
Il riccio della sessualità
20/01/2018
Leonarda Cianciulli
22/01/2018Le donne serial killer sono più astute dei colleghi maschi, lo rivelano studi criminologici.
Anche se sono numericamente in svantaggio, in quanto le assassine seriali rappresentano soltanto il 10% dei pluriomicidi maschi, le donne hanno però delle motivazioni e delle modalità di azione più diverse, più complicate ed artificiose rispetto a quelle maschili e, purtroppo, vengono scoperte più raramente dei colleghi, cioè sono più numerosi i casi in cui la sospettata omicida l’abbia fatta franca, oppure sia passata impunita ed insospettata per più tempo.
Questo presuppone una gestione ed una organizzazione più metodica, fredda, calcolata e ben organizzata.
C’è una netta differenziazione sulle motivazioni prevalentemente accertate: le donne uccidono per scopi legati al profitto, al prestigio, alla considerazione sociale, generalmente per una motivazione economica, mentre i maschi uccidono prevalentemente per motivi sessuali e passionali e pochi altri.
Le modalità operative seguono percorsi mentali differenti: le donne agiscono fra i 30 e i 40 anni e hanno un «curriculum» criminale che si allunga, rispetto agli uomini, di 8 anni.
I maschi iniziano ad uccidere invece tra i 20 e i 30 anni.
Le dinamiche familiari contano inevitabilmente, identico è solo l’incipit: simili gli atti di violenza giovanili dei maschi nei confronti degli animali, le donne manifestano tra l’altro una paura a lungo sostenuta con difficoltà nei confronti del buio.
Le armi usate per commettere i delitti sono dissimili perché diversa è la spinta al crimine.
Donne killer vs uomini
I maschi hanno bisogno di un contatto fisico con le vittime che preferiscono accoltellare, strangolare, seviziare.
Le donne non hanno analoga esigenza e si distaccano come carnefici utilizzando come mezzo omicidiario il veleno (65% dei casi), le armi da fuoco (12%).
L’overkilling, ovvero l’azione di insulto nei confronti del corpo senza vita delle vittime, è prevalentemente consuetudine maschile, manca l’aggressione ossessiva nel cadavere da parte delle donne.
Volendo riferirci al nostro paese, i serial killer italiani sono 26, di cui solo quattro donne.
Se la storia criminale internazionale registra le gesta di assassini seriali come gli americani Ted Bundy o «Btk Rader» (uccise dieci donne lasciando bambole Barbie come indizio per la polizia), gli italiani propongono una biblioteca criminale più contenuta.
Killer come Donato Bilancia (sconta 13 ergastoli per avere ucciso 17 individui in un solo anno), o Roberto Succo (32 coltellate alla madre e poi altri sei omicidi): uomini feroci spinti da pulsioni sessuali distorte.
Le cronache riportano anche le attività criminali di donne altrettanto spietate, che hanno però come scopo quello di intascare un profitto economico dalle loro azioni
Le donne serial killer al mondo sono circa l’8% del totale degli assassini seriali, oltre il 70% di queste vestali della morte vive negli Stati Uniti.
Secondo gli studi, infatti, le assassine seriali si muovono soprattutto nei paesi industrializzati, dove la spinta della donna all’autonomia è molto più forte.
Meno prolifiche degli uomini, ma non per questo meno temibili, le serial killer hanno un modus operandi del tutto peculiare.
Evitano un contatto fisico diretto con la vittima e per questo preferiscono uccidere con il veleno, soprattutto perché, se scelto sapientemente, può non lasciare tracce dissimulando l’omicidio facendolo passare per morte naturale.
Per lo stesso motivo non infieriscono sulle vittime: non torturano prima di uccidere, al contrario, in molti casi le sedano per neutralizzarne le reazioni.
Il loro scopo è solo quello di togliere la vita e raramente si lasciano andare ad azioni di overkilling, mutilazioni o profanazioni di cadaveri.
Anche il modo di entrare in contatto con le vittime è opposto a quello maschile: mentre gli uomini vanno ‘a caccia’, le donne tendono piuttosto ad attirare la preda in un posto familiare.
Proprio come avviene per i killer maschi, le assassine seriali crescono in famiglie dove subiscono abusi fisici o psicologici, il contesto di provenienza e altre caratteristiche comuni hanno consentito agli esperti del profiling di classificare le assassine seriali in diversi tipi psicologici.
Una interessante teoria
Le ricerche condotte da studiosi come Eric Hickey hanno dimostrato che i serial killer maschi uccidono soprattutto per il sesso, ciò si allinea con la teoria psicologica evolutiva.
Robert Trivers nel 1972 ha sottolineato che a causa del loro potenziale riproduttivo limitato (relativamente pochi ovuli), le donne si sono evolute per mettere un premio sulla protezione delle risorse (probabilmente attraverso scelte sagge sul proprio compagno nell’ambiente naturale).
