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25/05/2017La violenza psicologica non fa meno danno ed è subdola.
Quando parliamo di violenza all’interno delle relazioni il pensiero automaticamente si rivolge verso forme di aggressione fisica o sessuale.
Eppure, la violenza può presentarsi in molte forme, alcune delle quali non visibili. Basti pensare alle offese, le critiche, le accuse, la mancanza di rispetto, la svalutazione, la menzogna, i ricatti, il controllo della libertà personale.
Sono queste alcune delle forme con cui si manifesta la violenza psicologica.
La forma della violenza
Per violenza psicologica s’intende una forma subdola di maltrattamento che ha come elemento comune un meccanismo di sopraffazione che nel tempo mina il valore personale, il senso di identità, la dignità e l’autostima di un’altra persona.
La violenza psicologica è qualcosa di reale: un vero e proprio abuso emotivo.
Ci sono persone che vivono la profonda sofferenza di ciò che possono significare certe parole dette da un partner, da un datore di lavoro, da un genitore o chi per loro. Eppure, nell’immaginario collettivo c’è l’idea che la violenza psicologica sia qualcosa di più ammissibile, o comunque una violenza di gravità inferiore.
È vero che chi esercita violenza psicologica non è solito colpire o arrivare ad altre forme di danno fisico. Può anche usare queste forme, ma non necessariamente.
La violenza psicologica utilizza perlopiù le parole come arma. Essendo le parole non un’arma in senso stretto, le persone che esercitano violenza psicologica ritengono o di non fare violenza o comunque di utilizzare una forma di violenza molto diversa da quella fisica.
Se la violenza fisica è oggettiva al punto da lasciare spesso danni visibili sul corpo, la violenza psicologica entra nell’area della soggettività. Questo può rappresentare un terreno fertile per il non riconoscimento e la non validazione di quanto un modello relazionale generi angoscia e sofferenza nelle vittime.
Come riconoscerla
La violenza psicologica non ha un aspetto specificatamente definito: i comportamenti, oltre a essere disparati, possono variare in intensità, in frequenza, risultare più manifesti o più celati.
Una cosa è certa: non è un singolo episodio. Si presenta infatti nel tempo come un modello di comportamento ricorsivo e la caratteristica di ripetitività giustifica l’impatto psicologico sulla vittima. Questa si sente sempre più imbrigliata nella rete dell’abusante.
Proviamo di seguito a fornire un elenco di comportamenti psicologicamente violenti al fine di identificare le varie forme con cui è agita la violenza psicologica:
Umiliazione e critica
- svalutazione continua del lavoro, degli studi, degli interessi, dei risultati conseguiti come se non significassero niente o fossero considerati qualcosa di non rilevante;
- da commenti negativi sull’abbigliamento si passa a insulti veri e propri alla persona ricorrendo a un linguaggio volto a sminuire l’altro e a farlo sentire piccolo e insignificante;
- tentativi costanti di agire in modo superiore e migliore dell’altro anche ricorrendo a sarcasmo e a messe in ridicolo in situazioni sociali.
Mantenere il controllo
- controllo degli spostamenti e pretesa di una risposta immediata a chiamate o messaggi;
- di internet, social network, e-mail, messaggi e chiamate per monitorare le interazioni sociali;
- tendenza a impartire ordini e lezioni su ciò che è giusto fare in diversi ambiti, per esempio dal vestire al mangiare, scegliendo gli abiti da indossare quando esce o dicendo di non mangiare qualcosa perché non salutare;
- imprevedibilità del comportamento: a esplosioni di rabbia si alternano momenti di grande affettività e gentilezza che lasciano confusa e disorientata la vittima;
- gelosia patologica: tendenza a esercitare un dominio e un possesso nei confronti dell’altro.
Accuse e negazione
- tendenza ad attribuire alla vittima la causa della loro rabbia e del loro comportamento;
- destabilizzazione della vittima attraverso la negazione di fatti realmente accaduti (gaslighting): si spinge la vittima a dubitare di se stessa mediante una strategia comunicativa volta a farle credere di essere pazza;
- negazione dell’abuso: ogni volta che la vittima prova a lamentarsi del loro trattamento e dei loro attacchi, negheranno o comunque accuseranno lei di aver reagito in modo eccessivo, accusandola di prendere tutto troppo sul serio o di non avere alcun senso dell’umorismo.
