trovò a girovagare da una famiglia all’altra fino ai 18 anni.
I suoi miglioramenti erano svaniti e il suo sviluppo regredito. Quando raggiunse quell’età ritornò a vivere con la madre. Poco dopo però la ragazza fu portata in una casa si cura per persone “mentalmente sottosviluppate” in California. E visse lì fino alla vecchiaia.
Gli interventi su Genie
Genie fu trasferita in un ospedale pediatrico e soggetta a studi da parte di psicologi e linguisti che volevano constatare se la ragazzina potesse ancora imparare a parlare.
Gli unici termini che sapeva ripetere, dunque riconoscere, erano “blu”, “arancia”, “andare” e “mamma”.
A livello comportamentale Susan non mostrava alcuno stimolo, al punto tale che nei momenti di stress urinava e defecava. In più, si masturbava davanti ad altre persone e sputava continuamente. Ipotizzabile una mancanza di empatia col mondo esterno.
Nel corso degli anni si sono susseguiti tanti progressi a livello di terminologia e d’interazione con gli altri, sebbene non fosse in grado di vivere autonomamente.
Tuttavia, Genie, dopo ben cinque anni di terapia, non era capace di formulare una frase completa, a causa del passato troppo cruento. Per di più furono bloccati nel 1975 i fondi per le ricerche, considerato che il caso non suscitava più alcun interesse scientifico.
Di conseguenza, fu costretta a tornare in quella casa “degli orrori”, dove ancora abitava la madre.
Convivenza di breve durata per Genie perchè successivamente fu condotta in una casa di cura, dove vive ancora oggi, dal momento che sua madre non se la sentiva di tenerla con sé.
Visse lì fino alla vecchiaia.
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