Al contrario, un virtualmente illimitato potenziale riproduttivo (spermatozoi relativamente illimitati) ha probabilmente predisposto gli uomini a cercare un vasto numero di opportunità sessuali.
Questo significa che biologicamente le pulsioni sessuali e genetiche inconsce potrebbe spiegare alcune delle ragioni di questi crimini, e soprattutto la differenza delle motivazioni che sono il raggiungimento di una stabilità economica per le donne, mentre per gli uomini gli istinti riproduttivi sono quelli ai quali meno resiste.
Infatti, sono anche più numerosi i tradimenti o i corteggiamenti maschili fatti solo per questioni di sesso, mentre la donna ha più bisogno di innamorarsi e di essere coinvolta sentimentalmente per potersi concedere, quindi non è alla ricerca della quantità quanto della qualità di un rapporto.
Questi impulsi potrebbero anche spiegare alcune delle differenze tra serial killer uomini e donne.
In secondo luogo, la ricerca ha dimostrato che i serial killer maschi tendono a stalkerare e poi uccidere gli sconosciuti o le sconosciute (in prevalenza).
Le donne tendono ad uccidere le persone che conoscono, che sono nell’ambito familiare, soprattutto i mariti.
Sembra, quindi, che gli uomini siano cacciatori e le donne siano “raccoglitrici”, anche se tale qualificazione sembra un po’ troppo elementare calza a pennello se si tiene conto di quanto manifesta una psiche operativa molto simile alle condizioni di vita del nostro ambiente naturale.
Profiling delle donne killer
Entrare nella mente di un serial killer significa fondamentalmente scandagliare i temi legati al movente del delitto, alle modalità e armi specifiche di aggressione, alle vittime che abbiano dei tratti distintivi, collegandoli alle storie infantili alla base della scelta omicidiaria.
Per esempio, la criminologia è unanime nel considerare, come tratto qualificante per un serial killer maschio, spesso narcisista, come movente quello sessuale con una grossa componente sadica, mentre per ciò che concerne l’universo femminile la questione si fa più complessa.
L’aspetto sessuale non appare infatti preminente: il minor grado di aggressività sadica nelle donne deriva sia da una minore predisposizione biologica data dai livelli più bassi di testosterone, sia dalle influenze culturali e religiose che scoraggiano le manifestazioni di aggressività.
Al di là del movente sessuale svariate possono essere, però, le spinte emotive utili a mettere in atto l’azione criminale: denaro, gelosia, vendetta, potere o dominio.
È proprio in questa cerchia di motivazioni che può essere ricondotta la causa scatenante del comportamento omicidiario seriale femminile.
Per esempio, la cosiddetta “vedova nera” uccide al fine di impossessarsi dei beni della vittima, oppure incassare i premi assicurativi previsti, utilizzando il veleno con lo scopo di indurre sintomi simili a quelli di malattie note.
E’ sbagliato pensare che si tratti di donne eccentriche o dalla cattiva fama presso amici e conoscenti: si tratta piuttosto di donne e madri di famiglia che, almeno all’apparenza, svolgono lavori del tutto normali che le rendono praticamente insospettabili, come per esempio le casalinghe, infermiere, cameriere, insegnanti, donne con un lavoro ed una vita oltremodo normale ed insospettabile.
Donne che riscuotono simpatia presso i conoscenti perché appaiono affabili, affidabili, dal volto rassicurante e sempre curato, non appariscente ma curato nella sua semplicità, perché non dobbiamo dimenticare che la loro arma più forte è quella di indurre fiducia ed affidabilità non solo nelle vittime ma in chiunque, ecco perché sono spesso insospettabili.
Esse con grande capacità, creatività ed inventiva, per non parlare di perizia, riescono a creare un clima di confidenzialità e intimità con la vittima, scelta per la sua vulnerabilità, tra deboli o emarginati, in particolare donne e bambini.
Una facciata che nasconde la vera personalità, fredda, cinica, incapace di empatia, manipolatrice, l’unica intenzione che guida i piani di annientamento delle vittime, ovvero quella di riprendersi una rivincita sulla vita, esprimere la propria superiorità e diventare celebri.
Apparentemente si tratta di normali cittadine, vicine della porta accanto che, all’improvviso, una mattina si svegliano e decidono di cominciare a uccidere.
Il comportamento di una donna killer è frutto di una storia di esperienze traumatiche iniziate nella più tenera età e proseguite negli anni, è la storia di un vissuto traumatico, di abusi e maltrattamenti che si costruisce la struttura della personalità del futuro killer.
La maggior parte di esse cresce in famiglie multiproblematiche, riportando quasi sempre una qualche forma di abuso durante l’infanzia.
