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15/09/2017Le espressioni facciali comunicano le nostre emozioni.
Essere capaci di riconoscere le emozioni dalle espressioni facciali permette di comprendere meglio gli altri e migliorare la qualità delle nostre relazioni. Questa capacità, dal punto di vista evolutivo, ha dato un enorme contributo all’adattamento e alla sopravvivenza umana.
Un grande passo avanti è stato fatto grazie a un sistema di codifica della mimica facciale introdotto da due esperti come Ekman e Friesen, che hanno elaborato un metodo scientifico in grado di leggere le emozioni dalle espressioni del volto.
Gli studi in merito
Le espressioni facciali per molto tempo sono state oggetto di studi e anche Charles Darwin se ne occupò nel saggio “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli altri animali” pubblicato nel 1872.
Il padre della teoria dell’evoluzione sosteneva che le emozioni sono innate e che ad esse corrispondono delle espressioni facciali e corporee presenti in ogni etnia e cultura umana.
Lo studio sull’analisi delle espressioni facciali venne approfondito dopo molti anni da Paul Ekman, autore della cosiddetta “teoria neuroculturale”, che dimostrò l’universalità delle emozioni.
Il ricercatore, dopo aver analizzato migliaia di espressioni facciali, notò che gli atteggiamenti del volto di un gruppo di individui della Nuova Guinea quando provavano un’emozione erano uguali a quelle mostrate da coloro che abitavano nel mondo occidentale.
Questo particolare lo convinse che la mimica delle emozioni di base è identica in qualsiasi parte del mondo. Successivamente, insieme a Friesen, condusse degli studi specifici ed elaborò quello che a oggi è il metodo più famoso e attendibile per la lettura delle espressioni facciali, il FACS.
Il Facial Action Coding System (FACS) è un sistema di codifica dei movimenti dei muscoli facciali, si presenta come un atlante del volto umano, una descrizione sistematica (testi, fotografie e filmati) che permette di codificare e misurare ogni possibile mimica del volto umano in termini anatomici, scomponendo i movimenti in singole unità definite Action Unit.
Tenendo conto della sua “funzione di calcolo”, è possibile definirlo una sorta di “algoritmo delle emozioni”.
Le espressioni universali
Gli studi condotti da Paul Ekman e Wallace V. Friesen, esperti in mimica facciale, hanno portato alla conclusione che particolari espressioni facciali sono associate universalmente a particolari emozioni, confermando così la teoria di Darwin.
Espressioni di rabbia, disgusto, felicità, tristezza, sorpresa, dispiacere e paura sono universali. I due esperti hanno specificato che le espressioni hanno radici biologiche e non necessitano quindi di essere apprese per manifestarsi.
A dimostrarlo è la loro presenza anche nei bambini molto piccoli, nei non vedenti o nei sordomuti dalla nascita, soggetti che non hanno avuto altre occasioni di apprenderli.
Inoltre, Ekman e Friesen hanno sottolineato che le espressioni emozionali vengono influenzate da fattori culturali, dall’apprendimento, dalla predisposizione e questo dettaglio spiega come vi possano essere differenze individuali nella loro manifestazione.
Alle emozioni primarie successivamente vennero aggiunte altre emozioni secondarie, ovvero: disprezzo, divertimento, imbarazzo, contentezza, colpa, eccitazione, sollievo, orgoglio dei successi, soddisfazione, piacere sensoriale.
Facial Action Coding System
Nel 1978 Ekman e Friesen elaborarono un sistema di codifica della mimica facciale denominato Facial Action Coding System o FACS. Il metodo si basa appunto sulla scoperta dell’universalità dell’espressione emotiva in risposta alle emozioni primarie indicate in precedenza.
Si tratta di un vero e proprio atlante del volto umano che include una descrizione sistematica composta da foto, filmati e testi, per misurare in termini anatomici i movimenti facciali e scomporli in unità singole di movimento denominate Action Unit. Il metodo si propone di:
- Riconoscere l’emozione provata dal soggetto in esame al momento dell’osservazione, individuando le contrazioni dei muscoli facciali, singolarmente o combinate con altri muscoli.
- Individuare microespressioni impercettibili da notare a occhio nudo.
- Poter scorgere espressioni frutto di emozioni miste oppure simulate.
ll FACS consente dunque di individuare ciascun movimento del volto umano senza interferenze interpretative e solo in maniera descrittiva. Ekman e Friesen, per ottenere questo obiettivo, si sono basati esclusivamente sull’analisi anatomica dei movimenti muscolari del viso.
Diverse tipologie
Ekman e Friesen hanno distinto diverse tipologie di espressioni facciali manifestate dalle persone, che sono:
- Espressioni facciali discrete – sono quelle espressioni appena accennate che il volto assume in determinate circostanze e che non rivelano in modo palese l’emozione che le scatena. Per questo motivo sono definite espressioni facciali discrete.
