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28/11/2018Stanford è nota per un esperimento carcerario molto particolare.
Nel 1971 lo psicologo Philip Zimbardo decise di fare un esperimento che fece la storia della psicologia. Egli voleva dimostrare come il fatto di rivestire un determinato ruolo, e l’appartenere ad un certo gruppo sociale con determinate funzioni, riuscisse a modificare la personalità.
Il ruolo assunto avrebbe dovuto trasformare le persone facendole diventare un tutt’uno col sistema d’appartenenza e col ruolo che essi ricoprivano, tanto da modificare il loro comportamento ed indurlo a fare cose che nella loro vita non avevano mai fatto prima.
Non immaginava che il risultato sarebbe andato ben oltre.
Indagare il male
L’effetto Lucifero è un fenomeno sociale introdotto nel 1971 da Philip Zimbardo. Autore del noto esperimento carcerario di Stanford, è considerato tra i più importanti a livello accademico e ritenuto fondamentale in psicologia sociale.
L’esperimento carcerario di Stanford nacque dal tentativo di “comprendere i processi di trasformazione che si verificano quando persone buone compiono azioni cattive”. Sin dall’inizio per Zimbardo la domanda fondamentale a cui cercò di dare una risposta fu: “Cosa spinge le persone ad essere cattive?”.
L’autore, grazie alla collaborazione con alcuni ricercatori dell’Università, decise così di studiare questa problematica simulando le dinamiche di una prigione, allestita nei sotterranei del campus di Stanford. Lo scopo di tutto ciò fu quello di approfondire gli effetti che la prigione può avere sul comportamento umano.
L’esperimento carcerario
Gli sperimentatori reclutarono i partecipanti all’esperimento attraverso un annuncio sul giornale che prometteva loro 15 dollari al giorno per due settimane, in cambio della partecipazione.
Tra le numerose persone che risposero all’annuncio, Zimbardo e i suoi collaboratori, selezionarono un gruppo di 24 studenti universitari. Questi sono stati ritenuti idonei perché considerati individui equilibrati, senza inclinazione alla violenza e senza precedenti penali.
Tutti i partecipanti erano perfettamente consapevoli di dover recitare un ruolo.
Zimbardo istallò delle telecamere per osservare ciò che accadeva all’interno del finto carcere. Inoltre, decise di assumere la funzione di sovrintendente, in modo da poter intervenire in caso di necessità, senza dover interrompere l’esperimento stesso.
Attraverso un lancio di una moneta, i partecipanti vennero divisi in due gruppi: detenuti e guardie. A quest’ultimi sono state fornite delle divise composte da occhiali da sole riflettenti e manganelli. I detenuti sono stati privati dei loro indumenti e costretti ad indossarne altri in modo da essere omologati e privati della loro individualità.
Quando l’esperimento ebbe inizio ogni partecipante cominciò ad assumere il ruolo assegnato. Le guardie giravano tra i corridoi delle celle con aria di superiorità. In più, per garantire l’ordine e guadagnare il rispetto dei detenuti, decisero di imporre loro delle regole.
Dall’altra parte i detenuti stentavano a prendere sul serio le regole imposte loro, considerando tutto come un gioco e continuando a scherzare. Con il passare dei giorni, ambedue i gruppi iniziarono sempre più a manifestare comportamenti insoliti legati al ruolo diverso assunto all’interno dell’esperimento.
Cosa avvenne
Durante la notte del primo giorno i prigionieri vennero svegliati per la conta: per aver tentato di rivendicare la propria autonomia le guardie iniziarono a punirli obbligandoli a fare delle flessioni.
Il primo giorno trascorse comunque senza grossi problemi, ma la mattina del secondo giorno i prigionieri iniziarono a ribellarsi barricandosi nelle celle.
Già dopo solo un paio di giorni, i primi episodi di violenza di rivolta portarono le guardie a comportamenti al limite del sadico e i prigionieri iniziarono a manifestare sintomi di sottomissione verso le guardie, le quali a loro volta non solo non smettevano di vessarli, ma soprattutto sembravano provare un certo gusto nel farlo.
I ricercatori dovettero interrompere lo studio per garantire l’incolumità dei partecipanti, ma il risultato si era già rivelato eclatante: quando ci si trova ad agire all’interno di dinamiche sociali e di gruppo si possono verificare episodi in cui si perde autoconsapevolezza e autocontrollo.
Questo fenomeno, definito de-individuazione, aveva portato i soggetti coinvolti a mettere da parte la propria responsabilità personale, dimostrando come il contesto potesse trasformare persone normalissime in elementi totalmente fusi con il gruppo e con i suoi obiettivi.
L’effetto lucifero
In principio l’esperimento carcerario di Stanford sarebbe dovuto durare 14 giorni. Tuttavia, Zimbardo lo interruppe durante la prima settimana quando rilasciò cinque detenuti a causa di un forte crollo emotivo e perché le guardie hanno iniziato a mostrare eccessivi episodi di violenza nei confronti dei detenuti.
Le guardie avevano ormai assunto un atteggiamento violento e sadico: cosa stava succedendo a quegli individui equilibrati privi di qualsiasi comportamento anomalo?
L’effetto Lucifero rappresenta il male che le persone possono diventare, non il male che le persone sono.
L’interesse di Zimbardo per la progettazione dell’esperimento carcerario di Stanford servì per creare un contesto attraverso cui studiare i fattori situazionali e circostanziali che possono condurre persone normali e buone a compiere del male.
L’autore descrive delle forze psicologiche che spingono gli individui ad oltrepassare la linea che separa il bene dal male. Le persone buone possono infatti essere sedotte e portate dall’altra parte, così come le persone cattive possono ricredersi tramite aiuto e riabilitazione.