Bambine che perdono uno o entrambi i genitori o costrette a vivere in un ambiente ostile; lo stress derivante dalle oggettive condizioni di disagio, unito all’immaturità delle difese, conduce facilmente le future assassine all’isolamento dalla società, percepita come ostile e da cui “riscattarsi”, sottomettendo a propria discrezione tutto e tutti.
In tutte le assassine seriali è comune la percezione della propria esistenza come negativa e degradata, e la presenza di forti sensi di inferiorità fisica e psichica, sociale e sessuale, che vengono compensati con un forte narcisismo (Lucarelli e Picozzi, 2003).
Le differenze nelle modalità
Diversi modus operandi, diversi spinte motivazionali e diverse tipologie di vittime, vediamo in particolare tali distinzioni.
Tempistica
La prima profonda differenza tra il binomio uomo-donna serial killer consiste nei tempi.
La donna comincia a uccidere tra i trenta e i quarant’anni, circa un decennio più tardi del suo “collega” maschile.
A differenza del maschio però la sua “vita criminale” è lunga il doppio, con un tempo medio di attività che si aggira intorno agli otto anni prima di essere arrestata.
Modalità di azione e arma
Una sostanziale differenza tra l’agire dell’uomo e della donna consiste nel mezzo utilizzato.
L’uomo tende alla ricerca del contatto fisico con la vittima e alla partecipazione attiva all’uccisione (strangolamento, accoltellamento); come osserva Lunde (1975) l’uomo preferisce di gran lunga la sadica eccitazione derivante dal torturare, sezionare, mutilare e massacrare, in coerenza con il tipico movente sessuale maschile (citato in L’altro diritto, 2016).
Le donne, invece, prediligono modalità meno fisiche, con l’utilizzo del veleno (arsenico, stricnina e clorato di potassio) e, al limite, lo strangolamento.
Il veleno offre infatti vari vantaggi: è un’arma discreta, silenziosa, che, se usata bene, non lascia tracce e permette di far passare la morte della vittima come naturale.
Se agiscono in contesti come gli ospedali (come gli angeli della morte) invece queste donne preferiranno l’iniezione di sostanze letali, attività di routine ospedaliera destinata, pertanto, a passare inosservata.
In apparenza la scelta di armi soft può far credere che il “gentil sesso” sia meno spietato rispetto al corrispettivo maschile: tuttavia si deve sottolineare quanto più sadico ed efferato possa essere un omicidio in cui si assiste alla morte lenta di una persona cara, in preda a sofferenze prolungate e lancinanti causate, per esempio, dagli effetti lenti del veleno.
Esistono comunque eccezioni, con l’utilizzo di modalità cruente di azione: Leonarda Cianciulli utilizzava i pezzi di corpi delle donne appena uccise per fabbricarne saponette e dolcetti da offrire agli ospiti (Balloni, Bisi, & Monti, 2010).
Tra le “armi” della donna serial killer (non meno temibili di quelle prima elencate) si ricordano la seduzione e l’astuzia (capacità di gran lunga superiori rispetto agli uomini), che si trasformano in spietatezza e glacialità nell’approssimarsi al delitto e che aiutano nella costruzione di alibi pressoché inattaccabili, nella fase successiva al delitto.
Tipologia della vittima
Le tipiche vittime delle donne serial killer intrattengono con loro un qualche tipo di rapporto e quasi sempre appartengono allo stesso ambito familiare.
Come osserva De Pasquali (2002), tra i familiari, il marito è il bersaglio più frequente, mentre gli estranei sono scelti tra i più deboli e indifesi.
Inoltre le vittime vengono individuate e uccise “sul posto”, con modalità sedentarie (nella stessa casa dell’assassina o altri luoghi chiusi), fatto riconducibile alla scarsa mobilità nel territorio da parte della serial killer donna e alla strategia tipica di attirare le prede nella propria tana, conosciuta in criminologia come “tecnica del ragno”.
La loro insospettabilità
Le donne serial killer, spesso, riescono a portare avanti per anni e anni la catena di omicidi e, dal punto di vista investigativo, sono ancora più difficili da scoprire e catturare dei loro corrispettivi maschili.
La scelta delle armi, l’accurata selezione delle vittime e una pianificazione metodica dei delitti volta a simulare una morte naturale, sono tutti elementi che, combinati con una forte resistenza culturale e sociale che nega l’esistenza dell’omicidio seriale femminile, sono alla base di questa loro maggiore longevità.
Per quanto riguarda l’arma usata, quella preferita dalle donne serial killer è il veleno, perché è un’arma discreta, silenziosa e che non lascia tracce e permette di far considerare la morte della vittima come un decesso naturale.
