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25/02/2023L’anguilla ha stregato pure Sigmund Freud.
Vienna, 1876. Sigmund Freud è un giovane studente di medicina e ha una missione: riuscire a scoprire il sesso delle anguille, che è ancora un mistero.
All’epoca nessuno ha idea non solo di come e dove l’anguilla si riproduca, ma nemmeno di come sia fatto un cucciolo di anguilla o di come distinguere gli esemplari maschio da quelli femmina.
La ricerca di Freud
Freud viene inviato a Trieste dal prof. Claus, suo maestro, per risolvere l’arcano mistero e per farlo seziona decine e decine di anguille sperando di individuarne gli organi genitali dell’anguilla.
Il padre ella psicanalisi conclude che le gonadi siano le due sottili strisce di tessuto presenti nell’addome dell’anguilla, che durante la maturità sessuale potrebbero diventare sia testicoli che ovaie, a seconda dell’individuo.
Ma non è soddisfatto dei risultati. Nel suo primo lavoro accademico ammette il fallimento e, frustrato, si dedica a faccende meno cariche di enigmi, come la psiche umana.
Lo studio sull’anguilla
In un’interessante intervista pubblicata su Nautil.us, Patrik Svensson, autore del libro “Nel segno dell’anguilla”, racconta uno degli animali più bizzarri della Terra facendo il punto su ciò che sappiamo e sul molto che ancora non sappiamo, benché l’animale in questione sia studiato da secoli oltre che apprezzato sulle nostre tavole (in particolare quando diventa capitone).
Oggi abbiamo diverse informazioni su come e dove si riproduce l’anguilla, ma fino a tempi recenti non è stato così.
Il primo a farsi domande sul come fu addirittura Aristotele, che pare cercasse una risposta dissezionandone alcune: con sua massima sorpresa non trovò alcun organo sessuale, così giunse alla logica conclusione che l’anguilla nasce spontaneamente dal fango dei fiumi e dei mari nei quali nuotavano.
A trovare le prime risposte, almeno riguardo al dove, fu un contemporaneo di Freud, il biologo danese Johannes Schmidt, che nel 1904 navigava nell’Atlantico catturando e misurando esemplari di anguilla.
Ne raccolse molte al largo delle coste europee, ma tutte troppo grandi per essere appena nate: navigando in direzione opposta al flusso degli animali si spinse sempre più verso ovest, registrando nei suoi diari animali sempre più piccoli.
Finché, diciotto anni dopo, nel Mar dei Sargassi (quella parte dell’Atlantico compresa fra le Grandi Antille e le Azzorre che fino a pochi decenni prima era territorio di caccia di pirati e corsari), scoprì il luogo di nascita delle anguille, sebbene ancora non sapesse che quello era il luogo di nascita di tutte le anguille del mondo, anche di quelle che vivono (e peschiamo) nel delta del Po.
Un lungo viaggio
Un unico luogo d’origine, quello del Mar dei Sargassi, da cui le nuove nate partono per giungere fino le coste e i fiumi d’origine dei loro genitori, al termine di una lunghissima migrazione guidata dalla Luna, anzi, dalla sua assenza, come spiega Marco Ferrari nel suo articolo “La migrazione delle anguille” (focus.it, novembre 2019).
Quando arrivano sulle coste europee sono già cresciute fino a dieci centimetri di lunghezza e vengono chiamate “anguille di vetro”; poi cominciano a risalire i fiumi e diventano i pesci che tutti abbiamo conosciuto e mangiato almeno una volta nella vita.
Solo quando l’anguilla decide che è il momento di migrare e di riprodursi assume il genere di maschio o femmina, genere che fino a prima non era esistente.
Dopo aver speso la maggior parte della loro esistenza nei fiumi nostrani sentono il richiamo dell’amore e intraprendono a ritroso il lungo viaggio fino al Mar dei Sargassi per andare a riprodursi.
Si trasformano ancora e diventano “anguille d’argento”: cambiano colore, i loro occhi si ingrossano per adattarsi alla poca luce delle profondità oceaniche e perdono la mascella, non mangiando più fino alla morte. Morte che avviene dopo l’accoppiamento e la deposizione delle uova.
Sono pesci incredibilmente longevi: in genere un’anguilla vive fino ad ottant’anni, anche se un esemplare sul fondo di un pozzo svedese, secondo i proprietari, avrebbe raggiunto i 150 anni.
Le anguille mature lasciano l’Europa durante il periodo autunnale. Il loro istinto è talmente forte da spingere gli individui che vivono negli specchi d’acqua chiusi a balzare fuori dall’acqua e a strisciare come serpenti in cerca di un corso d’acqua che le riporti al mare.
La loro è una delle migrazioni più affascinanti dell’intero regno animale, un viaggio lungo e tortuoso che non tutte riusciranno a compiere.
Uno studio canadese condotto qualche tempo fa, infatti, aveva mostrato come su 38 individui di anguilla solo uno sia riuscito ad arrivare al Mar dei Sargassi.
Rischio estinzione
Non è molto noto, ma oggi le anguille sono ad altissimo rischio di estinzione.
Negli ultimi trent’anni, l’arrivo di nuovi esemplari è calato del 90% e nessuno ha ancora capito bene perché. Il declino della specie è iniziato all’improvviso a metà degli anni ‘80, quando hanno raggiunto le coste europee solo il 10% delle anguille di vetro rispetto agli anni precedenti.
La tendenza è continuata e sono state fornite diverse spiegazioni, nessuna delle quali soddisfacente. Molte tappe del loro complesso ciclo vitale non sono noti persino ai giorni nostri.
Oggi capire bene come funzionano le anguille potrebbe essere fondamentale per salvarle dall’estinzione.
È stato suggerito che l’inquinamento da policlorobifenili (PCB) sia tra i principali responsabili del declino della specie, insieme al cambiamento climatico e alla costruzione di dighe su molti fiumi europei per aiutare le anguille a risalirli, infatti, sono stati costruiti in alcuni casi addirittura degli appositi scivoli.
Pare certo, invece, che quasi tutte le anguille europee siano infestate da un parassita nematode che causa lo sgonfiamento della vescica natatoria, facendole affondare nell’oceano durante il loro viaggio dell’amore verso il Mar dei Sargassi.
Altro elemento è la pesca eccessiva: le anguille vengono pescate in quantità esorbitante rispetto al numero di esse che si riproduce e al loro complesso percorso di accoppiamento.
La carne d’anguilla ha avuto infatti un vero e proprio boom in Giappone, in cui ogni anno vengono consumate 100 milioni di chili rispetto ai 25 milioni dell’intera Europa.
La scoperta delle prelibate anguille europee da parte dei palati asiatici, con il conseguente aumento della caccia e soprattutto dell’allevamento, ha contribuito ulteriormente al declino della specie.
Le anguille, infatti, non si riproducono in cattività, visto che maturano a livello sessuale solo una volta che raggiungono il mare e cominciano a viaggiare.
Invece vengono catturate ancora giovani e poi allevate fino alla tavola.
In Italia, il principale luogo di allevamento sono le Valli di Comacchio, vicino al Delta del Po, in cui ogni anno si svolge una celebre sagra che ha proprio l’anguilla come piatto principale.
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