Il risultato dell’esperimento carcerario di Stanford è definito “effetto Lucifero” e servì proprio a dimostrare come persone buone possano compiere atti disumani.
Questo effetto suggerisce che la malvagità non è determinata solo da chi siamo, ma dipende anche dalla situazione specifica in cui ci troviamo.
Da qui l’importanza dei ruoli sociali nel determinare il comportamento umano: quando una persona assume un determinato ruolo in una situazione specifica, finisce per trasformarsi in quel ruolo che diventa poi la sua stessa identità.
Zimbardo ritiene che la causa della trasformazione delle persone da buone a cattive sia quindi il sistema in cui si trovano e la loro relazione con il potere.
Essere buoni o cattivi
Durante l’esperimento carcerario di Stanford è emerso come ogni persona buona possa essere facilmente condotta a compiere atti violenti e sadici verso terzi, se catturate dal potere della situazione.
Tutto questo significa farle entrare nel proprio ruolo. Le prigioni infatti sono una questione di potere: le guardie hanno il potere di dominare i prigionieri e i prigionieri possono ribellarsi ma alla fine sono sempre schiacciati.
Metà dei partecipanti all’esperimento carcerario si erano trasformati da semplici studenti universitari in guardie carcerarie, molte delle quali, compirono atti di crudeltà e di sadismo sui prigionieri.
Nello studio l’autore ha voluto creare il male dall’interno, ponendo su una sorta di palcoscenico 24 studenti universitari per poi vedere quello che avrebbero fatto: scoprì così che si possono creare le condizioni che spingono le persone a superare la linea tra bene e male, in presenza di regole e ruoli da recitare e quando c’è una potente autorità che organizza ogni cosa.
Grazie all’esperimento carcerario, l’autore comprende che la vera natura del bene e del male non è un tratto di personalità, non è qualcosa dentro di noi, ma un attributo della natura umana stessa e che ognuno di noi ha la capacità di fare sia del bene che del male all’altro.
Il ruolo recitato dalle guardie è diventato la loro stessa identità: normali studenti universitari, reclutati nell’ambito di un esperimento, in pochissimo tempo, divennero guardie o prigionieri in grado di compiere azioni che sarebbero state inimmaginabili per loro stessi prima di partecipare alla simulazione carceraria.
Per le guardie divenne normale essere crudeli ed ogni giorno il livello degli abusi e delle umiliazioni divenne sempre più frequente.
Il bene ed il male fanno e faranno sempre parte della condizione umana ed ogni singolo individuo è in grado di compiere ambedue le azioni così da comprendere che la linea tra bene e male, in specifiche situazioni e contesti, non è poi così netta e scissa.
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4 Comments
Le condizioni del carcere in Italia, sono pessime, la gente non ne può più.
E’ tutto davanti agli occhi dei giornalisti e dei politici indifferenti. Il fenomeno degli eventi critici è aumentato, il carcere sta diventando giorno dopo giorno un vero manicomio. Le attuali strutture non sono attrezzate per curare i detenuti con patologie psichiatriche, perchè il mondo libero si ostina a non voler guardare cosa succede dentro. Esiste poi, una parte della popolazione detenuta violenta e sfrontata, che non si fa problemi ad alterare l’ordine e la sicurezza del carcere, dando vita ad episodi violenti e incresciosi. Forse, perché, la risposta istituzionale in termini penali e disciplinari ai loro comportamenti violenti e illegali, è stranamente troppo tenue, ma quando c’è un morto, tutti si vogliono liberare le coscienze con un capro espiatorio.
L’esperimento del Professor Zimbardo rispecchia problemi attuali, mai risolti.
Federico Berlioz
Concordo pienamente ed aggiungo che di fatto non viene realizzato alcun reiserimento adeguato nella società, chi esce prima o poi, per necessità o per abitudini mai perse, tornerà a delinquere, ed il carcere avrà aolo aumentato la loro rabbia nel sociale e verso le istituzioni, rendendoli ancora più pericolosi e socialmente disadatati e mai di fatto insiriti nella società civile.
Grazie per il suo intervento singolarmente sottile.
Marilena
Marilena
buona sera,
ho letto con interesse questo articolo sull’esperimento carcerario di Stanford.
Sono convinto che molti di noi, nel momento in cui ricevono un incarico, siano portati ad eccedere nello zelo, per dimostrare a se stessi o ad altri, di essere all’altezza della situazione.
Ciò a prescindere dalla rilevanza dell’incarico.
Senza voler sminuire il ruolo della guardia, che può aver stimolato ed indotto negli studenti un comportamento violento, credo che ogni giorno possiamo vedere esempi in tal senso:
mi riferisco in particolare al “delirio di onnipotenza” di alcuni personaggi della politica, anche quando sono alle primissime esperienze ovvero senza alcun incarico di responsabilità.
In questo settore questi eccessi, sono a mio avviso ancor più evidenti e macroscopici.
Potrei citare altri esempi, ma sono convinto che le capacità di adattamento dell’essere umano portano, sia in positivo che in negativo, anche a questo tipo di comportamenti che spesso degenerano. Credo quindi che l’esperimento non rappresenti altro che la conferma dell’estrema volubilità e quindi della fragilità e debolezza dell’essere umano.
Cordialmente Dante
Verissimo caro Dante, l’esempio di come l’uomo può modificarsi ed adattarsi alle nuove situazioni lo vediamo ogni giorno quando ci accorgiamo che persone che vivono intorno a noi e che pensavamo di conoscere bene ed essere in un certo modo le troviamo completamente trasformate senza comprenderne i motivi e senza capire il perché, anche se un perché esiste sempre ma non sempre ci è dato conoscerlo.
Marilena