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14/10/2017Freeze, Flight, Fight e Fright: ecco come reagisce la nostra mente ad un forte stress.
Lo stress è una sindrome di adattamento a degli stressor, cioè quei fattori, eventi, sollecitazioni o situazioni che ci sollecitano forti reazioni emotive, spesso negative.
Lo stress può essere sia fisiologico, cioè derivate da un carattere poco adattivo e molto sensibile a qualunque sollecitazione, in tal caso può dipendere da momenti particolarmente delicati della vita, superati i quali la condizione stressante dovrebbe terminare.
Ma può derivare da una situazione anomala, inevitabile ed imprevedibile, in tal caso interviene una reazione fisiologica diversa a seconda del nostro carattere e della nostra capacità di rispondere immediatamente agli eventi e di essere ad essi reattivi positivamente,
Ogni stressor che perturba l’omeostasi dell’organismo richiama immediatamente delle reazioni regolative neuropsichiche, emotive, locomotorie, ormonali e immunologiche.
Funzione dello stress
Lo stress è da considerarsi come una funzione essenziale per il nostro organismo, in quanto ci permette di far fronte alle pressioni e alle minacce esterne e quindi di adattarsi all’ambiente circostante, tutto ciò è fondamentale per la sopravvivenza dell’essere umano.
Tuttavia, in determinate condizioni, le sollecitazioni che generano stress possono divenire eccessive fino al punto di non essere più sopportabili, con conseguenze negative anche assai gravi per la salute dell’individuo.
Poiché non è possibile evitare lo stress, in quanto il nostro organismo è perennemente esposto a stimoli esterni, è però necessario e indispensabile, in particolare sul lavoro, cercare di fare in modo che le condizioni di lavoro non presentino fattori stressanti rilevanti e significativi.
Da questa piccola premessa possiamo dedurre che lo stress si manifesta nel momento in cui il nostro organismo deve rispondere a stimoli esterni.
Questa risposta consiste nell’attivazione dei sistemi psico-neuro-endocrini che consentono di contrastare, e così risolvere, la situazione critica, al fine di evitare possibili conseguenze negative sull’intero organismo, e permettere l’adattamento nel caso in cui non sia possibile risolvere la situazione stressante.
Possiamo pertanto distinguere due tipi di stress, quello positivo chiamato eustress, che ci permette di adattarci positivamente alle situazioni; e uno negativo, chiamato distress, quando la situazione stressante richiede uno sforzo di adattamento superiore alle ordinarie possibilità, comportando un logorio progressivo che porta al deterioramento delle nostre difese psicofisiche.
In base alle modalità con cui gli stimoli esterni si presentano all’individuo, il nostro organismo risponderà in modo diverso, e più precisamente attraverso due modalità distinte in:
- Stress acuto: quando gli eventi stressanti si presentano in modo acuto e la risposta dell’organismo si gioca e/o si esaurisce nel giro di pochi minuti o di ore (ad esempio nel caso di un lutto).
- Stress cronico: quando gli eventi stressanti si protraggono per giorni, settimane, mesi e la risposta dell’organismo si protrae nel tempo (ad esempio un rapporto di lavoro problematico).
Uno dei primi studiosi dello stress fu Hans Selye, il quale lo definì come “condizione aspecifica in cui si trova l’organismo quando deve adattarsi alle esigenze imposte dall’ambiente”, ossia è la reazione che ognuno di noi ha di fronte a diverse richieste, difficoltà o prove.
Sindrome di Adattamento
Sempre Selye definì come “Sindrome Generale di Adattamento” quella risposta che l’organismo mette in atto (fight/flight) quando è soggetto agli effetti prolungati di svariati tipi di stressor, quali stimoli fisici (ad es. fatica), mentali (ad es. impegno lavorativo), sociali o ambientali (ad es. obblighi o richieste dell’ambiente sociale).
L’evoluzione della sindrome avviene in tre fasi:
- una prima fase di allarme;
- una seconda fase di resistenza;
- una terza fase di esaurimento funzionale.
Dopo una prima fase d’allarme, cioè di aumentata attenzione e tensione, l’organismo cerca di contrastare la situazione stressante, acuta o cronica che sia, opponendo una resistenza agli effetti che questa situazione produce sul proprio equilibrio.
Il tentativo ripetuto di contrastare la situazione stressante causa l’esaurimento dell’organismo poiché il costo della resistenza al distress è più forte delle capacità di reazione ad esso, facendo così emergere gli effetti negativi dello stress.
Fight e Flight
Secondo Selye, la risposta neurovegetativa e corticosurrenale allo stimolo stressante era finalizzata a mobilitazioni muscolari riassunte nell’atteggiamento di lotta/fuga (“fight/flight”) dipendenti dalla capacità dell’individuo di saper affrontare o meno lo stimolo stesso.
I risultati dannosi dello stress erano attribuiti all’impossibilità di intraprendere un comportamento di lotta-fuga fight/flight con conseguente accumulo tossico di adrenalina, cortisone, e soprattutto conseguenze fisiologiche e metaboliche, quali per esempio: aumento della vigilanza, della pressione arteriosa, dei grassi nel sangue della glicemia, dei processi infiammatori, etc..
In realtà si è riconosciuto che oltre alla risposta “attiva” fight/flight prevista da Selye, è possibile una risposta “passiva” che è stata osservata in studi sperimentali sugli animali.
Questo tipo di risposta passiva si esprime come “giocare a fare il morto”.
