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05/11/2016La Sindrome di Peter Pan è la condizione degli uomini mai cresciuti del tutto.
Il primo ad identificarla fu lo psicologo americano di fede junghiana Dan Kiley che usò l’esempio del celebre folletto Peter Pan per circostanziare una determinata condizione psichica ed atteggiamento di fronte ad un problema, una circostanza di disagio o una situazione difficile, che però il soggetto evita e non vuole affrontare.
Chi è Peter Pan
Questo disturbo può colpire anche le donne, ma sono gli uomini che solitamente patiscono la sindrome di Peter Pan, per le femmine c’è la sindrome di Pollyanna o il complesso di Brunilde o di Antigone a seconda degli aspetti coinvolti nel disturbo.
Lo stesso Sigmund Freud aveva definito il comportamento da Peter Pan studiando la reazione emotiva e psichica di alcuni suoi pazienti che vivevano realtà dolorose e problematiche.
Il dolore vissuto e la difficoltà nel fare delle scelte definitive o nel prendere decisioni risolutive, soprattutto quando coinvolgono dei cambiamenti radicali, comportano sempre un investimento emotivo non di poco conto. Sono fasi dolorose ma il loro superamento è necessario.
Ci sono coloro che affrontano ogni evento in modo diretto e deciso, senza indugi, e ci sono invece coloro che rimandano in continuazione sperando che altri se ne facciano carico.
In situazioni del genere ognuno di noi ha un suo sistema personale di reagire, di affrontare le difficoltà, le responsabilità e a volte anche il dramma ed il dolore.
Ci sono persone che, invece, temono di fare tale passo tanto da vivere perennemente nel limbo, in bilico tra il prendersi determinate responsabilità e il non affrontarle, in una condizione di non decisione eterna.
La fuga di Peter Pan
Tutti noi davanti ad una realtà dolorosa ci rifugiamo in pensieri che ci portano ai giorni spensierati o felici della nostra fanciullezza o dei momenti particolarmente sereni per dimenticare le angosce attuali, per qualcuno tale fase di regressione ha una durata limitata nel tempo, per altri è un sistema più consolidato se non addirittura un’abitudine.
Così come Peter Pan che porta nell’isola che non c’è, dove non esistono problemi e difficoltà, così il desiderio di certe persone di non sentire il dolore o il peso degli impegni li porta al costante ricordo di momenti più lieti e spensierati, dove non si doveva prendere alcuna responsabilità.
Di fronte a delle circostanze dolorose come un lutto, la perdita del lavoro, la difficoltà di affrontare dei cambiamenti drastici, il nostro primo atteggiamento è quello di sviare il pensiero su ricordi e situazioni più leggeri, meno compromettenti e logoranti.
Ma i Peter Pan non affrontano ogni questione per puro partito preso, evitano le responsabilità ed ogni faccenda che richieda una valutazione ed una presa di coscienza, vogliono continuamente vivere con diletto e leggerezza.
Come il folletto che vola via, anche gli uomini Peter Pan scappano da ogni tipo di responsabilità, familiare, relazionale, ed anche nel lavoro cercano di non affrontare impegni troppo gravosi.
Col tempo la Sindrome di Pater Pan è diventata il simbolo della incapacità di affrontare i problemi della vita, di maturare sulle esperienze dolorose, di vivere evitando la condizioni che innescano la paura della perdita, dell’abbandono, del lutto.
La sindrome è divenuta sinonimo di quella condizione mentale, quell’atteggiamento e comportamento di pura regressione ad una fase evolutiva priva di responsabilità, di problematicità, di dolore e sofferenza, dove tutto era gioco, fantasia e divertimento.
Sintomi della sindrome
Ci sono diversi atteggiamenti che possono essere identificati come comportamenti infantili negli adulti, le persone con la sindrome di Peter Pan tendono ad avere questi atteggiamenti o tratti comuni:
- Problemi con le relazioni a lungo termine: Una delle caratteristiche dell’uomo o della donna immaturi è che tendono ad avere difficoltà a stare in una relazione a lungo termine, che sia un’amicizia o una relazione sentimentale. Questo può essere dovuto allo stile di attaccamento che hanno ricevuto durante l’infanzia, il che significa che tendono a non impegnarsi con gli altri. In altre parole, hanno paura di assumersi la responsabilità di un rapporto sano con gli altri.