- Espressioni deboli – sono quelle espressioni non troppo evidenti per via dello scarso utilizzo dei muscoli facciali. Questo può accadere quando lo stato emotivo non si è manifestato in pieno oppure sta svanendo o magari il soggetto cerca di celare ciò che sta provando veramente.
- Espressioni parziali – sono espressioni simili a quelle deboli, ma a differenze di queste si manifestano in una sola parte del volto. Occorre però un occhio esperto per riconoscerle.
- Microespressioni – sono quelle espressioni più sincere perché sono spontanee e involontarie, ma durano una frazione di secondo. A volte la persona non si rende conto della sua espressione facciale e quando se ne accorge cerca di mascherarla.
Come abbiamo visto, è evidente che la comunicazione non verbale si compone anche di una serie di microgesti e microespressioni che rivelano tracce di emozioni mascherate o nascoste.
Volto specchio dell’anima
Il nostro volto è una macchina estremamente sofisticata e complessa; talvolta, le espressioni del volto possono essere articolate ed ambigue. Questo può avvenire soprattutto perché originano da un sistema duplice, volontario ed involontario, abile a mentire e a dire la verità; a volte, contemporaneamente.
Le espressioni autentiche, sentite, attivano il movimento spontaneo di alcune regioni muscolari del volto; è possibile simularle, ma in modo, in genere, poco convincente.
Quelle false, invece, sono intenzionali ed implicano l’innesco volontario di una “maschera”: servono, in questo caso, a nascondere ciò che si prova veramente o a mostrare qualcosa che non si sente.
Nel libro “I volti della menzogna”, Ekman classifica tre fattori per appurare che un’espressione non sia genuina e sincera:
- Asimmetria: in un’espressione facciale asimmetrica le stesse azioni si manifestano identiche nelle due metà del viso, ma sono più marcate su un lato rispetto all’altro;
- Tempo: le espressioni che durano per più di 10 secondi probabilmente sono false;
- Collocazione nel discorso: le espressioni del volto che non sono sincronizzate coi movimenti del corpo rappresentano possibili indizi di falsità.
Il sorriso falso
E’ possibile riconoscere un sorriso falso da uno genuino. Nel diciannovesimo secolo il neurologo francese Duchenne de Boulogne identificò le peculiarità del sorriso vero e genuino che coinvolge, oltre ai muscoli della bocca, anche quelli degli occhi.
Infatti, nel sorriso autentico è tipica la contrazione spontanea del muscolo pars lateralis che è uno dei muscoli oculari.
Attraverso la misurazione dell’attività cerebrale, Paul Ekman ha rilevato che nelle persone che contraggono tale muscolo è presente un’attività cerebrale legata alle sensazioni di piacere; quando si sorride in modo menzognero ciò non si verifica.
Sembra che ci siano due distinti percorsi neuronali che intervengono nell’espressione facciale del sorriso: un percorso è per le espressioni facciali volontarie e un secondo per le espressioni facciali emotive involontarie.
I movimenti facciali volontari hanno origine nella striscia motoria corticale del cervello e arrivano al viso attraverso il sistema motorio piramidale.
I movimenti facciali involontari, come quelli coinvolti in un’espressione emotiva, derivano principalmente dai nuclei sottocorticali e arrivano al viso attraverso il sistema motorio extrapiramidale.
Ora, l’indicatore più affidabile del sorriso di gioia è l’indicatore Duchenne. La ricerca FACS ha dimostrato che in un vero sorriso di gioia, la pelle sopra e sotto l’occhio è tirata verso il bulbo oculare, e questo determina i seguenti cambiamenti nell’aspetto: le guance sono sollevate; la pelle sotto l’occhio può gonfiarsi; la palpebra inferiore si alza; le rughe delle zampe di gallina possono comparire nell’angolo esterno dell’orbita; la pelle sopra l’occhio è leggermente tirata verso il basso e verso l’interno; e le sopracciglia si abbassano leggermente.
Un sorriso di non gioia, al contrario, presenta lo stesso movimento degli angoli delle labbra del sorriso di gioia ma non comporta i cambiamenti dovuti ai muscoli intorno agli occhi.
In un sorriso, l’assenza di movimento nella parte esterna del muscolo che orbita attorno all’occhio distingue un sorriso artificiale da quello naturale.
Se il sorriso è di portata lieve o moderata, è facile individuare l’assenza di questo movimento perché non sono presenti zampe di gallina e le guance non sono sollevate dall’azione del muscolo, che restringe l’apertura dell’occhio.
D’altra parte, un ampio sorriso fatto deliberatamente produrrà tutti questi segni, rendendo più difficile individuare l’artificialità; quindi, è necessario cercare un indizio molto più sottile: un leggerissimo abbassamento delle sopracciglia e della pelle tra il sopracciglio e la parte superiore palpebra, che è chiamata piega della copertura dell’occhio.
Questa differenza è difficile da riconoscere e la maggior parte delle volte veniamo facilmente ingannati da sorrisi ampi che sono artificiali, il che potrebbe anche spiegare perché è una maschera così comune.
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