Trascuratezza e isolamento
- tattica del silenzio: tendenza a interrompere la comunicazione ignorando i tentativi di dialogo;
- indifferenza nei confronti della sofferenza e del bisogno di aiuto perché giudicato come eccessivo;
- tendenza a isolare la vittima attraverso un discredito di tutte le persone vicine (familiari o amici), o mettendole contro facendo appello a una sua instabilità psicologica.
Quali sono le conseguenze
Ci si sente come fisicamente colpiti ogni volta che l’altro usa parole contro di noi. Capita spesso che l’altro agisca la propria rabbia annientando la vittima con la sola forza delle parole.
Parla e questo è sufficiente a lasciare irrompere il suo potere, lasciando la vittima in silenzio, inondata dalla paura. Indifesa e silenziosa, la vittima si trova ad ascoltare l’altro finendo per ricondurre ogni dettaglio di ciò che dice a quanto ci sia di sbagliato in quello che è, come persona.
Si sente impotente riconoscendo di non avere nessuna arma necessaria a fronteggiare quella battaglia. Non resta che aspettare che finisca quanto prima.
Eppure, colui che esercita violenza psicologica sembra non mostrare segni di fine perpetrando in un modello relazionale senza sosta. L’abusante, infatti, continua aggressivamente a gridare veleno mentre la vittima resta paralizzata, testimone di quelle accuse costanti e degli errori commessi.
Non resta che chinare la testa anche se questo sembra rafforzare la vulnerabilità e il senso di inferiorità della vittima. Ancora una volta, l’ennesima, la vittima memorizza ogni dettaglio del modo in cui l’altro esprime quelle parole e ogni volta che sopravvive a questa esperienza muore un po’ dentro.
Ci si sente impotenti, senza via d’uscita, calpestati nella propria identità, dignità e valore personale. Di qui le emozioni di ansia, colpa e vergogna che possono evolvere fino a patologie quali disturbo depressivo maggiore, disturbi del sonno, e disturbo da stress post-traumatico.
Violenza e autostima
Una delle principali conseguenze della violenza psicologica concerne l’impatto negativo sull’autostima e sul senso di sé.
La vittima tende a sentirsi in colpa, come se stesse facendo costantemente qualcosa di sbagliato o, peggio ancora, come se ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato in lei per ricevere un trattamento simile.
Prova vergogna, si sente in difetto, come se fosse qualcosa che le spetta. Questo rende difficile parlarne e chiedere aiuto. Spesso le parole dell’abusante risuonano dentro le vittime come qualcosa di conosciuto, familiare. Come espressione di ciò che è stato appreso nella loro storia di vita.
Ecco che l’incontro con qualcuno che abusa emotivamente di loro rappresenterà la conferma che è tutto ciò che meritano.
La crescente insicurezza dovuta alle violenze subite e alla erosione costante dell’autostima rende difficile mettere in discussione la relazione. Innesca così una spirale che rende la vittima sempre più dipendente dall’abusante.
Di qui la tendenza a sminuire il comportamento psicologicamente violento e a modificare il comportamento della vittima al fine di evitare certe conseguenze alimentando di fatto l’abuso emotivo che sarà sempre più parte integrante della relazione.
Reagire alla violenza psicologica
Perché lasciare che gli effetti di attacchi simili facciano parte della propria vita? Quanto tempo continuare a sopportare? Per quanto tempo continuare a permettere di riempire la propria autostima di offese, critiche, umiliazioni?
Queste sono alcune delle domande che si pongono le persone vittime di violenza psicologica. Le persone attorno a loro tendono invano ad ammonirle finendo anche loro per farle sentire sbagliate nel non riuscire a prendere le distanze da queste persone. Come se le vittime scegliessero intenzionalmente di legarsi a persone che vogliono distruggerle.
L’abuso emotivo, come qualsiasi altra forma di violenza, prospera nell’oscurità quando nessuno lo capisce, ne parla o lo riconosce.
Per uscire da queste difficili situazioni relazionali la parte più complicata è riconoscere che ciò che si sta vivendo è qualcosa di tossico per liberarsi dal quale è necessario chiedere aiuto.
Reagire alla violenza psicologica non è facile, soprattutto quando sono coinvolte tante emozioni profonde. Ma è un passo necessario per ritrovare la serenità e la felicità e uscire da una trappola psicologica travestita da amore.
