Il riccio della flemma
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12/10/2017Il riccio della brutalità evidenzia aggressività e brutalità.
Si tratta di tratti discendenti, come aste e filetti, che si ispessiscono mentre discendono. Si notano soprattutto nelle lettere che si sviluppano nella parte sottostante il rigo con un’asta dritta, come le P, Q, Y e J, dove la parte che va verso il basso è allungata in modo eccessivo e spesso realizzata anche con maggior pressione, circostanza che conferisce l’ispessimento del tratto.
I segni della brutalità
I segni della brutalità appartengono a soggetti che hanno poco controllo della loro parte istintiva connessa soprattutto agli impulsi aggressivi, di rabbia, di frustrazione. Essendo questi aspetti connessi agli istinti primordiali i segni che riguardano la brutalità prendono forma nella parte bassa e nei tratti che discendono.
Per il simbolismo spaziale la parte bassa rappresenta infatti tutto ciò che è collegato alla parte degli istinti, siano essi negativi, come la brutalità appunto, o positivi.
Come il riccio della sessualità, anche il riccio della brutalità si sviluppa nei tratti che discendono, ma mentre il primo è prevalentemente rotondeggiante e formante delle asole e dei rigonfiamenti, il riccio della brutalità si manifesta nei tratti rigidi e lineari e che consentono una discesa verso il basso con un certo vigore.
Al di sotto del rigo di base si entra nella cosiddetta area dell’Es, delle pulsioni appetitive, primitive, in un moto centripeto. È un tratto di avversività, di rabbia e opposizione, dai connotati “virili”, è il tratto di chi pesta il pugno sul tavolo, consiste infatti in una profusione di energia, un esercizio di forza, un’azione auto affermativa, di ribellione e di sfida contro qualcosa che non si accetta o per ottenere qualcosa a tutti i costi.
Le reazioni emotive, indipendentemente dai giudizi della coscienza, vanno nella direzione della meta da raggiungere, senza porsi alcun limite di coscienza, di colpa o di sorta, e il fallimento dell’impresa viene rifiutato a priori.
Non può esistere il fallimento perché tali personaggi persisteranno sino a quando non hanno raggiunto il loro scopo, che il più delle volte e voler far del male, consciamente od inconsciamente, a qualcuno.
Il soggetto ha la tendenza ad imporsi per la conquista di cose o persone, a superare ogni ostacolo pur di realizzare le proprie aspirazioni, e può reagire con la violenza per ottenere con la forza ciò di cui ha bisogno.
Tende a formulare risposte inadeguate a fattori ed eventi stressanti per eccesso di reazione, manifesta scariche di collera sproporzionate rispetto alla causa scatenante, può avere reazioni incontrollate e irrazionali con obnubilamento almeno parziale del senso di responsabilità (si riscontra anche uno stretto Spazio Tra Parole).
Si è soliti distinguere una violenza fisica portata sul corpo dell’altro con intenzione distruttiva, da una violenza morale che va dal controllo al condizionamento, dall’influenza all’imposizione di credenze o valori.
Dal punto di vista psicologico la violenza è considerata come una figura dell’aggressività che si registra come reazione a vere o presunte ingiustizie subite, ma anche come tentativo di realizzare la propria personalità, o come incapacità di passare dal principio del piacere al principio di realtà, con conseguente intolleranza della frustrazione a seconda che il soggetto abbia come finalità quello di fare del male fine a se stesso oppure per sublimare altre motivazioni che possono giustificare il gesto, pur non cambiando nulla sulla sua effettiva natura brutale e cattiva.
É enfatizzazione delle manifestazioni narcisistiche, di passionalità, ammirazione per il potere e la durezza di carattere, tendenze distruttive e ciniche, pretesa di consenso, espressioni di comando che incutono timore.
Spesso l’incutere timore e mettere soggezione è il metodo utilizzato da tali persone per far vivere male coloro che gli stanno intorno, egli si ciba della loro sofferenza, della loro ansia e disagio, sicuramente facente parte di un processo compensativo per le frustrazioni subite nell’infanzia o in gioventù.
Esempi di scritture
Riporto di seguito alcune scritture di personaggi famosi, noti per le loro qualità artistiche ma anche per il loro carattere duro ed aggressivo, spesso manifestata con degli scatti d’ira repentini ed immotivati, comunque espressi con cattiveria verso la vittima di turno, con brutalità appunto.
Le aste che denotano il riccio della brutalità e che sprofondano sotto il rigo sono evidenziate da dei cerchietti.
La scrittura di Charlie Chaplin.
La scrittura di Ernest Hemingway.
I ricci della brutalità morbosa
Esistono anche i ricci della brutalità morbosa i cui tratti premuti ed ispessiti, con una pressione forte e vistosa, scendono verticalmente verso il basso al di sotto del rigo di base, come gli altri ricci, ma terminando in maniera diversa.
Se il riccio della brutalità “normale” termina con una certa pressione ed ingrossatura del tratto, la parte finale del tratto sarà sicuramente grossa, o della medesima proporzione o addirittura più ingrossata nella parte finale e terminale.
Il segno che contraddistingue i ricci della brutalità morbosa invece è l’assottigliamento del tratto che ad un certo punto alleggerisce la pressione sino a far scomparire il tratto, in pratica è come se finissero con una punta, come uno stiletto od un punteruolo.
Un personaggio la cui scrittura evidenziava tali tipi di ricci, dimostrata anche dalla morbosità delle sua azioni sadiche e cruente, è sicuramente la scrittura di Peter Kürten, noto come il vampiro di Düsseldorf, di cui riporto l’immagine di un suo scritto.
Come si può notare, a differenza delle aste grosse ed ingrossate delle scrittura di Chaplin ed Hemingway, valutata la dimensione del calibro molto piccolo della scrittura, le lettere che discendono verso il basso sono piuttosto evidenti e sproporzionate rispetto al resto della scrittura, ma il tratto finale non si ingrossa anzi si assottiglia sino a scomparire del tutto.
Ma un’altra scrittura mette meglio in evidenza mette in evidenza questo segno: una scrittura che ho personalmente acquisito durante uno studio eseguito nel carcere di Opera, Milano (che poi ha dato origine al mio manuale sui “Segni della devianza” che trovate tra le mie pubblicazioni); ed è quella di un detenuto in carcere per rapina:
Come si può notare tutte le lettere cerchiate in rosso hanno un tratto discendente che termina “a punta”, il caratteristico segno del riccio della brutalità morbosa.
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