Inoltre il meccanismo con cui l’organismo reagisce agli stimoli stressanti, indipendentemente dal modo in cui vengono percepiti e valutati, è lo stesso in tutti gli individui; la differenza sta nel modo in cui le persone reagiscono emotivamente a queste sollecitazioni.
Ciò significa che la stessa situazione di lavoro può in alcune persone suscitare stress, mentre altre rimanere del tutto indifferenti se sottoposte allo stesso fenomeno.
Accede questo perché lo stress è un fatto particolarmente soggettivo, che non insorge esclusivamente in seguito alla presenza di situazioni o eventi potenzialmente stressanti, ma in base al modo con cui il soggetto vive emotivamente l’evento.
Ne consegue che, per poter riconoscere e valutare l’esistenza di un problema di potenziale stress è indispensabile un approccio che permetta obiettivamente di rilevare e stabilire le reazioni soggettive prodotte dagli stressor, in riferimento al contesto stesso.
Freeze, Flight, Fight e Fright
Le ultime ricerche, svolte negli Stati Uniti, ormai considerano pienamente le quattro “F”, cioè “Freeze, Flight, Fight e Fright”, in vari ambiti medico-sanitari, da quello della terapia del linguaggio per le balbuzie ai trattamenti per lo stress post-traumatico.
Una sequenza coerente delle quattro risposte alla paura, che s’intensificano in funzione della vicinanza del pericolo, è stata ben stabilita dagli etologi studiando i primati non umani.
La sequenza inizia con quello che gli etologi chiamano la risposta “Freezing”, o “congelamento”, un termine corrispondente a ciò che i medici chiamano, in genere, iper-vigilanza (stato di guardia o allerta).
La risposta del congelamento iniziale è la tendenza all’azione: “mi fermo, osservo e ascolto”, associata alla paura.
Ad esempio: la preda che rimane letteralmente “congelata” in una situazione di pericolo ha più probabilità di evitare la cattura, poiché la corteccia visiva e la retina dei mammiferi carnivori (e, in misura minore, anche nel caso dell’Homo Sapiens) si sono evolute principalmente per rilevare oggetti in movimento, e non i colori degli oggetti statici.
Questa risposta iniziale è seguita da tentativi di fuggire, e, successivamente, da tentavi di combattere, in questo ordine: “Freeze, Flight e Fight”.
Successivamente, vi è “Fright”, o “immobilità tonica”, ad es. durante un contatto fisico diretto con il carnivoro (o l’umano predatore).
Nella letteratura, tale immobilità tonica era già nota e veniva denominata “fingersi morto”; il disturbo post-traumatico da stress è stato riferito come un insieme di sintomi peri-traumatici simili al “panico”.
Un termine ampiamente utilizzato in Europa per immobilità tonica è “spavento” o “terrore”.
La risposta difensiva dell’immobilità tonica avviene in tutti i mammiferi (come le altre risposte che la precedono).
“Fright” è la risposta più utile quando un organismo è più debole, più lento e quindi più vulnerabile rispetto al predatore.
In questo caso, una preda che diventa tonicamente immobile, piuttosto che lottare e combattere col Fight, aumenta le sue possibilità di fuga e sopravvivenza se il predatore, temporaneamente, allenta la sua presa sotto il presupposto che la sua preda gli sembri in realtà morta.
L’immobilità tonica è, quindi, adatta quando non si scorgono alcune possibilità di fuga o di vittoria di un Fight in uno scontro, questa risposta di sopravvivenza può essere la migliore spiegazione, ad esempio, del comportamento di persone vittime di violenze o della Sindrome di Stoccolma.
Le 4 fasi del fight/flight
In sintesi possiamo rappresentare le fasi “Freeze, Flight e Fight e Fright” come segue.
Freeze
Freeze (congelamento, iper-vigilanza): ad esempio, mentre si cammina in campagna sentiamo un rumore e scorgiamo un serpente velenoso non distante da noi, questa è la prima reazione e non è altro che la prima risposta alla paura, perché tende a verificarsi quando la minaccia è ad una distanza, e non è ancora consapevole della nostra presenza.
Flight
Flight (fuga): non appena ci si blocca, a causa della risposta del Freeze, ci accorgiamo che il serpente si sta approssimando, così la risposta successiva è quella di spostarci, fuggire dalla minaccia. Il movimento brusco del serpente verso di noi ha rotto la nostra attenta immobilità e ci fa allontanare.
Fight
Fight (combattimento): se non abbiamo via di fugga, e la minaccia diventa onnipresente, la maggior parte di noi prenderà la contromisura di combattere per rimanere vivo. L’overdrive simpatico è ormai scattato, permettendo una violenza cieca e totalmente disinibita.
Fright
Fright (immobilità tonica, iper-vigilanza/quiescenza): quando le reazioni “fuggi o combatti” sono inutili, si viene presi da una spirale di iper-vigilanza/quiescenza; a questo punto la risposta simpatica è in crescente accelerazione, mentre il sistema parasimpatico ora oscilla andando verso un overdrive, causando un’inazione. L’istinto qui è di rimanere immobilizzati, catturati nella presa dello spavento o terrore.
Faint
Infine, se il corpo non riesce a far fronte a tutte queste sollecitazioni del sistema simpatico, avviene Faint o la perdita improvvisa della coscienza.
Le 4 F del Freeze, Flight e Fight e Fright si trovano anche negli animali, ed è molto utile conoscerle soprattutto nel caso dell’addestramento per l’educazione comportamentale dei cani.
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2 Comments
Spiegazioni chiare, grazie!
Grazie a lei di aver letto l’articolo e di averlo commentato
saluti
Marilena