- Dipendenza dagli altri per prendersi cura di loro: un altro segno di comportamento infantile negli adulti è la totale dipendenza dagli altri per la sopravvivenza. Pertanto, non sono in grado o hanno difficoltà a fare qualcosa per se stessi. Inoltre, amano essere accuditi dagli altri nonostante ciò che significa per loro.
- Nessun interesse nel miglioramento: Quando si invecchia, si tende a cercare di migliorare o crescere emotivamente e psicologicamente. Al contrario, le persone con la sindrome di Peter Pan finiscono per godersi la vita come al solito e non ci vedono niente di male.
- Non prendono decisioni: Man mano che invecchiamo, prendiamo sempre più decisioni che determinano la vita. In effetti, fare delle scelte è già una parte importante dell’essere adulti. Qualcuno con la sindrome di Peter Pan può far prendere l’iniziativa a qualcun altro o non prenderla affatto.
- Hanno un rapporto difficile con il denaro: non tutti sanno come gestire il proprio denaro. Ma nel caso di una persona con questa sindrome potrebbe non essere in grado di arrivare a fine mese a causa della cattiva gestione dei risparmi e del denaro.
- Evitano il conflitto e il confronto: qualcuno con la sindrome di Peter Pan può avere ancora la maturità emotiva di un bambino. Per questo motivo, quando si tratta di conflitto e confronto, le persone con il complesso di Peter Pan tendono ad evitarlo in ogni modo. Possono anche arrivare a isolarsi per non assumere questi problemi nelle loro relazioni.
Le donne Peter Pan
Erroneamente la sindrome è stata tipizzata solo per l’uomo, che privo della capacità di generare, e quindi dal rimanere coinvolto nella gravidanza e nelle cure del piccolo, si può permettere la scelta di liberarsi da qualunque ruolo di tipo duraturo come fare il fidanzato, il marito o il padre.
In realtà tale atteggiamento non è legato necessariamente al genere maschile, ma è una condizione che può manifestarsi anche nelle donne.
Le donne sono più propense agli impegni duraturi per indole e natura, come madri e progenitrici sono predisposte alla cura dei figli che devono portare in grembo per nove mesi, allattarlo e poi accudito per gli anni futuri fino alla completa maturità ed indipendenza.
Ma questo non significa che non ci siano donne che non sentono il desiderio di maternità e tutto ciò che esso comporta.
Non dimentichiamo che la nostra società vede ancora nella madre il genitore fonte principale di riferimento; è soltanto recentemente che si è riconsiderata l’importanza del ruolo del padre ed il suo riconoscimento come ruolo e funzione genitoriale.
La nostra stessa sopravvivenza dipende dal legame con la figura materna, l’uomo è l’unico essere che deve essere accudito per molti anni prima di diventare indipendente, mentre per qualunque altro animale in natura la maturità sessuale, che avviene nell’arco di pochi mesi, segna il momento della separazione e distacco dalla dipendenza materna, della crescita indipendente ed autonoma.
Ci sono anche altri fattori da considerare nell’era moderna, mi riferisco all’impossibilità pratica di avere delle certezze nel futuro tanto da investire in progetti importanti come quello del lavoro ma anche della famiglia, ed alla difficoltà economica che hanno molti giovani nel poter uscire di casa e potersi emancipare.
L’incertezza del futuro li costringe a vivere coi genitori molto più a lungo di quanto vorrebbero, rendendoli un po’ tutti accuditi da genitori chioccia come un Peter Pan.
Se nel secolo scorso il matrimonio era una fase di transizione moralmente e socialmente obbligatoria, imposta per entrambi, ora non è più così, e tale vicolo è scelto come alternativa a diversi altri stili di vita.
Qualche moderno sociologo ha definito tale condizione come “l’handicap della gioventù moderna”, dove il benessere e le possibilità hanno spesso dei risvolti negativi.
Determinate professioni richiedono tempi lunghi di formazione, le Università e i corsi para-universitari costano, privando il giovane dell’indipendenza economica e costringendolo a rimanere più a lungo a casa coi genitori.
È il sistema stesso che crea un Peter Pan.
La paura dell’instabilità, la precarietà lavorativa e l’impossibilità di essere autonomi costringono l’uomo o la donna a temere le responsabilità e gli impegni proprio perchè non hanno gli strumenti per farvi fronte.
Vista con gli occhi dei giorni nostri, la sindrome di Peter Pan è anche la condizione meramente personale di chi non vuole responsabilità perché teme gli impegni costosi che essa comporta, e che se assunti costringono il giovane a rimanere a casa fino al termine degli studi o dei corsi di formazione.
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