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10 Comments
E perché viene fatto tutto questo male ho un marito che me lo fa e incomincio ad aver paurs
No perda tempo cara Patrizia e non permetta più a suo marito di usarle violenza.
Mi contatti privatamente se vuole il mio aiuto, così potremo parlare liberamente rispettando la sua privacy.
Marilena
Ho scritto.um libro che racconta tutte queste realtà. Infinite vessazioni che porteranno finalmente alla ribellione. È una specie di riscatto delle donne e mi piacerebbe che qualcuno lo leggesse ma se non sei qualcuno non ti legge nessuno.
Ha già publicato il suo libro Cristina? altrimenti potrebbe farlo coi tanti siti che le danno la possibilità di fare l’auto-pubblicazione e di venderlo su tutti gli store del mondo, non solo italiani, in rete ce ne sono parecchi stranieri ed italiani, a lei la scelta.
Certo il lavoro di farne buona pubblicità e creare marketing per venderlo è un lavoro tutto sulle sue spalle ma si può fare, se vuole la posso aiutare in questi primi passi in modo da diventre una perdetta editrice e venditrice del suo libro, e vedrà che i risultati arriveranno.
Marilena
Pure io vivo un storie simile , ma cosa poso fare orimai o un figlio si 4 mesi e non mi permeto fare nientw
Si può sempre fare qualcosa, si deve reagire, la cosa sbagliata è non far nulla.
Se vuole parlarmene in privato via mail posso offrirle il mio aiuto.
mi contatti all’indirizzo info@marilenacremaschini.it così potrò comprendre meglio la sua situazione.
Marilena
La mia storia é ben diversa, lo sposato sperando che cambiasse invece no! Di più di ventitreanni vivo una storia assurda … ci sposiamo é inizia il mio incubo di alti e bassi… prima usa le mani poi violenza vera é propria psicologica … aspetto mia figlia nel 2014 tra lo stress lavorativo e quello suo di violenze sempre psicologiche …. continuiamo nasce mia figlia, lui si calma…. mia figlia si sveglia la notte, lui viene disturbato e la inizia a strattonare come fa tutt’ora che ha quasi quattro anni …. fino a poco fa mi ha fatto una scena che eravamo fuori a passeggio con la bimba, la bimba correva e l’abbiamo rimproverata lui é stato molto brutale urlando davanti a nn só quante persone c’erano e bestemmiava a più nn posso… io lo richiamato dicendogli che stava sbagliando e mi ha detto stai zitta che c’è ne anche per te!!! Nn so cosa fare? Sono da un anno disoccupata e nn onostante cerco lavoro per mantenere mia figlia é mandare a fanculo lui direttamente….ma al momento nn ho trovato nulla!!! Continua sempre ha dirmi che la colpa é mia anche per quanto riguarda la gestione famigliare dei soldi… comunque da oggi in poi nn uscirò più con lui e nn voglio avere più a che fare! Vi prego di aiutarmi
Mi dispiace Stefania per la tua situazione, l’unico consiglio che ti posso dare è quello di fare un percorso con me, per avere tutti i consigli utili per uscire da questa situazione e per riprenderti la tua vita, contattami via mail e ti fornirò tutti i dettagli con diverse possibilità di preventivo, in modo tale da venirti incontro il più possibile.
Aspetto una tua mail
Marilena
Queste donne vanno aiutate gratuitamente. In più ha spigato di non avere un lavoro
Se pensa che la violenza sia tipica ed esclusiva delle famiglie povere si sbaglia di grosso, vuol dire che non conosce il problema e manco ci è mai andato vicino (e sono pure convinta che se anche è venuto a conoscenza di qualche episodio non ha mai fatto nulla per salvare qualcuno, tipico delle persone come lei che accusano, giudicano e non fanno nulla se non puntare il dito verso gi altri) anzi è più facile trovarla nelle famiglie facoltose a cui non manca assolutamente nulla, e non credo che lei sia sia la persona adatta per giudicare l’obbligatorietà del lavoro gratuito degli altri: lei forse lavora gratuitamente? e che lavoro fa? quando tempo dedica alla settimana ad aiutare agli altri? chiunque essi siano?
Scommetto che già solo per non rispondere questo “opinionista dell’ultima ora” non si farà più risentire…
Peccato che ci siano sempre troppe persone disposte a parlare a sproposito e poche a darsi da fare realmente con delle azioni ed opere concrete per aiutare chi ha veramente bisogno.
Abbiate pazienza…
Marilena