Il legame con la vittima
Mentre gli uomini scelgono generalmente delle vittime con le quali non c’è nessun tipo di relazione, le assassine selezionano soprattutto vittime con le quali hanno qualche tipo di rapporto.
Proprio per questo motivo, le donne serial killer raramente sono coinvolte in omicidi a sfondo sessuale, che, invece, rappresenta una motivazione fondamentale della controparte maschile.
Oltre a ciò, tendono ad uccidere sempre nello stesso luogo; le donne che mostrano una maggiore mobilità sono quelle che uccidono in coppia o in gruppo, che decidono appunto di seguire il maschio nei suoi spostamenti.
Mancanza di sadismo o overkilling
Le donne serial killer, di solito, non infieriscono sui cadaveri.
Analizzando alcuni casi di omicidio seriale femminile tra i più recenti, si nota l’uso di modalità più violente rispetto al passato.
Emblematico è il recente caso della nonnina sovietica Tatiana Samsonova (soprannominata dai media Babushka Yaga) che, in 20 anni, ha ucciso e smembrato 10 persone.
Tipi di serial killer donne
La più completa classificazione delle donne serial killer, è senza dubbio quella di Michael D. Kelleher tratta dal suo libro: Murder Most Rare – The female serial killer.
Le categorie in base alle quali Kelleher ha suddiviso le donne serial killer sono le seguenti:
La vedova nera
Si tratta di una donna che uccide sistematicamente i mariti, gli amanti o altri membri della famiglia, ma occasionalmente può uccidere anche persone al di fuori dell’ambito familiare.
È la più attenta e metodica delle donne serial killer e i motivi degli omicidi possono essere diversi, ma, spesso, c’è un interesse economico.
La “vedova nera” tipica inizia ad uccidere in età matura, è molto intelligente, manipolativa, estremamente organizzata e paziente.
Gli omicidi sono, di solito, perpetrati in un periodo di tempo molto lungo ed è difficile che venga scoperta o anche solo sospettata.
Una “vedova nera” famosa è la giapponese Chisako Kakehi, arrestata nel 2014 con l’accusa di aver ucciso 4 mariti e 2 amanti.
L’angelo della morte
É una donna che uccide sistematicamente le persone che sono affidate alle sue cure o delle quali, comunque, si deve occupare per qualche motivo.
Le motivazione di questi omicidi sono diverse, ma la spinta principale sembra essere il suo Ego onnipotente e il suo bisogno di dominio.
“L’angelo della morte” uccide sovente negli ospedali e nelle case di cura, attaccando i pazienti di cui si occupa.
Purtroppo, ci si accorge dell’esistenza di una serie omicidiaria di questo tipo solo dopo moltissimi omicidi, anche perché le amministrazioni ospedaliere non pensano che ci possa essere un serial killer all’interno delle loro strutture.
Se l’assassina, poi, si sposta da un ospedale all’altro, diventa quasi impossibile identificare lo schema omicida o focalizzare l’attenzione su un determinato sospetto, dato che, di solito, si tratta di una persona stimata dai superiori, dai colleghi e dalle potenziali vittime.
Un caso recente è quello dell’infermiera di Lugo Daniela Poggiali condannata per aver causato la morte di almeno 40 pazienti.
La predatrice sessuale
É il tipo più raro di assassina seriale, agisce da sola e sceglie le proprie vittime in base al sesso.
Il movente principale di questi delitti è quindi di natura sessuale.
La vendicatrice
Uccide sistematicamente le vittime per motivi di gelosia o di vendetta, di solito uccide i membri della sua stessa famiglia ed è motivata da un incontenibile senso di rifiuto e di abbandono.
L’omicidio seriale per vendetta è comunque piuttosto raro non solo nelle donne, ma anche in generale.
L’assassina per profitto
Uccide sistematicamente le vittime durante la commissione di altre attività criminali oppure per un guadagno economico, agisce da sola e non è assimilabile alla “vedova nera” perché concentra l’energia distruttiva su vittime estranee alla sua famiglia.
È un’omicida molto organizzata, piena di risorse e difficile da catturare.
L’assassina in gruppo
Uccide con altre donne o con uomini e i suoi omicidi, in genere, sono più brutali e di natura sessuale.
Nelle coppie uomo/donna si conosce solo un caso in cui la donna era la personalità dominante, quello di Martha Beck e Raymond Fernandez, verificatosi in California a metà degli anni ’80, in cui l’uomo subì la forte personalità della donna che lo indusse a compiere insieme a lei 17 omicidi.
L’assassina psicotica
Soffre di una psicosi ed uccide in risposta ad un delirio interiore accompagnato da allucinazioni.
Gli omicidi sono commessi in modo casuale, senza movente chiaro ed in presenza di effettivi disturbi psicologici nell’assassina.
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